jungle's voice

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Quella mattina Magnus si svegliò all'alba, non di sua spontanea volontà. Izzy, infatti, aveva fatto irruzione nella sua stanza, se stanza si può definire, facendo un gran chiasso e buttandolo giù dal letto, non senza delle proteste da parte del diretto interessato. Erano le cinque di mattina, gli uccelli cinguettavano...e Magnus stava dormendo in piedi. Non era abituato a svegliarsi così presto, di solito si svegliava verso le undici, faceva colazione con la più assoluta calma nel suo appartamento, arredato secondo il suo singolare gusto, e si dedicava allo studio dei suoi appunti, finché non arrivava il momento di andare ad una di quelle feste che tanto amava. Quella mattina era proprio un disastro: a causa del poco sonno erano presenti grosse occhiaie violacee sotto i suoi occhi, i capelli neri erano scompigliati e gli ricadevano sulla fronte. Magnus prese uno specchio che teneva in valigia e, dopo essersi vestito con abiti più leggeri del giorno precedente, ma pur sempre nel suo stile, cominciò ad aggiustarsi i capelli con un po' di gel e a coprire le occhiaie con del fondotinta. Ovviamente poi non poteva mancare una punta di glitter sugli occhi, sopra il kohl, che delineava gli occhi a mandorla. Fatto questo, uscì dalla sua stanza e trovò Izzy, Jace e Sebastian intenti a fare colazione.
Venne accolto dalla voce di Isabelle: — Buongiorno Mags! Dormito bene?— il tono canzonatorio si poteva sentire a chilometri di distanza. Magnus le rivolse un'occhiata truce e si mise a mangiare. Per quella è per molte altre mattine avrebbero mangiato solo pane con marmellata, non esattamente ciò a cui era abituato, ma riconobbe che poteva andargli peggio, perciò ringraziò mentalmente chi aveva fatto la spesa per le provviste.
A metà della colazione Izzy si alzò in piedi è proclamò con tono solenne: — Oggi ci metteremo subito al lavoro! Jace, tu metterai a posto le ultime cose da sistemare del campo base e taglierai la vegetazione che ci impedirebbe i movimenti nel caso dovessimo salire qui in fretta, fatto che è molto probabile capiti— a quelle parole a Magnus venne una stretta al petto, forse paura, e si rabbuiò, ma Izzy non parve notarlo e continuò il suo discorso — Sebastian, tu provvederai a mappare meglio la zona qui intorno, mentre Magnus— disse indicando il soprascritto — andrà in esplorazione a vedere se riesce a trovare l'ubicazione del branco di scimmie urlatrici che dimora qui vicino e ci riferirà ciò che vede. Io mi occuperò di fare rapporto e di ordinare gli appunti e le altre scartoffie, intesi? — disse con un tono severo che non ammetteva repliche. Tutti annuirono, chi con entusiasmo e chi con cupa rassegnazione. La seconda categoria, ovviamente, era composta solo da Magnus. Difatti Magnus aveva davvero sperato che Isabelle lo lasciasse occuparsi dei documenti, pratica che, seppur noiosa, gli avrebbe permesso di non uscire da quella tenda. Finita la colazione, si diresse verso la parte della stanza adempita ad essere un bagno, che, in realtà, consisteva in un catino e in una bacinella d'acqua per lavarsi, dato che non avevano l'acqua corrente, e si lavò di denti. Quando ebbe finito, nella stanza entrò Jace, che si mise a pettinare i suoi capelli biondi ossigenati con fin troppa enfasi, ci mancava solo che si mettesse a fargli i complimenti con la voce in falsetto. Uscì dalla stanza prima che ciò accadesse, non era pronto per quelle stranezza, non a quell'ora.
Nel giro di mezz'ora erano tutti pronti e si erano riuniti all'entrata della tenda, attendendo ordini da Isabelle.
— Bene, ciurmaglia! Potete cominciare. Vi voglio qui entro il tramonto, mi raccomando. Oh, e, Magnus— disse facendo voltare il diretto interessato mentre gli altri si preparavano a svolgere ciascuno i propri compiti. Questi la guardò con sguardo interrogativo — non fare tardi— concluse con un sorriso a trentadue denti. Magnus l'avrebbe sicuramente incenerita con lo sguardo, se questa non fosse stata una delle sue più care amiche. Cominciava a pensare che forse doveva trovarsi degli amici migliori, o, almeno, che non lo trascinassero nel bel mezzo della foresta senza il suo consenso e senza un minimo di preavviso.
Mentre scendeva la scalinata si ritrovò a pensare alle conseguenze che sarebbero sfociate se si fosse buttato da quell'altezza, magari si sarebbe rotto qualcosa e  e avrebbe potuto rimanere a studiare i suoi fogli  pieni di appunti. Pur di non andare in giro per la giungla avrebbe fatto di tutto...beh, forse non proprio tutto, ma la maggior parte del cose.
Mentre pensava a questo si accorse che era già arrivato a terra. Vorrà dire che il suo piano per rompersi le costole verrà messo in pratica un'altra volta.
Magnus si avviò con passo rassegnato verso la direzione che, a detta della mappa che Izzy gli aveva dato in dotazione, era diametralmente opposta a quella dalla quale erano venuti.
Si mise la mappa in una delle tasche del suo cappotto giallo canarino e iniziò a farsi strada tra le fronde degli alberi.
I capelli cominciavano già ad afflosciarsi sulla sua fronte per l'umidità. Sarebbe stata una lunga giornata, pensò Magnus con una punta di depressione.
Camminava ormai da un'ora e il paesaggio gli sembrava tutto uguale, le stesse liane, stessi alberi, stessi uccelli che lo osservavano indagatori.
Per ammazzare la noia decise di contare tutte le specie di uccelli che vedeva, giusto per passare il tempo.
Contò tre ara arauna, dal bellissimo piumaggio giallo e blu, che ricordò a Magnus un completo che aveva comprato qualche mese prima e che, a detta di molte persone, gli faceva un fondoschiena fantastico, qualche paio di amazoni amazoniche, dette  azzoni dalla fronte gialla, che si confondevano tra il fogliame a causa della loro colorazione verde e gialla in alcuni punti, un tucano è una decina di parrocchetti jandaya, i quali, Magnus pensò, avevano un piumaggio che si abbinata perfettamente alla sua camicia arancione.
Passò così una buona mezz'ora ed ebbe modo di apprezzare di più la calma di quel posto, anche se continuava ad odiare l'umidità, il fogliame fitto, il rumore che facevano le foglie quando le calpestava e molte altre cose, ma almeno quel passatempo lo rilassava. Continuò a camminare, finché non fu distratto da un bellissimo uccello blu mare che gli volò di fianco. Per capire meglio di che uccello si trattasse, lo seguì con lo sguardo e, facendo ciò, non si accorse del ramo che aveva davanti e che, quindi, gli finì in faccia con un rumore sordo. Magnus maledisse la sua debolezza verso quell'azzurro cielo, che lo stupiva ogni volta, e anche quello stupido ramo, che, con ogni probabilità, gli aveva sbavato il trucco. Si scostò il ramo dalla faccia con una palese irritazione e si pietrificò sul posto.  Davanti a lui, su un ramo basso fino quasi a toccare terra, si stagliava un enorme maschio di babbuino e sembrava davvero molto arrabbiato. Dietro di lui, sui rami adiacenti si trovava il resto del branco, che lo fissava minaccioso. Il babbuino di fronte a lui, che Magnus aveva capito essere il maschio alfa, lo stava fissando con i suoi fiammeggianti occhi arancioni. Non ci volevano anni di studi per capire che quella situazione era potenzialmente pericolosa: Magnus era nel suo territorio, di fronte a lui, e lo aveva addirittura guardato negli occhi, cosa che viene solitamente presa come una sfida. Molto probabilmente pensava che gli volesse rubare le femmine. Doveva assolutamente uscire da quella situazione. Iniziava a sudare freddo. Ad un tratto gli venne in mente un modo da distrarlo abbastanza da poter scappare, almeno così si sperava. Nel modo più cauto possibile, attento a non fare movimenti bruschi, Magnus infilò una mano dentro il suo vistoso cappotto e ne estrasse una banana, parte del pranzo che si era portato dietro, e, sempre con la maggior lentezza possibile, la offrì al primate, sperando vivamente che la prendesse. Stava sudando freddo. Con suo grande sollievo la prese e cominciò a sbucciarla. A questo punto Magnus iniziò ad indietreggiare lentamente, il più silenziosamente possibile, attento a non attirare l'attenzione del babbuino davanti a lui. Purtroppo, quella sfortuna che qualche giorno prima aveva portato Isabelle alla sua porta si face di nuovo viva. In uno dei passi che fece all'indietro, tenendo lo sguardo sul primate che mangiava, il suo piede calpestò un ramo secco che si trovava sul suo cammino, che si ruppe con un rumore sordo.  Accadde tutto molto velocemente. All'unisono, il branco scattò verso di lui e Magnus si voltò ed iniziò a correre. Aveva qualche metro di vantaggio ma sapeva che non sarebbe riuscito a scamparla: non era un corridore e i babbuini erano certamente più veloci. Si mise a chiedere aiuto urlando, nella speranza vana che qualcuno, chiunque, potesse sentirlo. Che il cielo lo assistesse! Sarebbe stato contento di vedere persino quel goblin niveo di Sebastian! Magari a lui sarebbe bastato rivolgere un solo sguardo a quei babbuini e sarebbero morti di infarto. Mentre pensava a questo continuava a correre più forte che poteva, i rami che gli graffiavano la pelle e l'aria che era come fuoco nei polmoni. Non ne fu sicuro, perché in quel momento non era concentrato su nient'altro che quella corsa disperata, ma gli parve di sentire un urlo uguale a quello che aveva sentito la notte prima e che lo aveva colpito per la sua somiglianza con un urlo umano.

man on the tree - malec auDove le storie prendono vita. Scoprilo ora