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Sono Luke, probabilmente sono con Michael, lasciate un messaggio dopo il beep.

Beep.


<< Sono passati quasi due settimane da quando ti ho parlato l'ultima volta, questo non significa che io ti stia dimenticando. Sono finalmente riuscito a traslocare nella mia nuova casa, lavorare giorno e notte è servito a qualcosa. >

Michael ridacchiò, pensando a tutte le notti passate in quel bar a sentire e vedere storie d'amore crearsi e distruggersi.

<< Sai, un pò invidio quelle persone che, dopo la fine di una relazione, si buttano sull'alcool, li vedo bere bicchiere dopo bicchiere. Più bicchieri bevono più la rabbia e la disperazione escono dalle loro bocche, prima del vomito. -ridacchiò ancora, poi si morse il labbro, tornando serio- li vedo ogni sera e mi domando come io sia riuscito a non finire in quel modo. Quello che è successo a noi due è straziante ma non mi sono buttato sull'alcool, nemmeno sulla droga.

Forse il fatto di lasciarti messaggi nella segreteria mi aiuta un pò, se poi non penso al fatto che tu non li sentirai mai. Comunque, ti stavo dicendo, mi sono trasferito e poche ore fa ho finito di togliere le cose dagli scatoloni, mi sono fatto un bagno, poi mi sono infilato il pigiama e mi sono messo a letto. Non riuscivo a dormire così mi sono alzato e sono andato nella mia biblioteca. Si, ho una piccola stanza che io uso per tenere i libri. Ho preso un libro a caso e sono tornato a letto. Nemmeno a farlo apposta quel libro era una raccolta di pensieri di un'autore contemporaneo riguardo l'amore. Le diverse fasi dell'amore. 

Sono arrivato in una pagina dove dice esattamente così: "Lunga o breve, ma più lunga che breve, la malattia dovrà risolversi da sè. E si risolverà. Solo il tempo, grande e mai abbastanza lodato medico, saprà compiere il miracolo. [...]

Piccoli, impercettibili progressi giornalieri, in fondo a un sentiero che sembrava cieco: prima una favilla, poi una fiammella, quindi una luce più intensa, finalmente quella quiete e quella fiducia in noi stessi che temevamo perdute per sempre."

Non voglio dire che questi suoi ragionamenti siano errati, ha pienamente ragione. Però, è passato quasi un anno da quando non ci sei più, un anno che non esco con nessuno, se non con Calum e Ashton. Un anno che penso e ripenso a quello che ti è successo, quel maledetto aereo, quel maledetto aereo che ti avrebbe portato in Irlanda. Il posto che volevi visitare, quello in cima alla lista.

Ricordo che lavoravo pomeriggi e notti interi, mi portavo pure i libri a lavoro, così che la mattina seguente, a scuola, mi sarei presentato pronto alle interrogazioni. L'ultimo anno, dopo la laurea, avevo pensato che fosse il momento giusto per darti quel regalo.

Quando hai aperto la busta eri praticamente scioccato, i tuoi occhi erano molto lucidi, non ti usciva nemmeno una parola, ma mi hai abbracciato. Dentro quell'abbraccio c'erano sussurrati dei "grazie" che non smettevano di ripetersi, poi mi hai baciato, davanti a tutti, la tua famiglia, la mia. 

Ti ho lasciato partire da solo, con la promessa che ti avrei raggiunto il giorno seguente. Dovevo esserci anch'io su quell'aereo. Rimpiango ogni giorno di averti lasciato andare, mi sono sempre dato la colpa di tutto. I miei mi hanno mandato da uno psicologo, inutile dirti che non è servito a niente. 

Ma più i mesi passavano più pensavo che la colpa non era, e non è, la mia. Rimpiango solo di averti lasciato partire da solo. Forse, come ti ho letto prima, il tempo cambierà ogni cosa. Un giorno non sentirò più la tua voce registrata nella tua segreteria, forse un giorno mi sveglierò e le cose saranno diverse, sotto ogni punto di vista. So che tu avresti voluto che io  andassi avanti, ma il pensiero che il tempo possa cambiare quello che provo per te mi spaventa, e non poco.

Perchè ero, e sono ancora, sicuro che se questo incidente non fosse mai capitato adesso, in questa casa, ci vivresti pure tu. >>

All'improvviso, agganciò.

Answering machine || MukeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora