quarantaquattro.

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Perth, Australia. Febbraio 2016.

Non c'era stato alcun incubo a disturbarle il sonno, la notte precedente, eppure la ragazza dai capelli scuri che si stava guardando allo specchio ornato di finto oro di quell'atelier, sentiva la quasi onnipresente sensazione di mancanza al centro del petto alla quale si era – suo malgrado – abituata. La accompagnava quasi sempre, cambiavano solamente l'intensitá di essa e il dolore che conseguentemente arrivava a spezzarle il respiro a metá quando meno se lo aspettava. Solitamente era colpa degli incubi, se lui le mancava tanto da non riuscire a respirare. O era il brutto tempo, le nuvole grigie che inevitabilmente le ricordavano Londra – e di conseguenza lui. Oppure era solo normale mancanza, quando non lo sentiva per ore o non poteva chiamarlo lei stessa anche solo dieci minuti. Allora le mancava, piú del solito, abbastanza da accorgersene. Quel giorno si era svegliata con la sensazione assurdamente reale delle dita del proprio migliore amico che le sfioravano un fianco sotto alla (sua) maglietta che usava per dormire... ed era stato bello, almeno finché non aveva aperto gli occhi e si era accorta che lui non c'era, che non ci poteva essere. Amethyst aveva aggrottato la fronte, ferita dal proprio subconscio – che evidentemente sembrava essere fatto apposta per farle del male – e aveva cercato di ignorare il dolore prendendo un respiro profondo, provando a raccogliere le forze che le sarebbero servite ad affrontare la giornata senza crollare. Era andata avanti in automatico tutta la mattina, accennando un sorriso a Rose e lasciandosi baciare una guancia a lungo – che l'amica aveva giá intuito tutto guardandola per un mero istante – prima di fare colazione, vestirsi ancora con la sensazione fittizia delle dita di Zayn sulla pelle e buttarsi quasi di peso sul divanetto sotto al portico di casa della sorella. Un libro in una mano, con due dita tra le pagine per non perderne il segno, e un bicchiere di té freddo nell'altra. Gli occhiali da sole a nascondere il suo sguardo celeste terribilmente spento, i capelli legati in una coda alta e quel lottare alla tentazione di sfiorarsi il collo in punta di dita e pensare ancora a lui.

Avrebbe solo peggiorato la situazione giá di per sé disperata.

Era immersa nella lettura – finalmente, dopo aver riletto la stessa frase per minuti interi, come se la sua mente non riuscisse a capirla e dovesse riprenderla ogni volta da capo – quando si rese conto di una delle mani color caramello di Rose, posata sul proprio ginocchio lasciato scoperto dai pantaloncini corti. Avrebbe potuto ignorarla e continuare a leggere, lasciare che il pensiero di Zayn tanto distante da far male le apparisse tra una parola e l'altra del romanzo che stava leggendo. Ma pur sapendo quanto Rose avesse giá capito tutto, non riuscí ad ignorarla. Cosí si voltó verso di lei, ancora col libro tra le mani e un sopracciglio a malapena inarcato, il mezzo sorriso scomparso dalle sue labbra per il tentativo di non farle vedere quanto non stesse bene quel giorno. E l'amica avrebbe potuto chiederle come stesse, o cosa ci fosse che non andava; avrebbe potuto chiederle di Zayn direttamente; avrebbe potuto compatirla, o provare a farla stare meglio abbracciandola senza dire nulla, ma sospettava sarebbe stato peggio. «Posso intrecciarti i capelli?», le chiese la ragazza dalla pelle piú scura, accennando un sorriso e stringendo appena un po' la presa sul ginocchio della migliore amica, come volesse sussurrarle che lei c'era ma non riuscisse a dirglielo a parole. «Come quando eravamo piccole», aggiunse con un sorriso piú pieno Rose, a vedere Amethyst annuire e sospirare di sollievo, accennando persino un sorriso – riconoscente, colmo di gratitudine per non averle chiesto nulla, per non averne nemmeno bisogno.

«Dici che convinco Indaco a farmi saltare la prova del vestito?».

«Impossibile», ridacchió Rose passando le dita tra i capelli scuri dell'amica. Sentendola rilassarsi quasi immediatamente, rilasciando un altro sospiro e abbassando le palpebre mentre lasciava perdere il romanzo e lo posava accanto a sé sul divanetto. «Vuole assicurarsi che tutto sia assolutamente come lo vuole lei, penso sia giá tanto che ti lasci vestire di blu quando siamo tutte vestite di indaco», scherzó dopo qualche secondo, dosando attentamente le proprie parole per non infastidirla, per non farle tornare in mente la miriade di pensieri che non sembrava volerla lasciare da quella mattina. E continuó a intrecciare come se niente fosse, anche se la sentí trattenere un respiro, per un attimo.

17mila. [zayn malik au]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora