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Due anni dopo la scomparsa di Luke, Michael si era ripreso. Aveva ripreso ad uscire con Calum e Ashton, fare visita ai suoi genitori, andare al mare e stare sveglio fino all'alba, a suonare la sua chitarra.

Aveva smesso di mandare messaggi a Luke, di guardare le sue foto o indossare le sue felpe.

Aveva ripreso a vivere la sua solita vita, non sentiva il bisogno di avere un'altra persona al suo fianco, non voleva rischiare di stare male, anche per una piccola cazzata.

Ma non poteva prevedere che avrebbe rischiato di stare male in un altro modo, quello peggiore.

Era la mattina del 9 gennaio, Michael stava facendo colazione con Ashton e Calum.

<< Questo pomeriggio andiamo tutti e tre in palestra, siamo ingrassati così tanto durante le feste che ormai non camminiamo più, rotoliamo. >> scherzò Ashton, facendo ridere gli altri due.

<< Sempre se Calum non passerà la maggior parte del tempo a farsi selfie. La leggenda narra che non pochi anni fa le persone andavano in palestra senza provare la necessità di farlo sapere al mondo intero. >> rispose ridendo Michael, guardando Calum.

<< Io so pure un'altra leggenda, si narra che una volta gli altri si facevano i fatti propri senza rompere il cazzo. >> ribattè Calum, dando una gomitata sul fianco di Michael.

Era una normale mattina, oppure lo sembrava.

Ad un tratto Michael portò la mano sul petto, massaggiandolo lentamente.

<< Ragazzi, ho un dolore forte al petto. >> mormorò.

Gli altri si guardarono spaventati. << Un dolore al petto non è mai un buon segno. >> esclamò Ashton.

<< Così non aiuti Ash, vuoi che ti portiamo in ospedale? >> domandò Calum, guardando Michael che rispose con un leggero e timido movimento affermativo con la testa.

Dopo pochi minuti arrivarono al pronto soccorso, non aspettarono molto prima che un medico arrivasse e lo visitasse.

In un primo momento non riuscì a capire quale fosse la causa, più i minuti passavano più il dolore al petto di Michael aumentava.

<< Chiamo i tuoi genitori, Mike? >> chiese Ashton, che si trovava accanto a Calum.

<< Chiamali solo quando scopriranno cos'ho. >> mormorò, si sentiva stanco e allo stesso tempo molto spaventato.

Lo portarono a fare radiografie, esami del sangue ma niente usciva fuori.

Sembrava che i medici brancolassero nel buio, senza avere idea di cosa avrebbero dovuto fare.

Michael rimase lì per un giorno, Ashton e Calum non si allontanarono nemmeno un secondo da lui, nonostante quest'ultimo gli avesse ripetuto che potevano tranquillamente andare, perchè era in ottime mani.

Ma rimasero lì, non avevano alcuna intenzione di lasciarlo da solo in un posto dove le persone morivano quasi nell'80%  dei casi.


Il giorno dopo il medico che si prendeva cura di Michael entrò nella sua stanza, aveva la risposta alla domanda del ragazzo.

<< Buongiorno signor Clifford, adesso sappiamo la causa dei suoi mali. Lei ha un tumore ai polmoni, all'ultimo stadio. Si trova al primo posto nella lista di attesa per un trapianto di polmoni. Mi dispiace molto. >>

Ma ormai Michael non lo ascoltava più dalla parola tumore, non poteva crederci, non riusciva quasi a respirare. Vedeva Calum e Ashton parlare con il medico, forse per saperne di più, ma non riusciva a sentire le loro voci.

Si voltò verso la porta, notando due barelle, non riuscì a capire chi fossero, se avessero qualche legame familiare. Non riusciva nemmeno a pensare.

Doveva aspettare che qualcun'altro morisse per poter avere i polmoni che lo avrebbero aiutato a continuare a vivere. E questa consapevolezza non riusciva ad accettarla.

Answering machine || MukeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora