Ellie.

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Seduta, con la bocca asciutta di saliva, prese un grosso respiro, che, nel silenzio glaciale che dominava la stanza, appariva così rumoroso da essere inadeguato.
Si alzò dalla sedia in fondo alla sala, lisciò le pieghe del vestito con entrambe le mani, si caricò di coraggio e percorse la navata.
Le scarpe producevano un regolare ticchettio nel pavimento marmoreo, poi di colpo si fermarono.
Si eresse sul piedistallo e tirò fuori quello che era il suo discorso. Scartò il foglio, lo guardò, poi alzò lo sguardo sulla folla che la guardava impaziente.
"Sapete- cominciò- non ci preparano alla morte. Benché nasciamo con la consapevolezza di morire, non siamo mai pronti quando accade a noi, a qualcun altro. Ti fanno le condoglianze e ti lasciano in balia dei sentimenti, augurandoti buona guarigione da quella malattia, proprio come hanno fatto con me, e con tutti voi. Non ci si abitua mai, quel vuoto."
Il respiro le si stava esaurendo, al contrario delle lacrime. Fece una pausa, e con voce rotta, riprese.
"Siccome io della morte di Ellie non so molto, vi racconterò della sua vita, o almeno, quella che ho vissuto con lei.
Era l'amica che tutti avrebbero voluto, anche se la sua bellezza avrebbe fatto sentir male la più bella delle modelle. Nonostante ciò, la sua amicizia è stata la cosa più bella che potesse capitarmi.
Era vivace e gentile, era impossibile non amarla. Ogni cosa facesse, sempre con un sorriso sul volto, portava luce nel mondo. Aveva il sorriso più bello che avessi mai visto; era una parte di lei, che non la lascia a quasi mai e quando lo faceva non prometteva niente di buono.
Amava la natura, e spesso facevamo passeggiate nelle colline vicine a noi.
Un giorno eravamo lì, stese sopra una coperta in pile, le braccia piegate sotto la testa, con le mani appoggiate a essa.
Guardavamo il cielo, il cui colore stava mutando da un azzurro chiaro ad una tinta rossastra. L'aria era piena di nubi biancastre, anch'esse contaminate dal rossore del cielo.
Mi avvicinai a lei e cominciai a carezzarle i capelli, senza una vera motivazione, tranne la semplice voglia di farlo.
Lei alzò lo sguardo su di me e i nostri occhi si incrociarono. Si avvicinò a me e delicatamente appoggio le sue labbra sulle mie.
Comincio tutto così."

A quel punto del racconto , la maggior parte delle persone era sbalordita, non aspettandosi di sentire nulla del genere.
Continuò la sua storia, ricordando ogni dettaglio come se fosse appena accaduto, ancora vivo nella sua mente.

"Comincio così, in un prato collinare al tramonto.
Non è mai stato semplice, doversi nascondere. Gli sguardi indiscreti, i bisbigli poco silenziosi, non ci facevano bene, perciò decidemmo di tenere tutti all'oscuro e a quanto pare riuscimmo nell'intento.
Nonostante ciò, tutto quello che provavamo l'una per l'altra era vero e forte, ma forse non abbastanza.
Vederla per strada con qualcun altro, vederla sorridere a qualcun altro, all'aria  aperta.
Era il nostro sogno, che mai riuscimmo a coronare, imprigionate nel nostro segreto, che mai avemmo il coraggio di mostrare.
Nonostante tutto, però, a distanza di anni, quello che provo per lei non è mutato.
Il mio sogno rimase lo stesso, nonostante il nostro amore si fosse ormai spento da tempo, il mio desiderio di riaccenderlo scoppiettava forte, come se il nostro amore non si fosse mai esaurito.
Ellie era e sarà per sempre il mio primo vero amore, nonostante fosse proibito."

Si fermò per un po', incapace di parlare, nonostante avesse molte cose da dire.
Le persone davanti a lei ora provavano compassione nei suoi confronti; lo vedeva dai loro occhi, la guardavano come avrebbero guardato un povero cane abbandonato, lasciato in balia di sé stesso.
Guardò un'ultima volta la folla, poi abbassò lo sguardo e camminò nella navata centrale, per poi uscire e fingere di lasciarsi tutto alle spalle.

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