A tempo di musica

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Ad entrambi scappano un sorriso ed un lieve sbuffo, e si stringono un po' di più.
  – Oddio – pronunciano all'unisono.

Personalmente non aveva mai fatto caso alla sincronia che caratterizzava i loro gesti e movimenti quando si trovavano assieme, non fintanto che le persone avevano iniziato a farglielo notare. Mirroring, lo chiamano: una mano passata tra i capelli nello stesso momento, il passo coordinato mentre camminano uno a fianco all'altro, iniziare a ridere insieme ed allo stesso modo, e poi le esclamazioni, proprio come è appena accaduto. Riguardandosi nei video che continuamente qualcuno proponeva, lo trovava quasi assurdo! Sembrava eseguissero una coreografia preparata, muovendosi ad un ritmo che gli altri non percepivano, eppure loro nemmeno se ne rendevano conto.

Ricorda ancora quando, per la prima volta, aveva prestato attenzione al loro passo mentre camminava accanto a Mario per le vie di Verona: gli dava la sensazione di non fare il minimo sforzo, mentre parlavano e si guardavano aveva quasi l'impressione di essere fermo. Quando passeggiava con altri questo non accadeva, doveva sempre accelerare o rallentare la propria andatura, voltarsi leggermente avanti o indietro per parlare, e gli occhi, seppur impercettibilmente, dovevano seguire l'andamento altalenante, sfalsato rispetto al proprio, del proprio accompagnatore. Era un dettaglio minimo, eppure un'ulteriore riprova di quanto fossero complici anche nei gesti.

Si stanno ancora sorridendo allo specchio quando nel silenzio sente flebili le note della canzone provenire dalla sala ristorante: nemmeno a farlo a posta, è proprio la preferita di Mario, Despacito. Mentre si sforza di percepire le parole, pensa a tutte le volte che di persona o in video lo ha visto ballare, e deglutisce rumorosamente attirando l'attenzione dell'uomo stretto a lui. Inizia a muoversi cercando di seguire il ritmo, dapprima solo le spalle, poi il bacino.
  – Non è la tua canzone questa? – gli sussurra divertito.

Mario impiega alcuni secondi a reagire, evidentemente i suoi movimenti lo stanno distraendo, poi piega la testa di lato per tendere l'orecchio e riconosce il brano. Inizia a muovere le gambe ed il bacino assieme a lui, in gesti sempre più ampi, poi porta in alto le loro mani ancora intrecciate, e stringendolo a sé con la sinistra, inizia a sussurrare alcune parole del ritornello, che si infrangono lievi contro il suo collo.

Claudio non ha mai imparato a ballare Latino-americano. Qualche volta Mario ha provato ad insegnargli un paio di passi, ma non appena si cimentavano in qualcosa di più impegnativo ottenevano due possibili risultati: o si sentiva rimproverare con un divertito «Si vede che non sei capace!» ed iniziavano a ridere, oppure si lasciavano coinvolgere un po' troppo dalla sensualità della danza e finivano per perdere il ritmo, nonché la cognizione del tempo...

Si immagina come sarebbe ballare veramente con lui, come ha visto fare a tante ragazze nei mesi passati, ed una vampata di calore dal petto si espande in tutto il corpo. Il fatto che l'altro abbia avvicinato le proprie labbra al suo collo, senza mai perdere il contatto visivo, non lo sta aiutando per nulla a mantenere il controllo. Tuttavia, un movimento più deciso lo fa accorgere che non è l'unico in quella situazione, ed un sorriso sghembo gli si apre in viso, immediatamente ricambiato.

Mario conduce la danza dei loro corpi con tanta naturalezza che Claudio gli si abbandona contro, assecondando i suoi movimenti. È quasi una metafora del loro rapporto: uno dei due guida e l'altro si lascia guidare, senza mai sentirsi sminuito nel cedere il controllo, in un testamento di fiducia reciproca piuttosto che un gioco di potere. Fidati di me, affidati a me. Ed è una sensazione che non aveva mai provato prima di conoscere lui, forse più per scelta che per mancata occasione.

Claudio lo sta ancora guardano immerso nei propri pensieri, quando il ritmo della canzone cambia ed i movimenti si fanno incalzanti, ridestando completamente la sua attenzione.
– Mario... – si sente pronunciare, il tono della voce talmente basso da stupire entrambi.
– Sì? – gli risponde l'altro, con aria innocente.
– Se tu continui così non usciamo più!
– Come vuoi... –
Lo vede annuire, le sopracciglia mosse in un'espressione fintamente seria e corrucciata, subito tradita da un sorriso sornione. Infatti quando il cantante pronuncia quel «Bam bam» non si fa il minimo problema a sottolineare con i passi le parole, gli occhi che gli luccicano divertiti.
– Mario...
Al secondo «Bam bam» Claudio capisce che la sua richiesta di calmarsi è stata presa piuttosto come un invito a proseguire, e perde definitivamente il controllo.

In una mossa decisa scioglie le loro mani intrecciate, e senza liberarsi dalle sue braccia strette in vita si volta. Dopo quelle che sembrano ore, anche se in realtà non possono essere passati che pochi minuti, finalmente sono uno di fronte all'altro. Niente specchi. Quegli occhi neri lo stanno fissando con tanta intensità che sembrano passargli attraverso, sente il suo respiro infrangersi sulle labbra. Lentamente Claudio risale con le mani accarezzandogli le braccia sopra il tessuto leggero, e le appoggia sul suo collo sfiorando le mandibole con i pollici. Lo sente fremere a quel contatto, e lui fa altrettanto quando sente le dita dell'altro appoggiarsi appena sopra il bordo dei pantaloni, sui fianchi nudi sotto la camicia.

Rimane immobile: vuole accogliere ogni minima percezione, ormai il resto della stanza è una macchia sfocata di luce, anche il volto che ha di fronte ha perso i lineamenti. Vede solo i suoi occhi, di se stesso percepisce solo le parti che sono a contatto con lui. Anche la musica è sparita, coperta dal pulsare ritmico del sangue nelle orecchie. Mario inizia a spostare le proprie mani, lo sente avanzare pian piano verso l'alto, conquistando centimetri di pelle che gli sembra bruciare al contatto, mentre lo guarda con aria di sfida. Sta giocando con lui, lo sta provocando consapevole che ormai è al limite, basterebbe così poco...
– Mario, non stuzzicare... – gli chiede, con l'ultimo sprazzo di lucidità che gli resta.
L'altro ferma le proprie mani e chiude gli occhi, appoggiando la fronte sulla sua, l'aria che entra ed esce dai polmoni con soffi rumorosi e tremuli. Poi gli stringe i fianchi in uno spasmo che sa di disperazione, di tormento.
– Clà ti prego, usciamo di qui. Se ti bacio adesso non ti lascio più andare... – lo implora.

Claudio sospira e con gli occhi chiusi gli passa le braccia attorno al collo, attirandolo a sé in uno di quegli abbracci che tolgono il fiato, mentre Mario gli circonda la vita, tuffando la testa tra mento e spalla. «Il mio posto preferito al mondo», gli aveva confessato una sera sul divano: colpito da quelle parole, non era riuscito a fare altro che stringerlo ancora di più, petto contro petto, per fargli sentire il battito furioso di quel cuore che ancora una volta aveva parlato per lui. Come sta facendo ora.

Pian piano i loro corpi sciolgono la tensione, le mani non tremano più, i respiri si fanno più profondi e regolari. Rimangono così, stretti uno all'altro, battito contro battito, a godersi quel silenzio rilassato, finché un rumore insolito li ridesta.
  – Fame Clà? – gli chiede, divertito dal brontolio del suo stomaco vuoto.
  – Ma io ho sempre fame! – gli risponde senza nemmeno pensarci.
  – Andiamo dai su, che mi svieni qui. Poi chi glielo spiega a tutti? – conclude Mario con un buffetto dietro la nuca, ricevendo di rimando solo un mugolio indistinto. E si ritrovano a ridere imbarazzati come due ragazzini.

Sciolgono controvoglia l'abbraccio, e guardandosi negli occhi si scambiano un cenno con la testa, in una muta richiesta: «Tutto a posto? Sei pronto?». I loro sorrisi comunicano una risposta affermativa, sono pronti ad abbandonare quel luogo sicuro e a tornare in mezzo alla gente, consapevoli di essere, in realtà, uno il luogo sicuro dell'altro.

Mario si volta verso l'uscita, e posa la mano sulla maniglia per abbassarla. Prima di aprire la porta, fa un sospiro e tutto d'un fiato dice:
  – Clà, io ho bisogno di te tanto quanto tu hai bisogno di me, non dimenticartelo mai. – poi lascia la stanza.

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Eccomi!

A questo capitolo non aggiungo nulla. Dico solo che si è lasciato scrivere -hanno praticamente fatto tutto loro due!-, e che la tensione e l'intensità della seconda parte ne fanno la mia personale scena preferita...

E ora si torna alla festa, che Claudio ha fame!

Grazie a chi è passato, passa e passerà di qua! <3

Al prossimo capitolo! (Credo sabato o domenica)

PS: I capitoli sono appena diventati 8! Dopo 20 giorni, ispirazione mi colse... ;-)

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