1. Bryn

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– Allora ragazzino, vogliamo iniziare? –

Si svegliò col fiatone, qualche goccia di sudore gli imperlava la fronte.

Inspirò ed espirò, e si guardò attorno; doveva aver ceduto alla stanchezza per qualche minuto.

Guardò oltre il finestrino.

– Piove. E ti pareva –

La pioggia batteva pesantemente sul vetro del taxi nero. Le nubi scure coprivano per intero il cielo, e l'assenza di un'illuminazione stradale funzionante rendeva l'innocente viottola di campagna un incubo di ombre e specchi d'acqua, abissi neri dalla profondità ignota che tentavano di inghiottirli quando si avvicinavano troppo; ad ogni buca la macchina sobbalzava, il suono metallico degli ammortizzatori rotti accompagnava da ore il rugginoso trabiccolo, e l'auto stessa sembrava implorare i due avventurieri di non aspettarsi troppo da parte sua, nemmeno di portarli vivi a destinazione.

All'interno il rivestimento del tetto penzolava oscenamente in più punti, si era scollato in seguito al gioco a più riprese del caldo estivo, che in combutta col freddo di più e più inverni portava avanti da decadi un ciclo costante di disfacimento.

I vecchi sedili scuri erano stati rattoppati innumerevoli volte, ma senza rispettare alcuna scala cromatica: stoffe più chiare si erano alternate negli anni, passando da un elegante perla ad un più modesto panna, arrivando nei momenti di disperazione a un grigio cenere spento. Come ultimo colpo di grazia, delle strisce rosso bordò erano state astutamente cucite nei punti critici, nascondevano i troppi ricami a filo doppio che tenevano imprigionata l'imbottitura. Poteva trattarsi della più allegra camicia di forza sulla quale si fossero posati i loro occhi, come del vecchio tendone di un circo fallimentare.

Seduto sopra l'umile e terribile scacchiera, Bryn osservava il vuoto al di là del finestrino.

La cravatta stretta attorno al collo gli toglieva l'ossigeno, la camicia bianca di una taglia superiore alla sua gli ricadeva sui fianchi in maniera ridicola, e l'effetto 'bambino che indossa i vestiti del padre' veniva attenuato unicamente dalla tetra giacca grigia di cui non sarebbe stato in grado di definire la misura; l'aveva comprata il giorno prima in un sospetto negozio di abiti da uomo, a pochi chilometri dal confine, fin troppo scadente ed economico per non trattarsi della copertura di qualche racket malavitoso.

L'ombrello bagnato schiacciato contro la sua gamba gli inzuppava i pantaloni, da diverse ore in effetti, e sebbene fossero in viaggio dalle due del pomeriggio l'umidità nell'aria pareva tentare il tutto per tutto per evitare che si asciugassero.

Gli era stato consigliato di portarsi un cappello scuro ed elegante, e trattandosi di una persona perfettamente in grado di capire quando ascoltare il consiglio di un venditore ambulante e quando ignorarlo, aveva deciso di acquistare un paio di lunghissimi calzini di lana nera, sperando che gli tenessero al caldo i piedi.

Ad ogni curva l'acqua nelle scarpe si spostava a destra e a sinistra trasportata dalla forza centrifuga.

E la testa continuava a venirgli inzuppata dalle perdite del tetto.

"Quanto manca esattamente?"

"Una mezzora circa, Signor Brynmor"

"Mi chiami Bryn, la prego"

La sagoma delle montagne veniva ricalcata dagli ultimi raggi di sole che sparivano al di là dell'orizzonte, delineavano la loro stazza e l'altezza vertiginosa delle torri metalliche costruite sulla loro cima; metà di queste ancora si teneva i piedi, mentre la metà rimanente non consisteva in nient'altro che un ammasso di metallo che giorno dopo giorno si avvicinava sempre più al suolo, incurvato e piegato dalle intemperie.

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