Cap 11

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La tirai  per farla scendere dal tavolino, ma inutilmente poiché un tipo la teneva stretta a sé, baciandola con foga.

Dovetti usare le maniere forti.

Tolsi quella sottospecie di ragazzo da Martina e gli diedi un pugno in pieno viso.
Barcollò all'indietro e cadde dal tavolino ridendo, ubriaco per com'era. La mora si voltò verso di me e mi si lanciò addosso.

<<Voglio vedere Tommaso, devo parlargli>> mi disse con voce tremolante.

<<Ma non ho idea di dove sia>> provai a spiegarle con calma.

<<No! Ti prego Andrea, portami da Tommaso>> piagnucolò aggrappata al mio braccio.

Optai per accontentarla, dal momento che sembrava non aver intenzione di smetterla di comportarsi da bambina.

<<Chi è?>>

<<Andrea. Scendi un attimo. È urgente>> dissi al citofono mentre reggevo a stento Martina, che si dimenava come una dannata.

<<Sono le 4 del mattino cazzo!>> sbraitò.

<<T'ho detto che è urgente>> cominciavo ad incazzarmi anch'io.

Tommaso riattaccò subito dopo aver sbuffatto sonoramente.

Mi distanziai un attimo da Martina, giusto il tempo di chiudermi la zip della giacca, perché faceva un freddo cane.
Ma questa cadde come una pera, schiantandosi con la faccia a terra.

Mi venne parecchio difficile rialzarla in quanto rideva come una scema senza accompagnare i miei movimenti.

<<Ma che cazzo>> Tommaso arrivò all'improvviso facendomi trasalire. Per la paura che provai, lasciai il braccio della mora, la quale si ritrovò con il fondoschiena nel marciapiede per l'ennesima volta.

Il mio amico la sollevò senza sforzi per poi aiutarla a tenersi su.
Forse io non ero riuscito a metterla in piedi perché non era ancora svanito l'effetto dell'alcool.

<<Quindi?>> chiese nervoso mentre il peso di una Molinari ubriaca, gravava nella parte destra del suo corpo.

<<Beh..parla con lei. Voleva vederti..Che cazzo ne so!>> non riuscì a capire il motivo della mia rabbia e nemmeno provai a chiedermi il perché, ma al mio amico sembrava non interessare. Si voltò verso Martina in attesa di una risposta che non tardò ad arrivare.

<<Scusa Tommi, io non volevo che tu lasciassi la scuola per colpa mia. Non sono mai riuscita a chiederti scusa p-perché sono una cogliona troppo orgogliosa. Ma so che è colpa mia,anche s-se tu hai sempre detto in giro di esserti ritirato perché la scuola ti aveva stu-stufato. Io so la verità Tommi!>> con voce tremolante ed interrotta da qualche singhiozzo dovuto al pianto eccessivo, recitò il suo discorso di scuse, riguardanti una causa che non mi era dato sapere.

Gli occhi verdi del mio amico si posarono su di me e da quello sguardo capì che non voleva che io sapessi ciò che Martina probabilmente avrebbe detto, se solo lui non l'avesse interrotta prima.

<<Va bene Marti, scuse accettate. Ora smettila di fare così..>> coinvolgendo la ragazza in un caloroso abbraccio, pronunciò queste parole false, che si capiva fossero state dette solo per far si che Martina non rivelasse il segreto.

Feci finta di niente ed aspettai che finisse il loro momento di dolcezza per poi accompagnare la tipa alla "Reggia Molinari".

<<Tutto ok?>> le chiesi prima che scendesse dall'auto.

In tutta risposta mi circondò con le sue braccia magre e mi strinse a se.

Rimasi quasi sbalordito dal gesto. In effetti un ubriaco è sempre pronto a sorprendenti!

Misi in moto sperando di non incontrare posti di blocco, e per fortuna il tragitto per tornare a casa, fu abbastanza tranquillo.

I problemi arrivarono la notte.

Disteso sul letto non avevo pace e rotolavo a destra e sinistra in cerca di una posizione comoda. Ma il materasso, che da sempre avevo apprezzato per la sua morbidezza, quella notte sembrava fatto di cemento e mattoni. Aveva la stessa consistenza della mia "Testa dura", come diceva sempre mia nonna. MAI le diedi tanta ragione come quella notte in cui mi dannavo da un lato all'altro del letto.

In cuor mio sapevo la causa. Ciò che avevo cercato di reprimere per tutta la sera, adesso mi stava salendo in gola pronto ad uscir fuori. Cos'era? Sensi di colpa.

Si perché a causa mia Martina si era quasi spogliata nuda sopra un tavolo, aveva tradito mio fratello baciando uno sconosciuto, e si era lanciata tra le braccia di Tommaso in cerca di perdono.

Tutto questo perché avevo corretto la sua bevanda in modo da poter andare via con Elena. Tutto questo per vincere l'ennesima stupida sfida che avevo lanciato contro me stesso. Tutto questo per saziare un'altra volta il mio orgoglio.

Non osai immaginare in che modo Molinari si sarebbe vendicata. Preferì reprimere il pensiero di vederla scagliarsi contro di me, pronta ad uccidermi a morsi.

E come ero solito fare nelle mie notti bianche, mi ingozzai di sonniferi rubati alla nonna per riuscire a dormire su quel macigno.

Inutile poi parlare del risveglio traumatico:
un mal di testa colossale dovuto alla mia stoltezza nell'aver ingerito troppo medicinale a cui si aggiungeva "l'emicrania" dovuta hai postumi della sbornia.

Era dimenica 20 Dicembre, l'orologio segnava le 16:40 del pomeriggio ed io mi trovavo avvolto in un piumone, incapace di agire.

L'unica cosa che fui in grado di fare, fu prendere il telefono per controllare che ci fosse qualche minaccia inviata da Martina.

Fortunatamente, o forse non troppo, la chat con Martina, memorizzata Marta (perché lei odiava essere chiamata così), non presentava alcuna notifica.

Così girai il cuscino dal lato freddo, mi rimboccai la coperta, e tornai a dormire.

Non penso mai a te Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora