«Riassumendo, quindi, devi andare ad una cena organizzata dalla tua ex migliore amica e dal tuo ex ragazzo con il tuo nuovo finto ragazzo, ovvero il fratello della tua attuale migliore amica, che vorresti mettere sotto con un tir?», chiese Alec - il mio collega, nonché amico e confidente, nel negozio di musica in cui lavoravo - poggiato con i gomiti sul bancone e con il mento sorretto dalle mani chiuse a pugno, mentre un lampo di divertimento gli attraversava gli occhi smeraldo nel corso del breve riepilogo.
«Esatto.», confermai, mentre riponevo nelle apposite postazioni i vari cd musicali lasciati sparsi per il negozio dai clienti. Ma un po' di rispetto per il lavoratori non era contemplato nel loro manuale della vita? Quanto avrei desiderato scoprire dove lavorassero quei devastatori di ordine patentati e andare a mettere a soqquadro le loro opere: poi avrei voluto vedere se si sarebbero ancora divertiti a generare il caos nel mio negozio.
«Da non credere.», esordì il ragazzo, distogliendomi dai miei pensieri di vendetta sulla clientela del 'The Music's Den'.
«Eh, vero? È una circostanza inconcepibile!», risposi io, piacevolmente sorpresa di aver finalmente trovato qualcuno che ritenesse la situazione in cui, mio malgrado, mi ero trovata invischiata, assurda, proprio come la sottoscritta.
«Oh no, io intendevo la tua sfiga. È da non credere.», chiarì lui, sollevandosi in posizione eretta e sfoggiando un sorrisino ilare.
A quella constatazione, tutto l'entusiasmo che poco prima mi aveva invasa, nel credere di non essere l'unica a sostenere un pensiero ostile nei confronti della rimpatriata e del pessimo modo in cui si era deciso di risolverla, svanì magicamente, o meglio, tramutò in sconsolata rassegnazione: oltre ad essere stata obbligata a mettere in atto l'unica, ma indubbiamente sconclusionata, soluzione al dilemma che sembrava essermi venuto appositamente a cercare senza che io lo richiedessi, ero anche condannata a non ricevere la concordia di nessuno. Fantastico.
«Alexander, non sei di aiuto.», lo rimbeccai severa. Ero perfettamente consapevole di avere la sfiga alle calcagna, non era necessario che lui me lo ricordasse, altrimenti avrei iniziato a crogiolarmi nella disperazione per l'impossibilità di riscatto dall'infelice futuro costellato di sfortuna che mi aspettavo di dover fronteggiare.
«Lo so.», rispose lui, sorridendo sornione ed io alzai gli occhi al cielo. Era un ragazzo d'oro, ottimo ascoltatore e consigliere e capace di darti l'anima, se necessario, ma talvolta risultava davvero irritante con la sua spiccata vena ironica che, non potevo negarlo, gradualmente aveva influenzato anche me. Ovviamente, però, l'irritazione che poteva suscitarmi lui non sarebbe mai stata all'altezza di quella che era in grado di destare in me Cameron, talmente considerevole da portarmi, saltuariamente, a premeditare il suo possibile omicidio. E avrei dovuto convivere e mascherare quel risentimento per l'intera serata, quel giorno, essendo il famigerato e infelicemente atteso sabato della rimpatriata, o come lo avevo soprannominato io, sabato della disdetta, durante il quale avrei dovuto fingermi immensamente innamorata di un ragazzo che avrei impiccato volentieri, tra l'altro sotto gli occhi indiscreti delle ex persone più importanti della mia vita. Ma che male avevo fatto per meritarmi di trascorrere una consistente quantità di tempo contemporaneamente con le tre persone che meno tolleravo a New York? Perché al posto di Cameron, per lo meno, non avevo trovato altri disposto ad accompagnarmi e, magari, anche a fornirmi sostegno morale, anziché demoralizzazione? Luke non poteva rimandare alla settimana prossima la sua fuga dalla città? Ed io non potevo avere altri amici maschi oltre lui e Alec?
All'improvviso, un'idea mi balenò per la testa. Per la questione della riparazione dell'impianto elettrico, che pareva fosse saltato inaspettatamente lunedì notte, a causa del terribile temporale abbattutosi sulla città, il negozio era rimasto chiuso per tutta la settimana ed io non avevo avuto modo di mettere al corrente Alec della 'faccenda rimpatriata' prima di quel giorno ergo, non mi era nemmeno stato possibile proporgli di recitare la parte di mio fidanzato alla cena. All'orario fissato per l'incontro, però, mancavano ancora due ore sostanziose, quindi perché non avanzargli la proposta in quel momento? Avrebbe avuto tutto il tempo necessario per prepararsi senza nessuno che gli mettesse fretta e, inoltre, anche se non ci eravamo allenati per atteggiarci come una coppia duratura, con lui mi sarei sentita molto più a mio agio che con il modello, quindi avrei potuto sfoggiare qualità di recitazioni migliori e, di conseguenza, la farsa sarebbe apparsa maggiormente credibile e la serata non si sarebbe conclusa in malo modo, come sospettavo che, invece, sarebbe accaduto se mi ci fossi presentata con Cameron.