morning in family

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La luce filtrava pigramente dalle fessure tra i vari lembi di quella stoffa dal colore mimetico, ammassata apparentemente in modo casuale per formare un'abitazione provvisoria e metteva in evidenza la polvere che aleggiava nella stanza. Essa si andava a posare su quello che a prima vista sembrava un bozzolo di stoffa, che si rivelava poi essere un logoro materasso, sulla cui sommità due figure riparate dal freddo notturno da una coperta dormivano abbracciate serene.

Quella sera Magnus si era addormentato quasi subito, con Alec tra le braccia, percependo il battito del suo cuore contro la propria pelle. Aveva notato come Alec avesse la tendenza a dormire rannicchiato su se stesso, come se dovesse farsi caldo da solo, ma questo non lo aveva fermato dall'avvicinarsi stringendolo a se delicatamente, sentendolo irrigidirsi per qualche istante e poi subito rilassarsi sotto il suo tocco. Dopo qualche momento di incertezza, Alec aveva disteso le gambe, prima strette contro il suo addome, e si era accoccolato istintivamente poggiando la testa sul petto di Magnus, mentre questi poneva una mano sul suo fianco e con l'altra iniziava a percorrere lentamente la linea della sua spina dorsale. Gli era bastato poco per addormentarsi, in quel momento, con Alec tra le braccia, tutti i rumori esterni erano svaniti. Era tanto, troppo tempo che non si addormentava così in fretta, spensierato, percependo dopo tanto tempo del calore che, per quanto potesse coprirsi, non aveva mai sentito. Stringeva Alec a sé, sena alcuna preoccupazione, e gli pareva che ogni suo muscolo fosse rilassato, avvertiva il sollievo di un atleta che, dopo aver corso una lunga maratona, finalmente si siede. Fu un attimo, e Magnus si addormentò profondamente, lasciandosi cadere tra le braccia di Morfeo.

Alec non aveva mai provato un senso di sicurezza tanto forte come in quel momento, sotto quella fodera usurata, tra le braccia di Magnus. Non avrebbe saputo dire quale istinto lo avesse portato a stringersi a lui, era molto, troppo tempo per ricordarsi un "prima", che dormiva patendo il freddo, sotto le foglie umide, appoggiato a Mama nel vano tentativo di scaldarsi. Quando Magnus lo aveva cinto con il braccio era stato come se tutta la tensione accumulata in quel tempo si sciogliesse. Gli si era avvicinato, non avrebbe mai saputo dire il perché, voleva solo che quel calore che sentiva persistesse. Aveva sobbalzato leggermente quando Magnus aveva cominciato a compiere lenti e piccoli movimenti regolari con la mano per la sua schiena, ma si era poi tranquillizzato, e, se avesse potuto, era abbastanza sicuro che la sua espressione sarebbe parsa quella di una tigre intenta a fare le fusa. E lì, con la testa sul suo torace, ascoltando il suo ritmico battito cardiaco, sentendo il tepore del corpo dell'altro contro il suo, mentre il silenzio regnava in quella stanza, come se la foresta avesse deciso di quietarsi per farlo riposare, si addormentò come non osava dormire da anni. Quella notte dormì davvero sereno, non aveva memoria di un altro evento del genere, sapeva solo che, molto tempo prima doveva essere successo. Il buio lo avvolse in un dolce abbraccio e le sue percezioni del mondo esterno cominciarono a svanire, isolandolo da ciò che succedeva attorno a lui, tranne per quella sensazione di sicurezza che persisteva. I suoi sogni erano un susseguirsi di reminiscenze e situazioni confuse dettate dalla sua mente, vide in sogno i suoi genitori, uno dei pochi ricordi felici che riaffioravano nei suoi sogni. Non gli faceva più effetto rivedere la scia di sangue coagulato sulle foglie, il rumore del felino che atterrava la sua preda e la sbranava, ancora e ancora mentre dormiva, ma, quelle poche volte in cui capitava che il suo subconscio cambiasse ricordo, ad Alec sovvenivano le felici giornate che aveva vissuto con la sua famiglia, e si sentiva sempre meno solo. Perché da molto ormai aleggiava in lui una lieve sensazione di solitudine, che non lo aveva mai abbandonato, come se facesse parte del suo stesso essere. Sembrava passato poco tempo nel sogno, tra le immagini sbiadite che la sua memoria rievocava, lui che ascoltava sua madre mentre gli raccontava del mondo oltre quei giganteschi alberi, mentre camminavano tra le fronde per controllare le trappole, affascinato da quella realtà che poteva solo immaginare. Il sogno cambiò più e più volte, scene si susseguivano veloci, alternate a sprazzi di figure e sensazioni create dal cervello in concordanza con il sogno: suoni ed emozioni, illusioni create dalla mente durante il sonno, storie nate inconsciamente. Una restò impressa nella mente del ragazzo dagli occhi celesti: era l'immagine di una possente tigre con gli occhi dorati, seduta davanti a lui, con la postura maestosa che rende la Sfinge tanto famosa, che lo guardava negli occhi, ipnotizzandolo con il suo ammaliante sguardo.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Mar 31, 2018 ⏰

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