Prologue - Wrong

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Parte Prima

Luke

Ero quel tipo di persona con il cuore troppo grande, abituata a vedere persone che vanno e vengono nella propria vita, accettandone le conseguenze.

Ero quell'amico sempre pronto a dare consigli, confortare, ascoltare chi ne aveva bisogno, quando chi ne avrebbe avuto davvero bisogno, più di tutti, ero io.

Già, gli altri prima di tutto, anche prima di me.
Sacrificavo me stesso per altri e ben poche volte qualcuno ringraziava, davvero frustrante.

Negli anni ho imparato a mettere me al primo posto della lista, ad essere un po' egoista, a volermi bene, un passo dopo l'altro.

Ma chi prendevo in giro? Chi metterebbe mai al primo posto una persona come me? Una persona cosí sbagliata.
Una persona che mentiva a se stessa tutti i giorni, giurando di non amare la propria migliore amica, nonostante le farfalle nello stomaco ad ogni incrocio dei nostri sguardi.

Era bella, davvero molto, di quelle bellezze rare. I capelli rossi ramati e ricci le incorniciavano il viso pallido e lentiginoso, il sorriso smagliante stampato perennemente sul viso le faceva risaltare le labbra color corallo, e quegli occhi, cosí verdi da perdertici, erano la mia parte preferita.
Non erano di un verde normale, potevi stare ore a guardarli, ma ogni giorno avevano qualcosa in più. Una pagliuzza dorata, una parte di iride più chiara, un cerchietto giallo intorno alla pupilla.
Era una ragazza tutta da scoprire. I suoi occhi riflettevano un po' la sua personalità; e poi, come si dice "Gli occhi sono lo specchio dell'anima".

Ma chi mai avrebbe amato una persona come me? Ero cosí sbagliato e lei cosí perfetta.

Sbagliato nel modo di provare i miei sentimenti: tutto subito e poi, dal nulla, apatia. Essere me era come vivere su una perenne altalena, sempre più su, poi sempre più giú, fino al baratro.

Molti pensavano soffrissi di bipolarismo, io la definirei piú depressione con istinti suicidi, ma okay.

Ogni tanto era bello vivere come me: il ragazzo invisibile. C'erano quei giorni di solenne pace in cui sembravo non esistere per l'intera umanità, era cosí triste eppure cosí appagante. Era in quei giorni che potevo davvero essere me stesso, l'unica che aveva il potere di accorgersene era Ray, già, la mia migliore amica.

Ray, strano nome, ma si adattava alla sua funzione nei miei confronti: raggio.
Raggio inteso come raggio solare, per illuminarmi un po' la giornata, o inteso come raggio X, pronto per analizzarmi e capire il mio malessere.

Ma continuavo ad essere cosí sbagliato.
Nessuno mi sceglieva, ero sempre la scorta, anche di Ray, che metteva sempre il suo ragazzo, Chase, prima di tutto.

A me sarebbe andato anche bene questo Chase, se non fosse un idiota e la facesse soffrire per la sua stupidità. Era un cliché vivente quel ragazzo: bello come il sole, capitano della squadra di rugby del liceo, ottimi voti, ma di temperamento tremendamente cangiante e insopportabile. Non so come facesse ad amarlo, o almeno questo era ció che lei credeva.

Ho sempre sperato che prima o poi si accorgesse di quanto anche lui fosse sbagliato.
E magari io sarei diventato quello giusto.

Tutto ció che volevo per lei era una persona che la sapesse amare. Amare sul serio. Non come quelle persone che promettono di farlo e poi ti lasciano a bocca asciutta, ma una persona che mantenesse la parola data. Una di quelle che lo dimostra ogni giorno, che la facesse sentire protetta, al sicuro, ma allo stesso tempo libera, perché non bisogna mai incatenare un'anima.

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