Capitolo 3

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Parigi, 2 settembre 1939 ore 02:35

La notte scese velocemente su Parigi, avvolgendo nelle spire del silenzio e dell'oscurità le sue case e i suoi abitanti.

Se la Francia fosse entrata in guerra ben presto ci sarebbe stato un coprifuoco a incombere gravemente nelle vite dei cittadini e le avrebbe limitate a semplici esistenze.

Nonostante Parigi fosse una città dal fascino inesauribile e i vicoli fossero perfetti per passeggiare al chiaro di luna, metà popolazione sembrava dormiente e si riposava dopo una faticosa giornata di lavoro.

Non proprio tutti, però, dormivano. Nonostante alcuni di loro il giorno dopo sarebbero dovuti tornare alla realtà dei loro lavori e altri si preparavano ad affrontare una giornata che avrebbe cambiato in qualche modo la loro vita, per alcune persone era davvero impossibile abbandonarsi alle braccia di Morfeo.

La cittadina ripiombava negli echi assordanti di mormorii sommessi e risatine flebili che si libravano nell'aria.

Quello era l'orario degli innamorati.
Chi non aveva potuto incontrarsi durante la giornata, utilizzava le ore notturne per farlo.

Le ragazze sgattaiolavano, sprezzanti del guaio in cui si stessero cacciando, dalla finestra della propria camera e accorrevano, come avevano fatto già tante volte, al luogo dove s'erano date appuntamento con il proprio amato.

L'incoscienza di quegli amori così giovani e ingenui fece sorridere Kathrein che si trovava appollaiata sul dondolo della veranda.

A volte si domandava come sarebbe stato il suo rapporto con Diedrich se lei non fosse stata la figlia di Heinfried e se lui non fosse stato così votato al regime del Reich. Si chiese se sarebbe stato ugualmente difficile e se lui avrebbe comunque adottato un atteggiamento schivo nei suoi confronti. Ma queste erano risposte che non le era dato sapere, perché di quei amori spensierati e giovanili il loro non aveva nulla.

Per qualche assurdo motivo, non sarebbe mai riuscita ad accostare la parola "innocenza" al loro fidanzamento, perché Diedrich era tanto bello quanto tremendamente complicato e al tempo stesso enigmaticamente tentatore.

L'aria pungente le pizzicava le clavicole, ma la sensazione di pace e tranquillità che quel momento le stava donando la fecero beare e sprofondare nella coperta in cui si era avvolta prima di uscire sul portico.

Da quella posizione poteva vedere la torre Eiffel risplendere di una luce nuova quella notte e non poté fare a meno di crogiolarsi nel tepore di una vita che le stava scivolando via, inevitabilmente e senza che potesse fare nulla per riafferrarla.

Sebbene fossero molti i pensieri che le martellavano nella testa, aveva messo a tacere ogni disturbo e si godeva quegli ultimi momenti di pace prima di dire addio alla Francia.

Non aveva fatto in tempo a salutare Antoine e il resto degli anziani che vendevano i beni di prima necessità al mercato delle spezie. Ma forse era stato meglio così, perché avrebbe reso tutto più reale e difficile da accettare.

Eppure c'era qualcosa, un ronzio, che più degli altri premeva affinché lei gli dedicasse la sua attenzione. Il pensiero di alcune parole utilizzate da suo padre nella lettera.

Aveva parlato di "momento di difficoltà per la Germania" e la cosa l'aveva inorridita terribilmente dato che era stata proprio questa a dichiarare guerra.

"Così tipico della Germania, attaccare e farsi vittima" pensò mentre con un piede spingeva a terra per dondolare la sedia su cui si trovava.

I segreti del Terzo ReichDove le storie prendono vita. Scoprilo ora