Eccolo. E' proprio lui. Il fantastico suono della campanella che ci avvisa che, per nostra grande fortuna, questa prima settimana di scuola è finita. Maya ha pensato bene di evitarmi tutti e sette i giorni, infatti oltre ad inviarmi ripetute occhiatacce, non si è mai avvicinata a me. Forse ha finalmente capito che non sono più la stessa persona dell'anno scorso, quella che si faceva trattare come fosse una pedina. Lo spero per lei, altrimenti glielo farò capire con un altro bel discorsetto come quello dell'altra volta. Parlando di cose serie finalmente è sabato, il mio giorno della settimana preferito. L'unica cosa che mi dispiace è che stasera non potrò uscire con Emma e Marco perché vanno a prendere entrambi all'aeroporto il fratello della mia migliore amica, Luca. Emma me l'ha chiesto più volte, ma ho sempre rifiutato. Preferisco rimanere a casa a mangiare una pizza e guardare le mie adorate serie tv su netflix; ne sono diventata dipendente non lo nego.
"Non vedo l'ora di avere diciotto anni, almeno potrò guidare una macchina tutta MIA, essere libero di andare dove VOGLIO e soprattutto potrò ascoltare le canzoni che mi PIACCIONO." sbuffa Marco sottolineando in particolar modo alcune parole.
"Non è colpa mia se non apprezzi le fantastiche canzoni anni 80' che hanno conquistato il mondo" risponde prontamente Cecilia.
"Appunto mamma, si chiamano canzoni anni 80' perchè andavano di moda quasi quarant'anni fa. Adesso siamo nel 2017, aggiornati. Ai ragazzi piace ascoltare musica rap, si ascoltano guè, gemitaiz, ghali. Solo artisti innovativi." controbatte Marco in modo poco carino.
Io e Emma ce ne stiamo in disparte a ridere come ogni giorno per le loro discussioni. Non passa minuto che non discutano di cose futili come la forma delle nuvole o il menu del pranzo. Ma alla fine si vede da chilometri che si vogliono un gran bene e, sia io che Emma li invidiamo un sacco. Mancano ad entrambe i nostri genitori e, pur essendo in situazioni completamente diverse, guardiamo con il cuore pesante e le lacrime agli occhi quei piccoli dibattiti quotidiani.
Da bambina, quando ancora vivevo in Argentina, assistevo sempre alle litigate tra Tyler e mamma e papà. Aveva dieci anni, ma pretendeva già di essere indipendente, libero. Pretendeva di uscire tutti i giorni con gli amici fino a tarda serata, pretendeva di poter bere vodka fino a star male per uno stupido gioco, pretendeva di fare il primo tiro con la sigaretta, di avere non una ma tante fidanzate. Mio fratello era un tipo abbastanza ribelle, disobbediva spesso ai miei genitori e per questo assistevo molte volte ad accese discussioni che terminavano sempre con i miei genitori che scuotevano la testa e mio fratello che saliva le scale come una furia e si rifugiava in camera sua sbattendo la porta. "Ora sai quello che non devi fare" mi ripetevano sempre. Io non sono mai intervenuta. Me ne stavo lì, mi facevo piccola piccola e ascoltavo.
Io sono sempre stata il contrario di Tyler, anche alla sua età. Non ho mai avuto molte pretese, non avevo molta voglia di uscire il sabato a fare baldoria e non avevo voglia di fare esperienze nuove. Il sabato è sempre stato il pizza-day: facevo la pizza fatta in casa insieme alle mie zie e poi si aggiungevano anche Marco e Emma e invitavamo alcuni dei nostri cugini. Sono sempre stata una persona semplice. Una persona che si accontenta di poco. Non so perché, ma questa tradizione si è un po persa. Però di solito il sabato io,Emma e Marco usciamo e andiamo in centro. Facciamo lunghe passeggiate, mangiamo qualcosa lì e a volte facciamo gli stupidi facendo foto o giocando a giochi strani. Qualche volta invitiamo anche Veronica e Lucia, che sono due ragazze simpatiche e di cui mi fido, anche se molto spesso si fanno influenzare dall'ambiente che hanno attorno e dalle persone che frequentano.
Non ci credo. Finalmente sono a casa. Appena entro un buonissimo profumo invade le mie narici. Non dirmi che hanno cucinato..
"Annabelle, tesoro, finalmente sei a casa. Siccome è sabato e tutta la settimana sono stata assente, ho deciso di prepararti le lasagne, dato che so che sono il tuo piatto preferito."
Subito emetto un gridolino di gioia e salto addosso a mia zia Lia. Decidiamo di sederci e abbuffarci, finalmente.
Non l'ho mai ammesso, ma mia zia Lia è davvero la persona che più preferisco tra i miei parenti, dopo il mio splendido cugino ovviamente. E' una donna bassina, con i capelli biondi a caschetto, gli occhi nocciola e un paio di occhiali rossi sul piccolo nasino all'insù. Non si è mai sposata, nè ha mai avuto figli. Lei era amante della sua libertà, ha viaggiato in lungo e in largo grazie al lavoro di party planner che adesso svolge, però solo nella nostra città. Ha sempre avuto un animo ribelle e credo proprio che mio fratello abbia ereditato il suo carattere da lei. Le sono sempre piaciuti i bambini, così dopo aver accolto me nella sua casa, ha anche adottato un bambino a distanza, che ogni tanto viene a farci visita. Si chiama Nameth ed è davvero troppo carino, con la sua pelle olivastra, i suoi grandi occhioni neri e le sue guanciotte sempre rosse.
Dopo aver finito di pranzare aiuto mia zia a sistemare tutto e lei va a lavoro, mentre io mi chiudo in camera e inizio ad ascoltare musica... Ma poi inizio a pensare. Inizio a pensare a martedì. Allo sguardo di Simone che bruciava sulla mia pelle, come un fuoco appena acceso. Perché mi guardava? Perché mi ha sorriso? Ok, magari sono io che mi sto facendo tanti film mentali. Magari era sovrappensiero per qualcosa di bello che gli provocato un sorriso. E che gran sorriso mi ricorda prontamente la mia coscienza. Stronza.
Tra un episodio e l'altro di 'Orange is the new black' il tempo scorre inesorabile e sono già le 20.00, e sono sempre sola a casa. Sbuffo sonoramente e, mentre sto per ordinare una pizza, il mio cellulare inizia a squillare insistentemente facendo apparire la foto di Emma con le patatine in bocca. Tutto ciò mi provoca una risata e, prima di rispondere, mi godo la vista della faccia buffa di Emma.
"Pronto Emma dimmi" rispondo con un tono di voce neutrale.
"Ma sei sorda per caso? E' ildecimo squillo che faccio, dove cavolo lo tieni il telefono?" mi aggredisce gridando Miss patatine in bocca.
"Beh scusa tanto se non ho risposto al primo squillo" controbatto alzando gli occhi al cielo.
"Comunque dimmi, che c'è?"
"Volevo solo avvisarti che siamo in macchina e stiamo tornando dall'aeroporto, cambiati che fra dieci minuti devi essere a casa mia perchè ho ordinato le pizze, ciaooo."
Grandioso. I miei piani di una serata tranquilla e in solitudine sono saltati. Adesso mi tocca anche conoscere il fratello di Emma.
Mi faccio una doccia veloce e poi mi asciugo per cambiarmi.
Mi preparo indossando un vestitino nero a fiori abbastanza semplice e le mie fedeli ballerine bianche che si intonano alle margherite dell'abito. Mi arriccio i capelli perché sono in uno stato pietoso, mi metto un filo di lucidalabbra alla ciliegia e ho finito. In ritardo di cinque minuti, ma non fa nulla. Almeno la mia cara amica imparerà ad avvisarmi con un po di preavviso la prossima volta.
Esco dalla finestra e controllo se l'allegra famiglia è arrivata a casa. Vedendo che le luci sono accese, con uno dei miei movimenti acrobatici entro dalla finestra di casa sua e mi ritrovo nel suo grande salone. Inutile dire che faccio un gran rumore e tutti si girano verso di me e, ciò che mi trovo davanti è davvero incredibile...
Un ragazzo alto un po più di me, con dei capelli biondi che sembrano tanto morbidi, delle labbra piene con un piercing nella parte inferiore e degli occhi azzurri. Occhi azzurri uguali a quelli della sorella. Un azzurro così intenso e profondo che riesce a farmici perdere dentro. Un azzurro diverso da quello dei miei occhi, ormai spenti e della tonalità dei ghiacciai antartici.
Ci guardiamo per quelli che possono essere secondi, minuti, ore. Quando sta iniziando a passarmi per la mente l'idea che magari non è poi tanto male come pensavo, lui pronuncia la sua prima frase da quando sono arrivata:
"Cos'hai da guardare? Hai appena visto ciò che tanto vuoi ma non avrai mai?"
Perfetto, ha rovinato tutto.
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RomanceAnnabelle, 15 anni e un biglietto di sola andata per Roma da un piccolo e anonimo paese argentino. Tanti segreti, tanti problemi e un destino davvero crudele. Luca, 15 anni, aspirante attore, torna a Roma dopo un lungo stage a Los Angeles. Il solito...