2. Villa Byron

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Mr. Brynmor,

le mando questa lettera sperando che, una volta ricevuta, la trovi in buona salute.

Io purtroppo, quando la leggerà, sarò già deceduto.

Non voglio muoverla a pietà e non spero di convincerla ad accettare il mio caso per una semplice questione di morale, al contrario ho intenzione di pagarla per i suoi servizi, e sono convinto che la somma finale che ho in mente di farle pervenire, che otterrà se e solo se porterà a termine il compito che ho in mente per lei, le sarà sufficiente per costruirsi una vita agiata, lunga e possibilmente felice.

La mia vita al contrario finisce, e per quanto sia stata ricca e lunga non posso dire di averla conclusa felicemente: molte questioni sono state lasciate in sospeso, e la mia attuale situazione fisica mi fa capire che non sarò mai in grado di completare tutti i progetti, di salutare tutti gli amici, e di mantenere tutte le promesse.

Ed è esattamente di questo che si tratta: una promessa.

Le lascio una mappa con le coordinate geografiche della mia città, e una serie di indirizzi e numeri di telefono che le torneranno utili nel caso decidesse di accettare il mio caso. Inoltre mi sono preso la libertà di farle preparare una piccola tabella di marcia che, se seguita alla lettera, le permetterebbe di arrivare a destinazione in tempo per il mio funerale.

Man mano che si avvicinerà a Neferendis capirà che si tratta di un luogo unico ed estremamente pericoloso, ma non si lasci spaventare, non tutti coloro che la abitano vorranno farle del male.

Tutto le sarà più chiaro quando il testamento verrà letto.

Cordiali saluti, Barone George Nabuk Byron.

P.S.: il tempo non si ferma mai.

Nella voluminosa busta originale, oltre alla lettera e agli appunti del barone, erano state inserite alcune centinaia di sterline in grado di pagare il viaggio di andata, compresi tutti i biglietti degli autobus, dei treni, dei battelli e dei taxi, con giusto un paio di banconote da venti allegate ad un biglietto che riportava la scritta 'mance per il tassista' (che Mr. Naves accettò felicemente).

Più un orologio da taschino rotto.

Bryn avrebbe potuto tenere i soldi, rivendere l'orologio al prezzo di un caffè, e gettare nell'immondizia la lettera, ma qualcosa lo aveva convinto ad accettare; forse la consapevolezza che i soldi nella busta non sarebbero bastati a pagare i debiti con gli strozzini o con i suoi ex clienti più pericolosi, non del tutto soddisfatti dal suo lavoro. Forse fu la promessa di altro denaro a condurlo nella stazione di Londra e a convincerlo a salire sul treno. Forse furono le minacce dei suoi datori di lavoro, non esattamente persone raccomandabili.

No, decisamente nulla di tutto ciò; fu altro.

Seduto sul letto della stanza degli ospiti, nuovamente in possesso dei vestiti con cui aveva viaggiato fino alla misteriosa città, Bryn osservava l'orologio d'argento pendere dall'apposita catenella annodata attorno alle sue dita, e facendolo dondolare percepiva chiaramente il suono di alcuni ingranaggi liberi che si spostavano al suo interno, rotolando, girando, scorrendo. La strana sensazione che non si trattasse di un orologio comune glielo faceva stringere con una certa febbricitante curiosità, ma non aveva ancora capito come farlo funzionare. O come aprirlo. Il coperchio era saldato al bordo, ma dalla piccola finestrella in vetro posizionata al centro di esso si potevano chiaramente vedere il quadrante e le lancette, posizionate ad indicare un'ora precisa: le tre e un quarto.

Prima ancora di bussare, gesto fatto successivamente col solo scopo di apparire moderatamente educata, Mrs. Blaskov irruppe nella stanza con in mano un panciotto fin troppo raffinato per i gusti di Bryn ma che, considerata la sua nuova necessità di una tasca all'altezza dell'ombelico, gli parve più che adeguato.

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