4. L'ereditá

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Proiettata davanti a lui come un film tridimensionale, quasi rigurgitata dalla sua mente contorta in un flash di colori e stelline di carta, comparve la realistica visione di un gruppo di ricconi in frac e nobildonne vestite di nero che lo calpestavano gioiosamente, per poi contendersi a duello il diritto a possedere l'orologio che il suo cadavere ancora stringeva con la propria fredda e sanguinolenta mano destra.

Alcuni uomini si fecero avanti pronti a gettarsi su di lui, le dita tremanti fremevano e prudevano desiderose di stringergli il collo in una morsa letale, ma qualcosa si frappose tra di loro mentre lui, ancora immobilizzato nella propria posizione iniziale, si preparava ad uno scatto che gli avrebbe bruciato la suola delle scarpe; e asciugato i calzini ancora umidi al loro interno.

"Signori, devo chiedervi di calmarvi"

La voce solenne di una donna di forse ventisette anni superò di volume quella dell'orda, e spavaldamente richiamò l'attenzione generale su di sé: Irene se ne stava in piedi al suo fianco, testa alta e mani rilassate lungo i fianchi, come se sapesse che nulla di male le sarebbe potuto accadere; l'agitazione precedente era scomparsa, e al suo posto una carica quasi spaventosa teneva a distanza il resto degli invitati. Non aveva abbandonato la propria posizione, e al contrario fronteggiava la folla con decisione senza preoccuparsi dell'inferiorità numerica.

Certo va sottolineato che Corvo si era istantaneamente posizionato davanti a lei e a Bryn come lo spettro della morte stessa, e che con la sua stazza da gigante delle favole osservava dall'alto tutti i presenti con i suoi occhi vuoti e vitrei, inespressivo e terrificante proprio perché impossibile da decifrare. Ma anche la giovane ex ereditiera faceva la sua meritata figura.

"Fatti da parte!" gridò qualcuno nelle retrovie.

"Signori, voi ora vi trovate nella casa di mio padre, la persona che per un'intera vita vi ha guidati e che si è fatta carico delle necessità della valle; tutta Neferendis in onore dei suoi sforzi dovrebbe togliersi il cappello e mostrare rispetto ..." Bryn lentamente afferrò il proprio e se lo levò, in un gesto del tutto casuale e incerto; forse preparandosi a lanciarlo come diversivo in faccia al barbaro alla testa della marmaglia, un probabile milionario non troppo diverso dagli altri se non per il fatto che era quello con le mani più vicine al collo del giovane; "... dopo una vita di sacrifici è arrivata la sua ora, e il giorno della celebrazione del suo funerale insudiciate il suo nome in questa maniera? Le persone che più di chiunque avrebbero dovuto comprendere la solennità delle sue decisioni, per quanto improbabili e incomprensibili, ora ripudiano le sue scelte e al pari di un gruppo di iene si preparano a sbranare ciò che resta della sua carcassa?

Se queste sono le sue ultime volontà bisogna rispettarle in quanto tali"

"Ma quali ultime volontà! Quell'orologio potrebbe benissimo essere un falso, e se non lo fosse potrebbe essere stato rubato al Barone prima che potesse consegnarlo al suo legittimo nuovo proprietario"

A parlare era stato lo stesso anziano dal bastone di quercia che continuava senza sosta a incenerire Bryn con i propri occhi celesti e freddi come il ghiaccio, e che parevano celare nelle profondità di quel corpo fragile e rugoso un'anima nera come l'inchiostro; a differenza di tutti gli altri pomposi invitati che al momento della lettura del testamento erano scoppiati in un insieme di reazioni violente, rumorose o aggressive, il sinistro gentiluomo si era silenziosamente piazzato al centro della stanza sfuggendo al tumulto, sondando chi lo circondava con la stessa gelida concentrazione di un gufo che si prepara a spiccare il volo per catturare la propria preda.

Per quanto fosse chiaro che appartenesse alla stessa marcia razza di falsi nobili di cui facevano parti gli altri Lord, tutti pronti a macchiarsi del più atroce dei crimini per una banconota di grosso taglio, lui sembrava nascondere una certa maligna astuzia che agli altri mancava, e forse proprio per questo si faceva portavoce dei pensieri della classe dominante.

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