Parte Quattordicesima

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Quando Mac Bethad venne a sapere tramite il racconto di Feichin delle nozze di Guanora con l'orso, tramutato da un incantesimo di Myrddin nel perfetto sosia del nipote, rise divertito  e chiamò a sé Artos

"Sembra che la Caledonia tutta abbia intenzione di muovere contro il Circinn. Conal Mac Comgaill è un buon amico, il suo progetto mi piace. Presto faremo visita al sovrano del regno, che tanto ti somiglia ma ancora brama i dolci frutti dei roveti boschivi. E vi andremo con una nutrita scorta di soldati"


"Caledfwlch, il Grande Fendente. Questo sarò il suo nome"-annunziò Myrddin nella sua residenza mostrando agli amici la spada fatta forgiare nella fucina di Goban. Lo stesso Gaheris, ovvero Gartnait il garzone di bottega, l'aveva portata al vecchio, il quale aveva approntato un drappo di pesante velluto cremisi  destinato ad accogliere l'arma. Erano presenti davvero tutti: Ally, Cu Roi, Brendan il molosso, Drest con Drostan l'amanuense, Sigurd di Lochlannach accompagnato dalla moglie Demasduit, perfino Talorcan che adesso nascondeva l'avambraccio mutilato sotto una larga banda di cuoio tempestata di borchie d'ottone. Oltre, naturalmente, a  Gaheris che per prudenza ancora non aveva smesso il suo travestimento.

"Sarà il simbolo del potere su Circinn, solo il legittimo re avrà il permesso d' impugnarla"

"Mi spiace per quella macchiolina che ne compromette la perfezione, magus"-si scusò Gaheris.

"Non crucciarti, è proprio ciò che desideravo. Questo è il motivo per cui ti ho inviato a lavorare presso il fabbro, sapevo che sarebbe accaduto tutto ciò"

"Raccontaci tutto quel che sai a proposito della pietra di stelle"-lo incalzò il falso apprendista.

"Quand'ero il guardiano di Kelydon mia sorella Gwendydd fece costruire un palazzo nella foresta, affinché trovassi riparo durante le notti invernali. Era questa una casa con settanta porte ed altrettante finestre, dalle quali osservavo i moti degli astri e le orbite dei pianeti nella volta celeste. Appresi che talvolta alcuni frammenti, detti meteoriti, piovono sulla Terra e sono facilmente riconoscibili per il loro aspetto e colore. Essi sono ricchi d'un metallo sconosciuto agli umani, lavorabile quanto il ferro ma assai più resistente,  inattaccabile dagli agenti atmosferici e dotato di qualità assolutamente sorprendenti"

Myrddin afferrò con entrambe le mani quella che sembrava una spatha romana,  solo leggermente più lunga. La fece roteare al di sopra della sua testa, descrivendo nell'aria un semicerchio che si tinse dei sette colori dell'iride tra lo stupore degli astanti.

"Non oso immaginare cosa capiterebbe se solo dovesse sfiorarla Guanora"-osservò Gaheris

"A lei sicuramente nulla di buono. Prova tu, piuttosto. Sei ancora il re di Circinn, spero non l'abbia scordato"

Caledfwlch era perfettamente bilanciata, leggera e maneggevole al punto giusto. Gaheris la sentiva come un naturale prolungamento del suo braccio. La riconsegnò a Myrddin, che l'avvolse nel panno di velluto


Artos e lo zio Mac Bethad cavalcavano l'uno accanto all'altro, entrambi abbigliati sontuosamente: indossavano fini camicie di seta, aderenti alla cute, cinture in pelle lavorate a sbalzo decorate con motivi  zoomorfi e tuniche blu in tinta unita arricchite da fitte orlature d'oro e vivide gemme. Le giubbe erano chiuse da spille metalliche in forma di cucciolo d'orso, animale simbolico di Fortriu, mentre sulle ampie spalle scudi quadrangolari dipinti a tinte vivaci facevano bella mostra di sé. La scorta, non meno imponente, era costituita da un centinaio di soldati, alcuni montati altri appiedati, armati di lunghi giavellotti dai larghi puntali e rivestiti di corti usberghi, portati sopra pesanti brunie di  cuoio rossiccio rinforzate e trapuntate, sì da assicurare la massima protezione durante gli scontri. Quando giunsero alla piana antistante le porte della cittadella di Circinn furono accolti da Myrddin in persona, che portava con sé l'involto contenente Caledfwlch. La delegazione fece un ingresso trionfale: il popolo salutava festante i due nobiluomini, tutti pieni d'ammirazione per Artos che impugnava con orgoglio il brando affinché ognuno potesse rimirarlo in tutto il suo splendore.  Arrivati presso l'aula di Guanora lo stesso Talorcan annunziò gli ospiti:

"Il sovrano Mac Bethad di Fortriu con l'illustre nipote, il principe Artos"

La reazione della sovrana non tardò a palesarsi:

"Cacciate quegli impostori! Artos siede sul trono accanto a me, è il legittimo re di Circinn!"

"E' quel che tu credi Guanora, o meglio: quel che noi ti abbiam fatto credere"-replicò Myrddin sardonico. Il veggente  puntò il dito contro il falso sovrano, Artos allungò la punta di Caledfwlch sino a toccare, recidendolo,  il cordoncino  che teneva il ciondolo metallico assicurato al collo  dell'animale tramutato per magia in umano. L'amuleto cadde a terra, l'uomo riacquistò le primitive sembianze: un orso dalle dimensioni eccezionali che immediatamente si alzò sulle zampe posteriori rugliando minaccioso. Guanora si diede ad una fuga precipitosa, e nel trambusto il diadema di malachite che le cingeva la fronte cadde a terra, proprio ai piedi di Niniane.

"Indossalo"-le intimò il vecchio-"e tu Ally raccogli il tuo gingillo, ora non è altro che un semplice monile decorativo"

Guanora vagava attraverso la brughiera,  priva di senno: le ramaglie della ginestra spinosa s'impigliavano nel  lungo abito regale,  ridotto ad un cumulo di miseri brandelli. Raggiunse,  scalza e seminuda, una grotta scavata nel fianco di una spoglia collina popolata da radi ciuffi di grecchia avvizzita. S'addentrò nella caverna senza fondo, sbraitando con disperazione il nome del padre Leodegan ma non ricevette risposta alcuna. Lo chiamò allora con l'appellativo ch'egli aveva assunto a Kelydon, Cwn Annwn: il silenzio si fece ancor più profondo. Folle di rabbia e di terrore, s'aggirava per la campagna alla ricerca di mercenari, sbandati, briganti, fuorilegge d'ogni risma: il suo aspetto era  quello d'una spaventosa, lugubre megera dalle orbite infossate e le guance scarnite, le chiome scompigliate come  un groviglio di stoppie selvatiche. Miserabili angli ricoperti da sbrindellate tele di iuta e provvisti di consunte scramasax  prive di filo, smagriti scoti fuggiti dalle rispettive tribù a causa di chissà quali delitti con tuniche di pelle sulle quali erano state sommariamente fissate catene al fine di proteggere ciò che rimaneva dei loro corpi emaciati si riunirono intorno alla donna.  Gruppi disparati d'incerta provenienza brandivano lunghe falci da mietitore, pesanti mazze da maniscalco e  vecchi scudi raccolti dai campi di battaglia, con ogni probabilità sottratti ai defunti o ai moribondi. Tra loro erano presenti anche uomini del Circinn, banditi dalla comunità per indicibili crimini,  ancora ben equipaggiati: essi andarono a costituire la "guardia d'onore" di  quella ch'era stata la titolare del trono, più che mai decisa a riprendersi ciò che, a parer suo, le spettava per diritto di nascita. Germani d'incerta provenienza  e dalla parlata incomprensibile si unirono all'eterogeneo convegno: portavano i rossi capelli rasati sulla nuca e raccolti in corrispondenza di una delle tempie nel cosiddetto nodo suebo, mentre le barbe erano lasciate libere di crescere fluenti ed incolte. Impugnavano devastanti asce bipenni e parevano in ottima salute, decisi a scontrarsi con chiunque capitasse loro a tiro allo scopo di fare bottino. Misteriosi omuncoli poco vestiti, completamente tatuati e muniti di primitivi spiedi spuntavano dai cespi di ginestrone: furono gli ultimi a raggiungere la compagnia. 

FINE PARTE QUATTORDICESIMA







Pictavia-Capitolo Terzo della Saga di Cu RoiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora