Capitolo 14 Susan

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"Susan, dimmi cosa vuoi che faccia. Cazzo, farei tutto per te. Dimmi solo cosa posso fare" è frustrato, lo vedo, ma ho paura a lasciarmi andare. Mi sento come sulle montagne russe, senza avere il controllo della corsa.

"Dammi tempo" dico infine. 

"Non ti fidi di me" afferma, ma non è proprio così. "Vorrei farlo" ribatto "ma devi concedermi i miei tempi. Non possiamo partire per gradi?" chiedo, senza sapere bene nemmeno io che cosa intendo. Lui sembra spiritato, coi capelli scarmigliati e lo sguardo ansioso. Somiglia ad un animale in gabbia, qui nella mia stanza. Anzi, ex stanza.

Ad un certo punto si blocca di colpo, girandosi a guardarmi risoluto. "Ti andrebbe di provare ad uscire con me? Come se tutta la merda passata non esistesse?"

"Che cosa intendi?" chiedo "Fiori, cene, cinema? Cose così?"

"Sì. Diventerò il perfetto fidanzato" è sicuro dell'obbiettivo. Non capisce che lo amo anche per le sue imperfezioni. Ma non glielo dirò, ora.

"Devo pensarci. Ci sentiamo?" chiedo. Non mi ha più scritto o chiamato da prima dell'incidente, ma mentre pronuncio quelle due paroline, mi ritrovo a sperare che si faccia sentire come se fossi una ragazzina alla prima cotta. In effetti, lui era la mia prima cotta.

Mentre aspetto che risponda mi alzo anche io, dando un'occhiata in giro per controllare di non aver lasciato niente che mi serve. Rabbrividisco, guardando il materasso nudo sopra cui abbiamo fatto l'amore solo un'ora fa. A guardarlo adesso, mi stupisco di non aver pensato di lasciarci sopra almeno un coprimaterasso.

Mi volto per lasciare la camera, quando lui si appoggia alla porta. Allunga una mano, prendendomi per il polso ed io sento il battito accelerare. Lui se ne accorge e sorride. "Mi farò perdonare, lo giuro. Non so quanto ci vorrà, ma lo farò". E' incredibilmente deciso e mi fa sognare cose a cui ho paura di credere, perciò annuisco, facendogli un piccolo sorriso. "Ora devo tornare a casa" dico con la mia migliore imitazione di una voce ferma.

Incredibilmente mi lascia andare, senza commentare. Mi guarda prendere i cestoni con i panni puliti, poi mi apre la porta. "Ti accompagno alla macchina, tanto torno a casa anche io" dice. Non sembra infastidito, quindi spero che vada tutto bene.

"Posso abbracciarti?" chiede quando ho caricato tutto in auto. "Certo" dico e mi avvicino per farmi avvolgere dalle sue braccia. Finiamo per restare incollati uno all'altra per un tempo indefinito, persi a respirare il profumo dell'altro. Quando finalmente sciogliamo l'abbraccio, sorridiamo entrambi. "Andrà bene" mi dice. E sembra che ci creda davvero.

"Buonanotte Michael" gli dico, ma all'ultimo non resisto e mi allungo sulle punte dei piedi per dargli un rapido bacio sulla guancia. Lui sorride come se gli avessi fatto un bel regalo e io mi affretto a salire in auto. Si sporge mentre tiro giù il finestrino. "Buonanotte Susan" dice e mi sfiora il naso con un bacio. Quando arrivo a casa, sto ancora sorridendo.

Sono due giorni che non sento Michael. Ieri me lo aspettavo, ma oggi? Pensavo che mi avrebbe scritto almeno un messaggio, che so, per sapere come stavo, cosa avevo deciso, cose così. Invece niente, silenzio stampa. Sospiro infilando alla rinfusa i fogli con gli appunti della lezione nello zaino e affrettandomi ad uscire. Tra un paio d'ore inizio il turno al locale, un'altra serata fuori dal mio orario solito, devo mettere in chiaro che sarà l'ultima. Non riesco a lavorare a studiare, durante la settimana. Non se voglio laurearmi con la media intatta.

Una mano s'infila tra me e il mio braccio, prendendomi la mano. Mi ritraggo, spaventata, prima di realizzare che è Michael. "Oddio, mi hai fatto prendere uno spavento!" lo rimprovero. "Mi piace sorprenderti" dice per tutta risposta. "Comunque, buongiorno".

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