Colpo di fulmine

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Senza perdere un solo istante, i due saltarono velocemente in groppa ai cavalli-grazie a Dio non erano venuti a piedi fin lì-e si lanciarono in un galoppo sfrenato.
Forse è più giusto dire che Sherlock si lanciò al galoppo, perché John, non essendo andato spesso a cavallo, faticava a condurlo. L'amico, al contrario, sembrava essere nato per quello. L'aveva infatti già distanziato di parecchi metri.
Il biondo non poté far altro che cercare di stargli dietro.


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Avanti, bello, vai!
Sherlock, le mani strette sulle redini, spronò il più possibile il cavallo, ma non era facile: il carro della donna rimaneva sempre un pelo fuori dalla sua portata. Vide quest'ultima tentare di afferrare le redini che la erano scivolate; poi, ancora, dare numerosi strattoni, nel tentativo di fargli cambiare direzione. Non stava nemmeno urlando inutilmente, come si sarebbe aspettato.
Ha coraggio, lo devo ammettere...
Il burrone era sempre più vicino: nè lui nè la ragazza avrebbero fatto in tempo a fermare i cavalli prima che ci arrivasse. Rimaneva solo una cosa, da fare.
Spronò dunque nuovamente il destriero, finché non le arrivò il più vicino possibile.
-Salti!-le urlò poi, tendendole la mano.
La donna, seppur spaventata, ubbidì immediatamente, abbandonando le redini e afferrandola: Sherlock la tirò subito a sè e le strinse la vita con l'altro braccio, deponendola poi sulla sua sella, davanti a lui. Giusto in tempo, perché proprio in quell'istante il carretto si staccò dai cavalli, rovesciando tutti i bagagli sul selciato, per poi precipitare rovinosamente nel burrone, andando in pezzi con un potente frastuono.

Sherlock fermò il cavallo, e si concesse un minuscolo sospiro di sollievo.
-Bel lavoro, amico-bisbigliò sottovoce all'animale, che ansimava pesantemente per il galoppo appena affrontato, gratificandolo con una carezza sul muso.
La donna, intanto, stava cercando di riprendersi dallo spavento, una mano premuta sul cuore, il lungo vestito rosa antico spiegazzato, il respiro affannoso, il volto nascosto dal cappellino che le era involontariamente scivolato.
-La ringrazio molto, signore. Lei mi ha salvato...-disse, con voce ancora affannata, sollevandolo: ma quando vide il volto del corvino, ammutolì di colpo.
-... La vita-completò, continuando però a fissarlo.
Sherlock, dal canto suo, stava per alzare gli occhi al cielo, dopo quelle parole di gratitudine: era persino pronto a fare uno dei suoi soliti commenti sarcastici; ne aveva parecchi sulla punta della lingua.
Ma, chissà perché, non appena vide il volto della donna, se ne dimenticò completamente, rimanendo come pietrificato.

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Innamorarsi al primo sguardo...
Sciocchezze romantiche...
Nessuna spiegazione scientifica...
I sentimenti sono solo un difetto chimico...

Poi, all'improvviso, la sua coscienza ripetè le parole di John.
Incontri la ragazza giusta, e vieni colpito come da un fulmine...
Per me è stato così...
Io e Mary non riuscivamo a staccarci gli occhi di dosso...
Per quanto assurdo possa sembrare, Sherlock stava provando esattamente questo: per quanto ci tentasse, non riusciva a distogliere lo sguardo da quegli occhi nocciola scuro; i capelli, del medesimo colore, erano raccolti, e celati sotto il cappellino, ormai di sbieco, il naso era lievemente all'insù, e il suo sguardo dolce, timido. Quasi più da ragazzina, che da donna adulta. Ma scorse anche qualcos'altro, in lei: quello sguardo non emanava solo dolcezza, ma anche una strana fermezza. Non riusciva esattamente a inquadrarla.
E questo non gli era mai capitato, nella sua vita: lui era sempre stato capace di inquadrare chiunque.
Be'... a parte una certa Irene Adler...
Ma non era quello il caso: la donna di fronte a lui aveva sicuramente un dettaglio-nei vestiti, nei gioielli che portava, nella pettinatura-che di certo potevano fargli dedurre qualcosa.
Al contrario, in quel momento, non riusciva a dedurre proprio niente: riusciva solo a rimanere lì, a fissarla, incantato.
Alla fine, capì che avrebbe dovuto dire qualcosa: ma anche aprir bocca si rivelò un'impresa non da poco, in quel particolare momento.
-Sherlock Holmes. Al suo servizio-aggiunse, con un'incredibile formula di cortesia, che aveva pronunciato d'istinto, adeguandosi all'epoca.-Qual è il suo nome, se posso chiederlo?
-Uhm... Molly. Molly Hooper-rispose lei, timidamente, le gote arrossate, senza però mai distogliere lo sguardo dal suo.
Sherlock sentì un'esclamazione strozzata provenire da dietro, emessa chiaramente da John; che in quel momento stava fissando la famigerata fotografia della lapide, con gli occhi sbarrati.
Anche il detective aveva trattenuto il respiro, sentendo quel nome: quindi quella donna era colei che aveva eretto la lapide per lui... Come era possibile?? Perché mai avrebbe dovuto farlo?? Forse per gratitudine, perché le aveva salvato la vita? O per... qualcosa di più?
Una cosa era certa: quella donna lo catturava in un modo, per lui, ancora sconosciuto.
-È un piacere...-replicò alla fine, stupendosi lui stesso di aver pronunciato quelle parole, ma ricevendo un bel sorriso in risposta. Un sorriso che fu capace di scaldargli il cuore come mai prima.

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Mentre la accompagnavano verso casa, la giovane donna spiegò che era giunta da poco in città, per assumere il ruolo di insegnante.
John la ascoltava educatamente, lanciando però, di tanto in tanto, qualche occhiata a Sherlock, un po' preoccupato: non l'aveva mai visto in quello stato, tranne quando si era imbattuto nella Donna. La solita maschera di freddezza che sempre lo accompagnava sembrava essersi sgretolata di colpo: pareva pendere dalle labbra di Molly, e non smetteva di fissarla. Anche per quest'ultima era lo stesso, era evidente.
Non l'aveva mai visto comportarsi in modo così... umano. Avrebbe potuto  giurare di averlo visto arrossire, a un certo punto!
Si accorse che il detective aveva addirittura portato i bagagli di Molly vicino alla porta, dopo che lei aveva gentilmente declinato l'offerta a portarli dentro. Se non l'avesse conosciuto bene, avrebbe potuto persino azzardare l'ipotesi che il suo amico si fosse innamorato...
Lei, dopo averli calorosamente ringraziati entrambi, si rivolse a Sherlock con un dolce sorriso.
-Sa... sono quasi felice che quel serpente abbia spaventato i cavalli, altrimenti non ci saremmo conosciuti.
Sarà stato il destino....
John si aspettava dall'amico una risposta sarcastica e sprezzante- il destino non esiste, sciocchezze da romantici e roba simile...-che però non arrivò. Sherlock, infatti, rimase stranamente in silenzio. Altro fatto che avrebbe dovuto tramandare alle future generazioni...
-Magari, ci rincontreremo...-aggiunse Molly, esitante.
Sherlock, a quel punto, si decise finalmente ad aprir bocca.
-Se le potrà servire aiuto coi cavalli, ho una bottega da fabbro in città, e occasionalmente mi occupo di scienza e di casi irrisolti.
-... Scienza? Di che tipo?? Forse astronomia??-domandò immediatamente la donna, curiosa.
John strinse le labbra per impedirsi di ridere.
Dio, ti prego, fa' che parlino del sistema solare...
- Sono un cultore di molte scienze...-fu però la diplomatica risposta del riccio, mentre il medico tratteneva nuovamente le risate.
Alla fine l'amico si decise a tornare in sella e salutò la donna, che rimase sulla soglia di casa a guardarli-o, per meglio dire, a guardare Sherlock - finché non si furono allontanati.

~~~~~

-Allora, Sherlock, come ti sembra?
Lui lo fissò interdetto.
-... Come mi sembra cosa?
-Essere innamorato-precisò il medico, con un leggero sorriso furbo.- Come ti fa sentire?
Lui, subito, assunse un'espressione indignata.
-Non essere assurdo! Le ho solo salvato la vita, tutto qui. Mica potevo lasciarla cadere nel burrone, no?-replicò, cercando di sembrare distaccato.
John scosse la testa, il sorriso ancora sulle labbra: persino di fronte all'evidenza l'amico si rifiutava di ammetterlo.
-Come si chiamava quel burrone, poi?-riflettè all'improvviso Sherlock, meditabondo.-Aveva uno strano nome, "Hoo" qualcosa...
Si bloccò all'improvviso, come se fosse andato a sbattere contro una parete.
-Hooper... il burrone si chiamava... Hooper.
Il biondo spalancò la bocca, incredulo.
-Ecco perchè non si riusciva a leggere il nome... stava cambiando!! Se non l'avessimo salvata...
-Se io, non l'avessi salvata-lo corresse l'altro, in tono amaro. -Sono io, il responsabile. E ora potrei aver seriamente modificato la storia...
-Be'... il peggio che potrebbe accadere è che il burrone non porterà il suo nome...-gli ricordò il medico, con un sorriso rassicurante.-Ora concentriamoci solo sul tornare a casa.
-Hai ragione... quella maledetta macchina non ha fatto altro che causare disastri!-replicò il corvino, in tono cupo e rabbioso. Ma sembrava eccessivamente irritato con se stesso, e forse non solo perché aveva inavvertitamente modificato il corso della storia.
Il viaggio di ritorno, infatti, proseguì in un profondo silenzio: John però sentiva che qualcosa, nel suo migliore amico, stava cambiando.
O, forse, era già cambiato...

Back Sherlock-Parte 3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora