4. PIZZO SCALINO

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Il mi primo 3000!
Si trova in Val Malenco dalle parti di Campomoro. La Val Malenco é importante per me perché cominciai a scalare le montagne li vicino dopo aver chiuso con le Dolomiti e tuttora le frequento.
Scalare il Pizzo Scalino per me é stata un'odissea perché ci avevo già provato 2 volte senza però riuscirci; a causa  della tanta neve fresca che copriva i crepacci (la prima volta) e del brutto tempo (la seconda), ma finalmente cela feci grazie a mio padre, che mi propose un terzo tentativo insieme a due nostri amici; altrimenti mi sarei arreso.

Partimmo presto da Caspoggio attrezzati di ramponi e corda per il giacchiaio e arrivammo in macchina fino a Campomoro quando il sole si fece vedere fuori dalla linea dell'orizzonte. Arrivammo comodamente al rifugio Cristina all'Alpe Prabello da dove seguimmo una traccia verso i piedi della montagna accompagnati dal suono lontano dei campanacci delle mucche. Dopo una piccola pausa vicino a un torrente cominciammo la dura salita verso il cornetto. Camminavano a testa bassa inclinati dal peso degli zaini e dalla fatica. Una volta arrivati al cornetti cominciammo a gironzolare in cerca della traccia che però non voleva farsi scovare. Dopo una mazzoretta la trovammo e con un respiro di solievo scavalcammo anche l'ultimo strappo.

Ora c'era il nemico numero uno: il ghiacciaio. I miei ramponi scricchiolavano sopra ogni lastra di ghiaccio e la concentrazione era alle stelle. Alzai la testa e vidi che il giacchiaio era quasi finito e avevo superato tutti i crepacci trasversali...mancava solo la crepacciata finale (l'ultimo e anche il piú grande dei crepacci).
Dovevo attraversarlo passando per un "ponte" di neve sperando che fosse solido. Mossi il mio piede con molta cautela e provai la solidità del ponte salendogli sopra. Mi immaginai mentre cadevo nel crepaccio e sprofondavo nel buio infinito...chissà se mi avrebbero trovato una volta che il giacchiaio si fosse sciolto!
Mossi il secondo passo e poi il terzo fino all'altra sponda. Finalmente potevo rilasciare la tensione con un urlo di gioia mente i miei compagni di salita oltrepassarono il ponte senza far fatica.

 Finalmente potevo rilasciare la tensione con un urlo di gioia mente i miei compagni di salita oltrepassarono il ponte senza far fatica

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Scalammo una piccola parete di roccia aiutati da una corda e  ci affacciammo sulla parete ovest. Guardai intorno in cerca di qualche scorcio fotografico. A nord, un cielo un po' velato offuscava le punte del Bernina, ma il giacchiaio si era messo a riflettere una luce celeste come il cielo e scattai senza alcuna esitazione.

Quando ci avviammo per lo strappo finale mi sembrava di non toccare terra. Era come se ad ogni passo assaporavo il piacere di essere arrivato, mentre il silenzio che ci accompagnava assomigliava sempre piú al suono in crescendo di un'orchestra, che esplose quando posi piede sulla cima. La montagna sa fare le magie! Salendo ti spreme come un limone, ti tira fuori tutto, e piú fai fatica e piú ti svuota, ti pulisce, ti purifica. Ma quando arrivi in cima ti riempie d'energia, di carica vitale.
Guardai la grande croce bianca e le due madonnine di bronzo di fianco e tirai un sospiro di solievo.

Mi spostai per vedere meglio l'Alpe di Campagneda, da dove saliva un dolce suono di campanacci, sui pascoli di Campagneda, segnati in alto da laghi argentei, la prima diga di Campo Moro, poco distante dai quei prati, il Disgrazia.

Con molto rammarico lasciai la cima che faticosamente avevo raggiunto e scendemmo da un'altro sentiero che passava dalla val di Togni per raggiungere il Passo degli Ometti dove arrivammo in poco tempo al Cristina.
La giornata si chiuse nel migliore dei modi con una cioccolata calda con panna al rifugio.

LA MONTAGNA NON É FATTA SEMPRE DI VITTORIE MA ANCHE DI SCONFITTE COME NEL PROSSIMO CAPITOLO.

LA MIA MONTAGNADove le storie prendono vita. Scoprilo ora