Capitolo 8🖇

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Sono stesa sul mio letto da circa un'ora a pensare alla giornata di domani.

Io, che l'ho evitato per quattro lunghi mesi, come farò a starci insieme per un intero pomeriggio? Emma si è offerta di andare al mio posto, ma io ho rifiutato. Non posso rimandare questo momento per sempre, perciò ho deciso di assumermi le mie responsabilità e andarci da sola, senza mandare qualcun'altro al mio posto.

Pensando e ripensando però mi rendo conto di essere terrorizzata all'idea di dover fare una cosa del genere, con la persona che più vorrei tenere lontana da me. Non sono mai stata una ragazza impulsiva, di quelle che si buttano a capofitto in una situazione, senza pensarci due volte, senza pensare alle conseguenze . Io sono sempre stata l'opposto. Ogni qual volta che devo prendere una decisione ci penso per giorni e giorni, faccio pro e contro e alla fine non sono neanche del tutto sicura della mia scelta. Ma io non parlo di decisioni importanti come se andare all'università o fermarmi al liceo, proprio no. Io parlo di dubbi come se prendere il toast o il cheesburger al Mc Donald's.

Mi ricordo che mia mamma mi diceva sempre che ero un'eterna insicura. Mi diceva che il carattere l'avevo ereditato da mio padre. Lei giustificava questa nostra estrema insicurezza nel prendere decisioni perchè ci preoccupavamo troppo degli altri: delle loro opinioni, della paura di ferirli e quindi ci ostinavamo a pensare e pensare e ancora pensare quale fosse la scelta migliore non per noi, ma per gli altri. Fondamentalmente non sono cambiata, sono sempre quella bambina di otto anni che decide di giocare a nascondino anche se non le piace solo per far contento il suo migliore amico.

E adesso mi ritrovo a fare i pro e i contro sull'andare domani pomeriggio in quella maledettissima scuola. Non che ci siano molti pro, ma alla fine decido di andare e di smettere di torturarmi inutilmente. Dopo un bel po di tempo mi addormento con il pensiero di due occhi marroni fissi su di me e un ormai familiare bruciore allo stomaco.

Il suono della campanella arriva troppo in fretta e io non sono pronta per affrontare questa situazione. Ci ho pensato per cinque ore e non ho ascoltato neanche una sola sillaba, cosa molto insolita per una che prende appunti per ogni cosa che ascolta.

"Ehi miss perfettina la campanella è suonata perché te ne stai lì impalata?"

"Infatti Luca, la campanella è suonata perché non ti fai gli affari tuoi e te ne vai a casa?"

Perfetto. Colpito e affondato. Lo guardo sbuffare e andarsene ma non prima di aver affermato a bassa voce ma in modo da farsi sentire "qui qualcuno è nel suo periodo."

Coglione.

Sono le 13 e la preside ci incontrerà in Aula Magna alle 15 per darci tutta l'attrezzatura, ma io ho deciso di rimanere a mangiare qualcosa a scuola senza tornare a casa perché non ne valeva la pena.

Ne approfitto per svolgere i miei compiti e mangiare il mio panino con mozzarella e pomodoro e poi mi reco nel luogo stabilito. Sono le 15 in punto e nè di Simone nè della preside ci sono tracce. Ottimo modo per iniziare il pomeriggio. Tra uno sbuffo e l'altro finalmente li vedo comparire dall'entrata secondaria della scuola con tutto l'occorrente tra le mani.

"Scusa se siamo arrivati in ritardo, ma ho incontrato Simone nei corridoi e nessuno dei due sapeva dove fossero finiti i bidelli" si scusa la preside mentre Simone tiene gli occhi fissi su di me.

"Non si preoccupi, non c'è problema. Adesso noi andiamo così prima iniziamo prima finiamo" le rispondo iniziando a prendere scopa e paletta.

"Perfetto ragazzi, ci vediamo domani e buon lavoro" dice andandosene e facendoci l'occhiolino.

Beata lei che ha voglia di scherzare, io vorrei solamente essere il più lontano possibile da qui.

Ci incamminiamo verso l'ala della scuola in cui ci sono più aule in totale silenzio. Ma non uno di quei silenzi piacevoli che ti rilassano. No, uno di quei silenzi che creano imbarazzo, in cui i pensieri si aggrovigliano facendoti venire il mal di testa. Un silenzio a dir poco assordante.

Appena entriamo nella prima aula per iniziare il nostro 'fantastico lavoro di coppia' sento un rumore strano e, quando mi volto, noto che Simone ha chiuso la porta e ci si è appoggiato.

Esordisce con un "Dobbiamo parlare" e io per tutta risposta gli volto le spalle e inizio a fare il mio lavoro. Passano un paio di secondi che lo sento afferrarmi il polso costringendomi a voltarmi.

"Sei impazzito? Mollami subito, non ho proprio nulla da dirti" gli dico a pochi centimetri dal suo viso. Vedo che non accenna a mollare la presa e continua a fissarmi tanto da farmi arrossire come al solito. Poi dal nulla dice due parole che hanno il potere di scatenare in me una vera e propria tempesta:

"Mi dispiace."

Lo fulmino con lo sguardo e lui se ne accorge, infatti indietreggia. Perché di una cosa sono sicura: se gli occhi avessero il potere di ucciderlo, lui sarebbe già morto.

"Ti dispiace? Per cosa esattamente ti dispiace? Perchè me lo stai dicendo dopo quattro fottutissimi mesi o perchè sei consapevole di aver fatto un'enorme cazzata e adesso ti senti in colpa?"

Non se l'aspettava questa mia reazione perchè noto che ha lo sguardo rivolto al pavimento e ha iniziato a toccarsi i capelli, segno che è nervoso o dispiaciuto.

"Cosa c'è? Non te l'aspettavi una mia sfuriata del genere dopo quattro mesi che non hai sentito la mia voce? Te la ricordavi almeno?"

Non ce la faccio proprio più a sostenere questa situazione, quindi chiudo gli occhi e sento delle lacrime rigarmi il viso. Non avrei voluto piangere, ma è stato inevitabile. Io lo amavo e forse lo amo ancora e averlo davanti a me che mi chiede scusa dopo quattro lunghi mesi è davvero dura da reggere.

"Annabelle ti prego non piangere. Lo so che sono stato uno stronzo, un coglione, però ti prego perdonami. Lo so che non ti merito, che sono arrivato troppo tardi e tutto quanto, ma se è vero come dici che ti manco prova a perdonarmi, ti prego" quando finisce vedo che ha gli occhi lucidi e il marrone è quasi sparito, coperto dal nero della pupilla.

So che dice la verità, so che è pentito, ma io non ho ancora finito.

"E non pensi che anche a me sia dispiaciuto quando mi hai mollata con una scusa del cazzo? Non pensi che avrei avuto bisogno di te? Cazzo Simone, ma ti ricordi com'ero? Ero una ragazzina piena di insicurezze che si faceva mettere i piedi in testa da tutti, che piangeva sempre e pensava che da un momento all'altro le persone che le volevano bene se ne sarebbero andate. Come hai fatto tu. Dopo un intero anno te ne sei andato lasciandomi a pezzi, letteralmente. Ho dovuto ricostruire tutto da sola e non credere che ci sia riuscita completamente solo perchè mi vedi bella e raggiante."

Faccio una pausa per ricacciare indietro le lacrime e poi continuo distogliendo lo sguardo dai suoi occhi. Altrimenti cederei, ne sono certa.

"Non riesco a perdonarti per il momento, mi dispiace" e detto questo me ne vado in un'altra aula lasciandolo proprio come lui ha fatto con me quattro mesi fa: solo e a pezzi.

Simone's POV

Non so neanche spiegare come mi sento in questo momento.

Forse distrutto è la parola più giusta da usare. Come quando arriva un uragano e si porta via tutto: case, alberi, vite. E' proprio così che mi sento. Privo di vita. Perché Annabelle è proprio questo: un uragano in grado di portarti via tutto, di ridurti in pezzi. Ma di certo non la biasimo. L'ho abbandonata nel momento più difficile per lei e adesso pretendo che mi perdoni dopo quattro mesi che non mi sono fatto vedere. Però vederla piangere mi ha davvero fatto sentire una merda. Io voglio vederla star bene, mentre ride, mentre si diverte, anche senza di me.

Sono sicuro che pensi che l'abbia lasciata sola perchè non ricambiavo i suoi sentimenti. In realtà cercavo solamente di diventare popolare e poi sarei tornato da lei. Perchè io mi sono innamorato di lei ancor prima che diventasse così bella, quando tutti la prendevano in giro. Io l'amavo per quel che era: quella ragazzina che mi guardava come fossi la cosa più bella che le fosse capitata, così insicura, fragile, ma capace di darti il mondo. Io l'amavo e quando mi ha confessato di amarmi sono scappato come il coglione, perchè avevo paura che prima o poi l'avrei fatta stare male. Credo che sia stato lo sbaglio più grande della mia vita. Ma tutti possono rimediare ai propri sbagli. Io l'amavo e la amo ancora e giuro su Dio che me la riprenderò, costi quel che costi.

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