Mezzogiorno di fuoco

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Il giorno era finalmente arrivato.
John, una volta alzato, si vestì rapidamente, ma senza l'agitazione che aveva caratterizzato i giorni precedenti: ormai era oltre il nervosismo; o il piano di Sherlock avrebbe funzionato, o sarebbero morti. Non c'era una via di mezzo.
-Sherlock, sei pronto?-chiamò, poi: ma non ottenne risposta.
Girando per le stanze vuote della piccola abitazione, capì che l'amico era uscito anche stavolta, e che non aveva dormito a casa. Avvertí, però, uno strano presentimento: come uno strano brivido di freddo lungo tutta la schiena.
Colto da un'improvvisa intuizione, tirò fuori la foto della lapide: era comparso un nome. Di nuovo.
Sherlock Holmes.
Il brivido avvertito poco prima si intensificò. Non sapeva cosa fosse successo, stavolta, per aver di nuovo cambiato quella maledetta foto. L'unica cosa certa era che doveva trovare Sherlock.
Immediatamente.

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Stavolta non lo trovò in un caffè, bensì, con stupore, al bancone dell'Old Palace Pub; dagli occhi arrossati persi nel vuoto e dalla bottiglia di Gin che teneva stretta tra le dita, John capì subito che il suo amico aveva passato la notte non solo a piangere (e questo già lo sconvolse) ma probabilmente anche a sbronzarsi, e questo lo sconvolse ancora di più: mai aveva visto Sherlock bere. Mai.
Era stato un drogato, questo sì, ma paradossalmente non l'aveva mai visto toccare neppure una goccia d'alcool.
-Sherlock, cosa stai facendo?!! Ti sembra questo il momento di ubriacarti?!!?-esclamò, non appena l'ebbe raggiunto.
Lui non rispose, versandosi altro Gin in un bicchiere che aveva di fronte: si voltò poi a guardarlo con occhi vuoti.
-L'ho persa, John... Non c'è più posto per me, qui...-mormorò, con voce decisamente rotta.

Il biondo rimase attonito per qualche istante: non aveva mai visto Sherlock ridotto a quel modo, preda delle emozioni al punto da non riuscire a nasconderle dietro la sua maschera di indifferenza. A dire il vero, solo in due altre occasioni era accaduto: quando l'aveva visto tremare di paura dopo il caso del mastino di Baskerville e, prima ancora, dopo la morte di Irene Adler.
Vedere l'amico con gli occhi lucidi di lacrime, lo sguardo perso nel vuoto, era quasi la somma di quei due avvenimenti. Aveva il cuore spezzato, era evidente. Ma pur profondamente dispiaciuto di fronte al suo dolore, sapeva che era suo dovere impedirgli di crollare.
Ne andava della vita di entrambi.
-È per questo che dobbiamo andare!!-lo esortò, dunque, spostando la bottiglia fuori dalla sua portata.
-... Dove?-fece Sherlock, confuso.
Il medico soffocò un gemito.
Andiamo bene...
-Nel futuro, no?!?-gli sussurrò, sull'orlo, suo malgrado, di una crisi di nervi, ma stringendogli la spalla, sia come gesto di conforto che come gesto d'intesa.
Sherlock, a quelle parole e a quel gesto, parve in effetti riacquistare in barlume di lucidità: si alzò infatti dalla sedia e levò un bicchiere, come per un brindisi, rivolgendosi alla gente nel pub.
-Signori, ora io e il mio amico ce ne andiamo!-proclamò a voce alta, e John soffocò l'ennesimo gemito.
Non c'è dubbio...
È completamente andato...
-Alla tua, Holmes!-Uno dei giocatori di poker levò il bicchiere verso di lui.
-Alla mia!-replicò il detective con una smorfia amara, portandosi il bicchiere alla labbra.
Il barista sollevò una mano verso di lui, sul volto un'espressione costernata.
-No, signor Holmes, non lo fac...!!
Ma era troppo tardi.
Sherlock trangugiò il liquore tutto d'un fiato, rimase ritto per qualche istante e poi, con sommo orrore di John, svenne di botto, crollando sul pavimento del pub, il bicchiere ancora stretto in mano.

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-Sherlock?! Sherlock?!?-John lo scosse ripetutamente, ma senza ottenere alcun risultato.-Ma si può sapere quanto ha bevuto?!?
-Circa un bicchiere...-rispose però il barista, dispiaciuto, con grande stupore del medico.-Ma non regge molto l'alcool. Era già successo qualche mese fa, sempre al secondo bicchiere. Ho cercato di fermarlo!
John trattenne a stento una risata isterica; continuò a scuoterlo, ma niente. Sherlock non si svegliava.
-Stia tranquillo, si riprende molto rapidamente- lo rassicurò il barista, con un mezzo sorriso.-Tra dieci minuti dovrebbe risvegliarsi completamente sobrio.
Il medico guardò l'ora. Erano le otto meno un quarto.
-Dieci minuti!!?? Perché ci riduciamo sempre all'ultimo momento?!?!-bofonchiò, affranto.
Nei successivi cinque, cercò di far mandar giù all'amico del caffè forte, ma la bevanda non sortì alcun effetto. A malapena il biondo riuscì a fargli mandar giù qualche sorso.
Ma, come al solito, le disgrazie non vengono mai sole: proprio in quel momento, si udì una voce sgradita provenire fuori dal locale.
-Eastwood, so che sei lì dentro! Tic Tac... Tic Tac... Sono le otto, e io ti sto chiamando!-sbraitò James Moriarty.

Back Sherlock-Parte 3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora