Un anonimo paesino vicino Cordoba, io, la mia famiglia e i miei amici. Era questo ciò di cui vivevo prima di quel giorno che ha cambiato per sempre la mia vita, o meglio che l'ha distrutta per sempre. Eravamo due sorelle e un fratello. Mia sorella Rose era la più piccola della famiglia, ma pur avendo solo quattro anni, aveva il carattere forte di mia madre e l'energia di mio padre. Come me aveva dei bellissimi capelli biondi che le arrivavano alle spalle magroline, come il resto del suo piccolo corpicino, degli occhi verdi che la facevano somigliare a mio nonno e un nasino con cui adoravo giocare. Mio fratello Tyler invece era due anni più grande di me; il solito fratello protettivo e rompiscatole che era geloso sia di me che di Rose. Alto, magro, con i capelli e gli occhi scuri, che grazie al suo fascino riusciva a conquistare anche la più timida ragazza del paese. Lo ammetto. Un po' ero gelosa della sua popolarità e del fatto che piacesse a tutti, però gli volevo un bene immenso. Anche se litigavamo sempre è stato lui ad insegnarmi a parlare bene l'inglese, era un asso nelle lingue a scuola. Per quanto riguarda i miei genitori, Fabio e Kristina, posso dire di non averli apprezzati abbastanza per tutto ciò che hanno fatto per me in quegli otto anni di convivenza. Ho sempre pensato che preferissero me tra tutti i loro figli, magari perché essendo la figlia di mezzo pensavano che avrei potuto apprezzare i buoni comportamenti di Tyler e metterli in pratica e che mi sarei potuta occupare di Rose. Poi c'ero io. E ci sono ancora. Annabelle, la figlia di mezzo. Con i miei capelli biondi e i miei occhi azzurri, sono identica a quello che chiamavo papà. A quell'epoca ero magrissima, perché mangiavo poco e mi muovevo tanto. Non potevamo permetterci tanti pasti al giorno a causa della guerra, che stava avanzando imperturbabile in tutta l'Argentina. Amavo trascorrere il mio tempo a imparare l'inglese, perché in casa mia si parlavano soltanto l'italiano e lo spagnolo, oppure insieme al mio amico Ryan. Lui è stata la prima persona che mi è stata da subito simpatica. Era più basso e più magro di me e sembrava un pulcino con quei capelli biondi, mentre quegli occhi di un azzurro splendente gli conferivano un'aria più giocosa e più conforme a quella di un bambino di otto anni. Sono vivide nella mia mente le immagini dei bagni nei fiumi d'estate, delle corse da casa a scuola e da scuola a casa, dei pomeriggi a ridere sull'erba dei nostri giardini, delle domeniche trascorse nello stadio del paese a guardar giocare il mio adorato cugino. È la domanda che mi pongo da quel fatidico giorno: come può qualcosa di così bello, ridursi in un attimo, letteralmente in cenere e macerie?
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Sono le 8.01 e già ho voglia di tornare a casa. O andare in qualsiasi altro posto. Ma su dai Annabelle, ancora nove mesi e avrai finito anche quest'anno. Giro per i corridoi della mia immensa scuola alla ricerca della mia nuova classe e, con mio grande dispiacere, vedo che l'unica cosa che è cambiata qui dentro sono io. Maya è sempre la stessa Troia dell'anno scorso, quella che non perdeva occasione per rifilarmi qualche battuta velenosa. Stessi tacchi, stesso rossetto rosso fuoco, stessa maglietta scollata e stesso timbro di voce da gallina. Anche Emma si guarda attorno con aria disgustata. Molto probabilmente abbiamo pensato la stessa cosa. In fondo c'è il solito gruppo dei ragazzi popolari che non si girano a guardarti neanche per sbaglio, a meno che non sei come Maya; una Troia in pratica. Non ho mai ambito a questo genere di cose. Mi è sempre piaciuto passare per i corridoi ed essere invisibile agli altri. Osservare tutti non facendomi vedere, ascoltare i discorsi degli altri senza farmi mai gli affari miei. È sempre stato così, anche a cordoba era così, e sarà sempre così. Dopo aver girato tutta la scuola, alla fine troviamo la nostra aula e io ed Emma ci affrettiamo ad entrare per prendere i posti migliori. Terza e ultima fila, ultimi tre banchi vicino al muro, per tenere un posto anche a Marco, e siamo sistemati per tutto l'anno. Stranamente siamo state le prime ad entrare, forse perché nessuno si è accorto del suono della campanella, o meglio, non se n'è voluto accorgere. Proprio come avrei voluto fare io. "Allora Anna, quando mi spiegherai come mai sei sparita per tre interi mesi?" mi incalza la mia migliore amica. "Te l'ho spiegato il giorno dopo che sono partita, Emma. Avevo bisogno di un cambiamento per me stessa e solo stando lontano da qui potevo realizzarlo." rispondo un po' seccata per la domanda a cui le ho già risposto tante volte. "E hai fatto un ottimo lavoro, solo che spero che non rovinerai tutto appena vedrai..." non la faccio neanche finire che la interrompo minimizzando la frase con un gesto della mano "Smettila Emma. Non devi neanche pronunciare il suo nome. Ho chiuso con lui e le sue cazzate quando ho messo piede sull'aereo per Milano. Quindi finiscila con i melodrammi e accetta il fatto che io l'ho dimenticato" le rispondo alzando un po' il tono di voce. Per tutta risposta lei alza le mani in segno di resa e mi abbraccia. "Scusa, non volevo farti arrabbiare. Solo che hai sofferto tanto e non voglio che si ripeta una cosa simile anche quest'anno, capisci?" mi dice facendo gli occhi dolci. "Lo so che ti preoccupi per me, ma ti assicuro che sarà un anno fantastico ok? Non pensare più a quel cretino come faccio io da tre mesi e iniziamo a scarabocchiare i nostri banchi come facciamo ogni anno" concludo sorridendole. Quando vedo che lei ricambia iniziamo a scrivere di tutto e di più; finché una voce che conosco fin troppo bene, non ci distrae dalle nostre 'opere d'arte'. È Maya e sta parlando con qualcuno di cui riconosco la voce, ma che non riesco a ricordarmi a chi appartenga. "Maya la Troia si è trovata un nuovo fidanzatino che le faccia i compiti per la sessione invernale?" bisbiglia Emma al mio orecchio facendomi ridacchiare. "Scommetto 10 euro che è una matricola di primo che si è persa ed è caduta nelle sue grinfie" le dico continuando a ridere. Dopo questo scambio di battute ci alziamo entrambe e ci mettiamo dietro l'armadietto sull'uscio della porta per non farci vedere, ma in modo tale da poter guardare. Ma forse è stata proprio la scelta sbagliata, perché in questo momento preferirei sprofondare e, le lacrime che scorrono sulle mie guance, lo confermano.
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RomanceAnnabelle, 15 anni e un biglietto di sola andata per Roma da un piccolo e anonimo paese argentino. Tanti segreti, tanti problemi e un destino davvero crudele. Luca, 15 anni, aspirante attore, torna a Roma dopo un lungo stage a Los Angeles. Il solito...