Capitolo 15 Michael

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Mi guardo allo specchio per l'ennesima volta oggi. Non capisco perché sono così agitato. Sono uscito con Susan per mesi no? Cosa cambia stavolta?

Cambia che stavolta voglio fare le cose perfette, cazzo. Voglio farle capire che sono quello giusto per lei, solo io. Cristo, mi sono quasi messo una camicia! Io! Alla fine sono rinsavito, mi sono infilato i jeans e le Vans, una polo azzurra e gli occhiali da sole. Ho parcheggiato il più vicino possibile al posto dove dobbiamo incontrarci, nel caso lei si sia messa i tacchi. Questo pensiero mi fa capire che mi sono completamente rincitrullito.

La vedo da lontano, seduta sulla panchina che mi aveva indicato. Si è messa una gonna e un giubbino di jeans. Mi piace. Cazzo se mi piace. Speravo nei tacchi, ma anche quegli stivaletti morbidi che le accarezzano i polpacci... mmm non sono niente male. Quando una coppietta si sposta giù dal vialetto però, mi rendo conto che non è sola. Fortunatamente, mentre mi avvicino, mi rendo conto che non apprezza la compagnia dell'idiota che sta rischiando inconsapevolmente la vita solo respirandole vicino.
Non me lo so spiegare, ma vista la sua postura, so che non è felice delle attenzioni di quel tizio. Ho già accelerato per andare a rompergli il naso, ma poi mi metto un attimo a pensare. Sicuramente il vecchio me avrebbe fatto una cosa del genere, ma il nuovo e migliorato me, prova a pensare a cosa direbbe Susan. Non la sta molestando, toccando o altro, quindi cerco di contenermi.

Cinque minuti dopo sono contento di averlo fatto. Susan sembra piacevolmente colpita dal fatto che non abbia scatenato una mezza rissa e i sorrisi che mi rivolge, beh, mi fanno sperare in un bel fine serata. Censuro i miei pensieri, per evitare di avere un'erezione mentre guido verso il locale che ho scelto. So che devo andare coi piedi di piombo, quindi non la porterò in un ristorante per far colpo. Abbiamo bisogno di conoscerci di nuovo, senza tutti i drammi della prima volta che l'abbiamo fatto. Il viaggio in auto è abbastanza silenzioso, lei tiene le mani in grembo e si guarda attorno. E' una zona che lei sembra non conoscere molto, dato che commenta quasi tutto quello che vede, dai palazzi stile liberty ai parchi giochi. Sembra tranquilla e spensierata, e mi piace da pazzi.

Parcheggio in Mulberry Lane e faccio il giro dell'auto per aprirle la portiera. Lei sgrana gli occhi, sorridendomi. "Wow.. grazie" dice stupita prendendo la mano che le offro. La sua mano è fresca e minuta, e quando mi guarda da sotto in su penso di mandare tutto al diavolo e sbatterla contro la macchina per baciarla finché non dimenticheremo il perché siamo qui e non in un letto.

"Non guardarmi così" mi esce, tra i denti. Lei si ferma, sul marciapiede dietro di me. "Così come?" "Come se fossi qualcosa da mangiare" la sgamo subito. "Che colpa ne ho se ho fame?" dice fingendo imbarazzo. Dio quanto la voglio. Inspiro rumorosamente, guardandola. Anche il suo respiro è accelerato. Bene.

"Prego, damigella, da questa parte" le faccio strada fin dentro un locale che ho scovato quando cercavo ispirazione per le fotografie. Non avrei mai pensato di portarci qualcuno, ma mi è balenato in testa ieri sera, quando pensavo a qualcosa che le potesse piacere. Vediamo se ho ragione.

Il posto, subito dopo aver passato il bancone e i primi tavolini, che di fatto costituiscono tutto lo spazio disponibile d'inverno, si apre su una terrazza semi aperta, con soffitti a volta, tutti di vetro e acciaio. Attorno, una specie di serra. In primavera i colori che trovo qui dentro sono eccezionali, ecco perché ci ho voluto portare Susan. Lei si guarda attorno meravigliata, e cazzo, vorrei vedere quell'espressione sempre sul suo viso, dato che è bellissima. "Ehm, vogliamo sederci?" "Cosa? Ah, certo" dice avvicinandosi alla sedia che le ho scostato. Si toglie il giubbetto di jeans, e scopro che quella che pensavo fosse una gonna è in realtà un vestito. Abbastanza scollato sulla schiena, se ho visto bene. Sorrido.

"Allora?" chiedo, troppo agitato di sapere se le piace. "Michael.. non so che dire, questo posto è meraviglioso, come l'hai scovato?" chiede e i suoi occhi lucidi mi dicono che lo pensa davvero. E' rimasta incantata proprio come me, la cosa non smette di rallegrarmi.

"L'ho trovato un giorno durante i miei giri con la macchina fotografica" rivelo "all'epoca però era inverno e quindi questo spazio era chiuso. Sono tornato dopo qualche mese perché la struttura fuori mi interessava e ho trovato questo" faccio un ampio gesto con la mano. Lei sembra una bambina alle giostre. "E' bellissimo, grazie di avermici portato". Mi prende la mano e la stringe.

Veniamo interrotti da una ragazza con dei capelli fuxia, che ci porge i menu. Mi volto, mentre ancora sto sorridendo e la cameriera resta bloccata lì a guardarmi. Susan si schiarisce la gola e la ragazza sembra svegliarsi, mormora un "Torno subito" e poi se ne va. La guardo. "Mmm, il fascino di Square è tornato a colpire, vedo" commenta, ma non sembra infastidita, solo divertita. "Beh, sai com'è, le attiro come le api col miele" "Mah, non saprei, a me il miele non piace" "Oh, sentiamo, cosa ti piace?" si morde il labbro inferiore, mentre pensa a come rispondere e io senza pensare allungo una mano per toglierglielo di bocca. Per fortuna mi fermo prima. "Non saprei, a me piace di più il salato. Oppure del gelato" "Con scaglie di cioccolato?" chiedo ricordandomi qual è il suo gusto preferito. "Esatto. Hai buona memoria". "Forza, cosa ti va di mangiare?" le chiedo gentile. "Penso che prenderò un tramezzino al tacchino, con insalata e salse. Tu?" "Io voglio un hamburger. Qui la carne è molto buona" dico. Poi cala un silenzio imbarazzato. Quando la cameriera torna a prendere le ordinazioni, tiene la testa bassa e non mi guarda.

"Stai gongolando, vero?" "Come?" "Ti ho chiesto se stai gongolando" "No, assolutamente, perché?" "Eddai, quella povera ragazza è rimasta folgorata da te, tutto carino e con la maglia dello stesso colore dei tuoi occhi" Allora lo ha notato. "A proposito, stai molto bene" le dico cercando di cambiare argomento. "Grazie. Non cambiare argomento. Conosco quello sguardo, sai?" "Giuro che non sto facendo nessuno sguardo" dico, mani avanti come i bambini. "Certo, come no" "Sentiamo, che sguardo sarebbe?" chiedo, scettico.

Susan si aggiusta sulla sedia, spostandosi i capelli appena davanti alle orecchie, inumidisce le labbra e poi mi rivolge uno sguardo che.. beh.. mi paralizza. Se non la conoscessi e mi facesse uno sguardo del genere, andrei a conoscerla immediatamente, anche se fosse in compagnia. "Ah" dico, imponendomi di fingere indifferenza. Mi appoggio allo schienale della sedia e incrocio le dita sul tavolo. Lei alza le sopracciglia, come a chiedermi se non mi fa effetto. "In mia difesa.. beh quello sguardo lo stavo facendo a te, la cameriera si è trovata nel posto sbagliato al momento sbagliato" provo a dire. Incredibilmente lei mi sorride, poi allunga una gamba a toccare la mia. Una scossa improvvisa mi sale da dove entrano in contatto, facendomi inspirare.

Con la chimica che abbiamo, mi stupisce che siamo ancora qui, vestiti. "Allora, Michael" dice con voce sensuale "come occupi le tue giornate?" la guardo, allibito. Possibile che lei non senta questa tensione? "Scusa?" "Sì, a parte la fisioterapia, cosa fai durante il giorno, adesso che sei fermo con le lezioni?" "Beh, la fisioterapia mi occupa quasi tutta la mattina, quindi mezza giornata se ne va così" inizio "poi beh, dipende: a volte mi viene a trovare Davide e discutiamo di quando tornerò ad abitare con lui, oppure leggo pubblicazioni di meccanica e ingegneria, sai, per i crediti dello stage". Quello che dovrei iniziare tra quattro lunghi mesi, dato che quando era ora ero bloccato in un letto di ospedale. "Non fotografi più?" chiede e sembra sinceramente dispiaciuta. "No. La mia macchina migliore è andata distrutta a seguito dell'incidente. Non sono ancora andato a comprarne una" e mentre lo dico mi maledico. Il motivo per cui non l'ho ancora comprata non sono i soldi, ma il fatto che avevo perso la voglia di fare fotografie. E in questo momento, qui, vorrei tanto fare una foto. Anzi più di una. A lei, a noi, al riflesso del sole sulle vetrate...

"A cosa stai pensando?" chiede Susan. "A niente di particolare" "Oh, e questo ti ha fatto passare l'appetito?" guardo in giù e vedo che mentre ero perso nei mie pensieri, la cameriera ci ha portato le ordinazioni. "Mi hai beccato. Stavo solo pensando che vorrei fotografare questo posto, adesso" mi guarda ancora, mentre addenta il suo tramezzino, come se si aspettasse qualche altra spiegazione in merito, ma non ho intenzione di parlare, adesso. Una goccia di salsa le sfugge e quando lei la recupera con la lingua, penso di prendere fuoco. "Non vedo l'ora di vedere il tuo appartamento" butto lì, nella speranza di pensare ad altro. "Ma tu non vedrai il mio appartamento" ribatte. 

"Ehi, non vale. Mi hai detto che avrei potuto riaccompagnarti a casa!" "Sì, ma un conto è riaccompagnarmi a casa, un altro è essere invitati ad entrare, non trovi?" Mi sento preso in giro. In certi momenti sembriamo sul punto di saltarci addosso e poi lei mi smonta così? "Non vale" mi scappa. "Beh, ragazzo mio, fattene una ragione. Non faccio salire i ragazzi da me al primo appuntamento" dice giocando le carte che io stesso le ho fornito.

Ma anche io so giocare. "Beh, questo suppone che ci sarà un secondo appuntamento, no?" "Forse" concede. E' sufficiente, addento l'hamburger e me lo gusto.

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