Prologo

170 16 0
                                    

Tante volte la ragazza dai capelli corvini e la pelle più bianca del latte aveva sognato di avere una vita normale, come quella delle sue coetanee diciannovenni. Tutti avevano un lavoro, una famiglia, uscivano con gli amici ma lei no.
Lei da quando aveva quindici anni la sua vita era totalmente cambiata e la situazione gli era totalmente sfuggita di mano, non che prima di quell'età ribelle fosse stata una normale bambina, anzi, tutt'altro.

Si metteva seduta sullo stipite della finestra, guardava la città sotto di lei prendere vita e sospirava stando ferma per tutto il giorno così con addosso la sua camicia bianca, i piedi scalzi, i capelli che gli cadevano sul viso stanco.
Prendeva vita solo di notte, quando nessuno poteva incontrarla per poi rivederla il giorno dopo e il giorno dopo ancora. Si nascondeva al mondo.

Ogni tanto si alzava e si muoveva dentro alla casa vuota, priva di colori, immagini e fiori. L'unica cosa che ospitava quell'appartamento in periferia, erano dei grossi mobili di legno coperti da lenzuoli bianchi e un letto dove raramente ci dormiva. Passava le piccole e fredde dita sulle tende scure, sul muro, sul telo bianco fino ad arrivare a quella che doveva essere la cucina, apriva il cassetto e restava a guardare i coltelli, di tutti i tipi al suo interno.
I piedi scalzi ogni tanto le facevano male ma ormai non sentiva più nulla, la sua pelle era diventata forte ma lei era più debole che mai. La sua camicia si distingueva dalla sua pelle solo per le macchie di sangue che c'erano sulla sua superficie. Il suo corpo invece era piccolo dentro a quell'indumento enorme e se solo non fosse una grande mangiona sicuramente sarebbe stato magra come uno stuzzicadenti; ma le occhiaie non le mancavano mai, erano scure sotto ai suoi occhi grandi e di un colore nocciola che ormai si era spento da anni con la speranza di riaccendersi, ma lei sapeva che non sarebbe successo.
Le sue labbra rosee e screpolate non si aprivano in un sorriso, anche se finto, da quando non aveva quattro anni ed era un peccato non rivelare la fossetta e la sua dentatura perfettamente bianca, intonata con la pelle. La sua voce, forse, non si ricordava neanche com'era fatta se non fosse per quegli urli che le sue corde vocali facevano uscire non appena provava a chiudere occhio; continuava ad avere la stessa immagine, come se fosse tatuata lì e nessuno poteva toglierla.
Era sempre sola. Davanti a tutto, sempre sola.

Di notte si trasformava completamente, lei effettivamente un lavoro lo aveva: era costretta a vendere il suo corpo, anche se non perfetto ma questo non contava.
Doveva guadagnarsi da vivere in qualche modo e quello era l'unica cosa che poteva fare.

La sua vita era così ma lei ormai non aveva più la forza di piangere, disperarsi, cercare aiuto e cercare di vivere in modo migliore ...

Si meritava tutto questo.

Psychopathic|| BTSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora