Cap 12

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Avevo fatto qualcosa di sbagliato nella mia vita precedente? Perché davvero, mi era difficile capire che cazzo di problemi avesse il mondo contro di me.

Sembrava quasi che qualcuno o qualcosa, si divertisse dall'esterno a vedermi patire le pene dell'Inferno.

Era lunedì mattina ed io amavo il lunedì mattina, e nonostante non avessi chiuso occhio per tutta la notte, in quanto avevo stupidamente dormito tutto il pomeriggio, non credevo che quel primo giorno della settimana sarebbe stato meno piacevole rispetto agli altri.

Quando arrivai a scuola, sfoggiando delle meravigliose occhiaie così grandi da strisciare nel pavimento sporco del cortile esterno, ero la persona più felice del globo.

Finché non vidi ciò che mi ridusse in polpette. La vidi per colpa di Giuseppe, che si premurò di indicarmi un punto preciso alle mie spalle che non mi sarei dovuto perdere per nessun motivo al mondo(parole sue). Ma diciamoci la verità, l'avrei vista comunque.

Gli studenti le facevano spazio un po' come si aprirono le acque al passaggio di Mosè e del popolo ebraico. Tutti con i volti estasiati non facevano altro che bruciare pezzo per pezzo, ogni singola parte del corpo di Martina.

E tra quei maliziosi pervertiti, c'ero anche io. Pietrificato a fissare la sua perfetta entrata nell'Istituto. Era di una bellezza tremenda, fatta per essere guardata e non toccata. Infatti, ero pronto a rompere le dita a chiunque si fosse azzardato anche solo di sfiorarla.

<<Mi sono perso qualcosa?>> Giuseppe mi risvegliò da quell'incanto.

<<Mi trovo nella tua stessa situazione amico>> risposi non distogliendo lo sguardo da quelle lunghe gambe sode che salivano le scale dell'ingresso, come se stessero sfilando in una passerella.

Martina scomparve dietro il grande portone della scuola ed allora e solo allora, decisi di ricambiare lo sguardo di Peppe.

<<Dovrebbe combinarsi in questo modo più spesso>> le sue pupille brillavano, un po' come tutte quelle degli altri ragazzi che avevano assistito alla scena.

<<Non ti eccitare troppo>> lo canzonai indirizzandomi verso l'entrata.

Elena mi affiancò per tutto il tragitto nel corrodoio senza proferire parola ma tentando più volte di afferrarmi la mano.

Era davvero fastidiosa, e per quanto mi dispiacesse non ricambiare i forti sentimenti che aveva avuto il coraggio di confessarmi la sera della festa, evitai in tutti i modi di far intrecciare le nostre mani.

La mia classe contava le 18 persone, ma quella mattina era stracolma di alunni, provenienti da altre classi, intorno al banco di una Molinari imbarazzata che con qualche movimento impacciato cercava di nascondere le parti del suo corpo troppo esposte.

Riuscì a farli andare via con ridicole minacce del tipo "lo dico alla tua fidanzata" oppure "ho già chiamato la tua ragazza", dettate da un irrefrenabile istinto fraterno.
Non potevo permettere che la ragazza di mio fratello venisse sconcicata in quel modo.

Mi rimisi a sedere dopo che Martina mi balbettò un poco udibile 'grazie'.
Di certo un semplice segno di gratitudine non avrebbe fermato il fuoco che sentivo bruciare dentro di me.

Perché diavolo sei era vestita così? Mi sarebbe piaciuto davvero ma davvero tanto sapere per quale motivo stava imitando lo stile delle sue coetanee che tanto disprezzava.

Ammetto che le adolescenti mezzenude erano sempre state di mio gradimento, ma lei era troppo.

Troppo scoperta, troppo al centro dell'attenzione, troppo sconcicata, troppo tutto. E il troppo stroppia, si sa.

Non penso mai a te Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora