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Tutti i miei giorni iniziano così: mi alzo, vado a scuola, torno a casa, pranzo, studio, vado a danza, ceno, mi lavo e vado a letto.

Una sequenza che si sussegue tutti i giorni, azioni che svolgo automaticamente.

Non mi piace uscire di casa e quando lo faccio con i miei compagni di classe mi sento sempre di troppo. Come se in quel momento potessi andarmene e nessuno se ne accorgerebbe.

Ma nemmeno a casa posso stare tranquilla, perché c'è sempre mio fratello a disturbarmi nei momenti peggiori.

Fino ad ora sono riuscita a sopravvivere solo leggendo. È come se mi immedesimassi nel protagonista. Per qualche ora posso avere la vita perfetta che sogno da sempre ma la realtà è diversa.

Ho imparato a nascondere le emozioni e a mantenere un viso impassibile per non dare indizi di quello che sto provando. Ma ultimamente questa barriera è stata abbassata e ne ho subito le conseguenze.

Ma mia madre, sempre molto d'aiuto, mi ha urlato contro di smetterla di fare una faccia imbronciata e di sorridere un po'. Voleva dire 'fingi Lili, fingi di essere felice perché altrimenti faccio brutta figura con le mie amiche. Perché dopo loro mi chiedono se stai bene!'.

Ho applicato alla lettera le sue parole. Mi sono obbligata a sorridere, a sembrare felice e serena. So che lei non voleva criticarmi e voleva solo vedermi felice. Ma forse non me lo ha detto nel modo giusto, me lo ha praticamente urlato in faccia.

Non piango più, il massimo di commozione nel mio viso può essere una smorfia di disgusto verso il mondo o le persone.

Mi hanno detto che sono apatica, che ho lo sguardo perso nel vuoto e che ho la faccia perennemente imbronciata. Mi hanno chiesto se stavo bene e ho anche risposto di no. Ma non è bastato. Nessuno mi ha mai chiesto 'SEI FELICE?' probabilmente non avrei risposto ma avrei sottointeso di no.

A volte sono felice veramente, ma è talmente tanto raro che fatico a riconoscere questa emozione.

Anche se ora apprezzo di più i momenti felici non vuole dire che quelli tristi non contino.

È come quando ti ferisci una gamba, puoi metterci i cerotti ma la ferita è ancora aperta. E se continui a ferirti prima o poi rimani dilaniato e i cerotti non servono più a nulla.

Sono i primi giorni  delle vacanze estive. Mi sento persa perché non ho più il mio punto fisso, cioè la scuola. Almeno avevo un obbiettivo, lo studio. Mi ero sempre impegnata molto ma comunque ero stata bocciata. Dovevo ripetere la seconda superiore e questo un po' mi terrorizzava.

Mia madre oggi mi ha costretta ad uscire per portare fuori il cane, stavo camminando in mezzo ai campi guardando per terra fino a quando una massa enorme e nera mi saltò addosso.

Ma da come mi leccò la faccia dedussi fosse un cane.

"Hako, vieni qua!"

Mi pulii la bava del cane dalla faccia e controllati che il mio non si fosse fatto nulla. Per fortuna era seduto di fianco a me, spaventato ma sano.

Alzai gli occhi e vidi un ragazzo, era bello da morire. Sentii le guance andarmi a fuoco. Non ero mai stata fidanzata e per questo quando vedevo un ragazzo cercavo di starne a distanza, avevo paura di quello che poteva succedere. Ma era ora di superare queste paure.

"Scusa" le parole mi uscirono di bocca da sole. Perché mi ero scusata io se era stato il suo cane a venirmi addosso!?

"No, scusami tu. Solitamente non salta addosso alle persone. Ti sei fatta male?"

"No, tranquillo"

Mi ricomposi e continuai per la mia strada.

Dopo poco sentii un rumore alle mie spalle e lo vidi. Mi stava seguendo.

"Hei, ti va di venire in un posto con me? È a due passi da qui, non ci mettiamo tanto"

Io annui e lui mi sorpassò per fare strada. Avevo un po' di paura ma decisi di tenere i miei dubbi per me.

Stavo seguendo un estraneo ma non mi importava, volevo mettermi alla prova. Per un minuto volevo fregarmene delle conseguenze.

Camminammo in silenzio per alcuni minuti finché non sentii il rumore di un ruscello.

"Dove stiamo andando?"

Non mi rispose.

"Ci senti?! Ti ho fatto una domanda!" Poteva essere bello quanto voleva ma come minimo poteva rispondere per educazione.

Passò qualche secondo ma poi lui si bloccò e si voltò verso di me.

"Se non la pianti di fare rumore non vedremo nulla!"

Cosa dovevamo vedere?

Iniziai a preoccuparmi, infondo avevo seguito uno sconosciuto.
Ma poi lo vidi, era maestoso, mi sentivo lo sguardo di quel ragazzo addosso ma continuai lo stesso a guardare quella meraviglia.

Un meraviglioso cavallo bianco stava passeggiando vicino al ruscello, eravamo vicino ad un maneggio.
Ero passata di li solo in auto, ma mi pentii di non essermi mai fermata a guardare quei bellissimi cavalli.
Mi mettevano un po' di paura e forse era per quello che non mi avvicinavo a loro.

Il ragazzo parlò e gliene fui grata perché si stava creando un silenzio imbarazzante.

"Che te ne pare? Non è bellissimo?"

"Si, non c'ero mai stata. I cavalli mi mettono un po' di paura..."

"Seriamente? Io vengo qua tutti i giorni!"

"Davvero? Non ti avevo mai visto passare di qua" ed era vero. Ormai andavo da anni in quei campi e non lo avevo mai visto.

"Forse perché solitamente vengo molto tardi, non mi piace stare sotto il sole, preferisco andarci di sera"

Mi appuntai questo consiglio così avrei evitato le sudate che mi facevo quando andavo nel pomeriggio.

"Beh, non ci siamo ancora presentati. Io sono Cole."

"Bene, io sono Lili"

"Perché non mi racconti qualcosa di te Lili? Secondo me c'è molto da dire sotto quel bel faccino"

Riprendemmo a camminare, non mi importava di essere giudicata perciò iniziai a raccontargli della mia vita.

Lui rimase in silenzio ad ascoltare, non commentò e si limitò ad annuire. Mi sentivo ascoltata. Lui era diverso dagli altri. Volevo sapere di più su di lui.

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S.a.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Mi scuso in anticipo per i possibili errori grammaticali ma scrivo dal telefono ed ogni tanto il correttore fa quello che vuole.

A breve pubblicherò il secondo capitolo, se vi è piaciuto questo lasciate un voto

xoxo

An imperfect girlDove le storie prendono vita. Scoprilo ora