Capitolo 2

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Mosca birichina,

piangi piccina,

nella ragnatela,

tu sarai...

mangiato.

-J.R.R.TOLKIEN-

Sono passate ore,  giorni da quando sono entrata in questo posto maledetto. Le risate e le urla si alternano in un orripilante motivetto ma sembra che nessuno si ricordi della mia presenza. Alterno momenti di incoscienza a momenti di delirio: vedo i miei"genitori", la mia scuola, sento rumore di acqua che scorre e odore di cibi prelibati. Ho fame, sete e le ferite sono infette. Tento di muovermi ma i vetri scendono, se possibile, sempre più in profondità nella mi carne. Vedo distrattamente l'alternarsi di luce e buio e spesso sento la vocina che ripete "spero che la tua famiglia salutato avrai, perché mai più la rivedrai".

***

«Non è divertente così. Dobbiamo svegliarla e portarla giù, poi giocare con lei fino a che non muore.», sento dire da una foce femminile non troppo distante dalla stanza in cui sono rinchiusa, «Ho detto di no,potremmo salvarla, dopotutto lo abbiamo già fatto in passato. Ricordi?»,

«In quel periodo eravamo soli, ora siamo abbastanza per un manicomio.»,continua la voce della donna con un tono scocciato.

«Decido io qui, ricordalo.» sento dire dall'altra voce in modo tagliente.

«Se tu la lasci vivere, io la farò morire».

È l'ultima cosa che sento, come un lontano sussurro, prima di ricadere nel mio stato di incoscienza.

***

Un urlo lacera il silenzio che si era creato con il passare dei giorni nella stanza, poco dopo mi rendo conto che proviene dalla mia gola.

Una lama sta tagliuzzando le mie gambe e, mentre mi dimeno per liberarmi, sento le lamette sui polsi e sulle caviglie recidere sempre più la carne.

Li sento ridere come se il vedermi contorcere in preda al dolore sia un film comico al cinema. «Speravi ci fossimo scordati di te, piccola trovatella? No, mi dispiace, noi teniamo a tutti i nostri orfanelli, sia quelli che vengono di loro iniziativa, sia i poverini che non sanno la strada e recuperiamo noi». Questa voce la riconosco, fredda e stridula come quella della cantilena. Perché mi fa questo? Chi è?

«Hai giocato abbastanza. Ora smettila. Non ho ancora deciso se è un giocattolo o meno, mi serve viva», dice in un modo che non ammette repliche la voce maschile che avevo sentito fuori dalla camera prima di perdere i sensi, «va bene, ma a me sembra solo una bambina inutile...» dice una voce giovane. Sento la lama che tagliava le mie gambe interrompersi e le corde che mi tenevano legata allentarsi. Trattengo il respiro in attesa di ricevere altri colpi ed infatti, poco dopo, un calcio mi colpisce lo stomaco e sento la ragazza dire «brutta idiota siediti. Dio, perché non la uccidiamo e basta?». Provo ad aprire gli occhi, sperando che questo aiuti a non prendere altri calci, e, nonostante la vista sfocata, vedo una mano tesa verso di me. La devo afferrare? Perché mai dovrebbero volermi aiutare?

A fatica faccio leva sulle braccia e mi metto seduta con le gambe distese. Sono in una pozza di sangue, il mio sangue. Ho i polsi e le caviglie gonfi a causa dell'infezione , le mie gambe sembrano  uscite da un'affettatrice. «Benvenuta. Scusami, non era mia intenzione farti attendere tanto una nostra visita ma c'erano altri...ospiti da sistemare prima di te», dice un uomo con un viso pallido, dei capelli color carbone tenuti corti ed un sorriso maniacale dipinto involto. E' vestito in modo elegante, come se dovesse andare ad un appuntamento importante da un momento all'altro. «Che sciocco, tu stai per perdere di nuovo i sensi... hai delle infezioni, le gambe che sanguinano e a corto di cibo e liquidi da qualche giorno ormai...Smile. Portami disinfettante, garze e... quell'uomo non è un medico?», «dici quello che ho preso oggi? Si», risponde il ragazzo alle mie spalle, «vallo a prendere. Questa ragazzina deve vivere finché non ho deciso cosa farmene di lei», sento uno sbuffo irritato e la porta chiudersi. La vista mi si appanna e tutto intorno a me torna nell'ombra.

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