18. Alexis ☼ Desiderio proibito

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Un piano dopo l'altro, attraversiamo un'infinita serie di stanze e corridoi, che si snodano come serpenti, collegando una sezione all'altra dell'ateneo. L'università di San Bartolo è enorme e io sono qui da poco più di un mese, ma sono abituato a muovermi in labirinti peggiori di questo e non perdo mai l'orientamento. Lavinia è dietro di me: non mi sono voltato nemmeno una volta, ma odo distintamente i suoi passi e percepisco la sua aura, un groviglio inestricabile di sentimenti ed emozioni che la rendono unica e che ormai sarei capace di distinguere tra mille altre anche a occhi chiusi. 

Camminare non è servito a placare la rabbia che mi divora. Sono in collera con me stesso, perché da giorni mi comporto in modo stupido e insensato, e perché so - nonostante abbia tentato di negarlo in ogni modo - che la ragione della follia che si è impossessata di me all'improvviso è qui, e mi segue a un passo di distanza.

Mi è bastato sentire la sua presenza in quell'aula universitaria, stamane, perché i miei piedi si muovessero da soli, conducendomi fin quasi sulla soglia. Purtroppo però a quel punto sono stato intercettato dalla mia collega Tiziana Ilardi. Quella donna ha un debole per me e non ne fa mistero, anzi, è stata fin troppo esplicita nel dichiarare che accetterebbe con entusiasmo un invito nel mio letto, e quando ha creduto che fossi lì per lei non ha esitato un attimo a saltarmi addosso. Non potevo respingerla senza una spiegazione, perciò ho ricambiato il bacio, anche se in quel momento avevo in testa solo Lavinia, la sua pelle di seta e il suo profumo delicato di rosa e gelsomino. 

Sapere che ci stava guardando, che quel bacio era per lei un tormento, ha incrinato qualcosa dentro di me, un organo che credevo di aver perduto molto tempo fa. E quando ho lasciato l'aula, l'ho fatto senza nemmeno avere il coraggio di guardarla.

Per non parlare di ciò che è accaduto dopo: non appena si è sparsa la voce che una matricola era rimasta gravemente ferita in sala mensa e ho realizzato che lei era lì, mi sono precipitato in quel luogo come se ne andasse della mia stessa vita. E quando sono stato convocato nell'ufficio della preside, ero agitato a tal punto che non ho riconosciuto subito la sua presenza. Il sollievo nel vederla viva e incolume mi ha travolto.

Quella ragazza sembra che non riesca a fare a meno di cacciarsi nei guai. Per ora sono riuscito a evitarle l'espulsione, manipolando i pensieri della Preside Moccia per fare in modo che credesse ciecamente alla mia versione, ma la partita non è ancora chiusa. La studentessa che Lavinia ha ferito potrebbe sporgere denuncia, nel qual caso le persone coinvolte diverrebbero troppe perché possa occuparmene. Forse potrei farle visita mentre è ancora in ospedale e convincerla a non dire nulla... 

Qualcuno si schiarisce la voce alle mie spalle. Sussulto nel rendermi conto che mi sono fermato sulla soglia del laboratorio, con una mano sulla maniglia. Lavinia mi osserva con i grandi occhi socchiusi, che la luce artificiale fa sembrare più scuri. Spalanco la porta, invitandola a entrare, ma lei esita. Il ricordo di ciò che è accaduto in questa stanza è ben impresso nella mia memoria e so che anche lei ci sta pensando. I nostri sguardi si incrociano e restano incatenati, finché, sfoggiando un'espressione risoluta, Lavinia varca la soglia, andando a piazzarsi davanti alla scrivania a braccia conserte.

«Allora? Per quale motivo hai voluto che venissi con te?»

Sorrido e mi volto affinché non se ne accorga. La gattina ha sfoderato gli artigli. Questo mix di timidezza e passionalità la rende sexy da morire.

«Tu cosa credi?» non resisto e la provoco, basta così poco per farla arrossire! Mi avvicino e lei fa un passo indietro, urtando il bordo della scrivania. È in trappola e lo sa: potrei fare di lei ciò che voglio e non sarebbe in grado di opporsi, forse nemmeno ci proverebbe. Ma non l'ho portata qui per questo, perciò le lascio spazio e raggiungo il cavalletto. Il quadro di Lavinia è nascosto da un lungo drappo che sollevo con un unico movimento. 

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