Solo un gioco... No?

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Quel pagliaccio era fuori come un balcone... oppure aveva sbattuto la zucca da qualche parte.

Scuotesti la testa guardando il clown un'altra volta: sorrideva. Maledizione, sembrava più un ghigno che un sorriso! Era altamente snervante, forse ancor di più della sua risata... ah, no, quella era in grado ANCHE di spaccarti i timpani; non avevi mai incontrato un individuo simile in ventidue anni di vita.

«Cosa hai fatto a mia moglie?»
Cambiasti subito argomento; speravi vivamente che non le avesse fatto nulla, eppure, vedendolo di primo acchito, non sembrava per niente affidabile. In più pensavi che non fosse buona cosa che l'avesse nominata...
«Te l'ho detto», rispose tranquillamente... come se fosse la cosa più naturale al mondo, «ho giocato con lei.»
«Dov'è?» Insistetti; al solo pensiero che l'avesse toccata, ti faceva venir voglia di prenderlo a pugni.
Il clown sorrise. «La vuoi rivedere, vero? Sono sempre contento che qualcuno voglia vedere i miei lavoretti

"Lavoretti"?
Di cosa stava parlando?
Speravi solo che quelle parole, pronunciate in modo quasi maniacale, fossero solo frutto della sua insana pazzia, e che non avesse veramente fatto qualcosa a tua moglie; oppure le stava usando contro di te per provocarti o farti spaventare.

Era possibile, giusto?

Ma allora... perché? Perché avrebbe dovuto? Sebbene qualcosa in lui fosse familiare, non avevi nessun ricordo nitido su di lui.
Forse era semplicemente una strana sensazione: inquietante, certo, ma pur sempre una stupidissima sensazione che doveva sparire.
Che cosa voleva, allora?
Lo stava facendo per divertimento, seriamente?
Oppure stava... fingendo?

«Io... sì, la voglio rivedere!»
Quelle parole uscirono dalle tue labbra in modo spontaneo: non tanto perché non pensasti molto quando le pronunciasti, ma per la persona che si stava andando a parare, che, per quanto ti riguardava, era all'apice delle tue attenzione, l'unica forse nella tua vita che provasse un amore sincero nei tuoi confronti.
Ti accettava per quello che eri: un terribile sbaglio che giocava a d'azzardo e, talvolta, beveva un po' troppo; ma nonostante ciò, ti amava: era ingenua, sì, ma sapeva che anche tu le volevi bene.

«Bene, allora.»
Senza che te lo aspettassi, delle fioche luci iniziarono a puntare dritte sugli spalti che tu pensasti fossero vuoti, invece ricchi di sagome nere che si rivelarono essere bambini: mutilati, corpi in decomposizione che ti fissavano inespressivi con le loro orbite nere... sembravano degli zombie; emettevano versi simili ai piagnucolii dei cani, si facevano spazio tra di loro quasi per raggiugere il tendone, ma erano così tanti che sembrava impossibile uscire di lì.
O forse non potevano perché li era stato ordinato di non farlo.
Alcuni avevano il corpo ustionato e avevano lesioni più o meno gravi su diverse parti del corpo; altri avevano arti mancanti, se non tutti, e altri ancora avevano la mandibola aperta in modo innaturale proprio perché era stata spaccata, rivelando una bocca con alcuni frammenti di denti e priva di lingua, ma grondante di sangue scarlatto.

Un brivido ti percorse lungo la schiena.

«Che... che cosa diavolo sono, quelli?»
Eri a dir poco terrorizzato; la paura ti si leggeva persino negli occhi, iniziando a pensare che, quello, non fosse solo un pagliaccio che blaterasse in continuazione stupidate e che avesse i neuroni bruciati, no: avevi a che fare con un problema serio.
"Laughing Jack" assunse un'espressione offesa, ma questa volta sembrava proprio che non stesse recitando...
«"Quelli" sono i miei bambini.» Rispose in maniera ovvia.
«C-Che...?»
«Sì, i miei bambini! Loro vengono da me. Così non saranno mai soli... perché io ci sarò sempre per loro

Iniziasti ad agitarti, cercasti inutilmente da liberarti dalla tua "prigonia", ma gli arti non erano disposti ad eseguire gli ordini del cervello: eri in una situazione critica.
Disponendo disperatamente dell'ultima carta che potevi giocarti, iniziasti a chiedere aiuto a squarciagola, sperando che qualcuno avesse potuto sentirti.

Sapevi che non avrebbe funzionato, dopotutto sembravi essere in un luogo isolato se non completamente abbandonato: a giudicare dalla stoffa sporca e piena di toppe raggrinzite del tendone in bianco e nero, quel posto era oramai lasciato al proprio destino.
Lasciato al proprio destino come il cosiddetto "Laughing Jack", il clown dai neuroni bruciati, avente il vestiario antiquato e, anch'esso, monocromatico, perennemente triste e lugubre come il suo viso pallido, dipinto però da un largo sorriso che sembrava così falso...

Il pazzoide in questione sembrò infastidito dal tuo comportamento, e afferrò le tue guance con una mano graffiando erroneamente i tuoi zigomi con due dita, a causa dei lunghi artigli che si ritrovava: trattenesti una smorfia di dolore e stringesti i denti.
«Hai paura?» Ti sussurrò; i vostri visi erano molto, molto vicini, sentisti il suo naso appuntito punzecchiare la tua pelle, e ciò ti procurò un leggero fastidio.
Non rispondesti, continuando a guardarlo.
«Non devi avere paura... stiamo solo giocando. No?»
«Voglio andarmene di qui. Ne ho abbastanza!»
«Oh, certo! Ma se vuoi andartene, dovrai trovare la tua "amica"!»
«Che vuoi dire?»
«Non è forse ovvio?»
Si girò verso gli spalti e aprì le lunghe braccia, come se stesse per prendere il volo. «Dove sarà?» Canticchiò, voltandosi di nuovo verso di te.

Ti stava proponendo una sfida?
Dov'era il trucco?
O forse ti stava semplicemente mentendo?
Tua moglie non poteva essere lì, insieme a quei cosi.
No, non poteva...
Eppure, rivalutando anche il fatto che lei fosse "diversamente alta", era facile che si fosse in qualche modo mimitizzata nella folla: era assurdo ma non impossibile, e ciò ti creò una tale confusione nella testa...

«Mi stai dicendo... che dovrei cercarla?»
Il pagliaccio rise e batté le mani. «Sì, una specie di "Nascondino"! Non lo trovi assolutamente divertente?!»
No, non lo era affatto.
«Se "gioco" con te, poi mi lascerai andare?»
«Sì! Parola di Laughing Jack.~»
Sospirasti.
Era evidente che quel pagliaccio facesse DI TUTTO, pur di far giocare dei poveri disgraziati insieme a lui; sembrava essere sempre in cerca di nuovi malcapitati, ma ciò che non riuscivi a capire, era perché lo trovasse così divertente e bello.

Per quanto una parte di te dicesse di accettare la sfida, quella più razionale consigliava il contrario: poteva essere pericoloso e non volevi rischiare, nonostante ci fosse in palio l'incolumità di tua moglie; insomma, era in tutto per tutto un matto! Un matto che stava mettendo su uno spettacolino ridicolo per farti abboccare e farti fare la figura dell'idiota.

«Non starò ai tuoi giochetti.»
Dicesti in tono fermo; non avevi alcuna intenzione di "giocare" con uno psicopatico.
Sentisti "Laughing Jack" sbuffare.
«Non fare così, non è divertente.»
«Non me ne frega un cazzo!»
«Sei un guastafeste. E io che volevo far divertire i miei "bambini"...»
Sbarrasti gli occhi. «Tu sei completamente matto!»
Jack incrociò le braccia al petto e sospirò pesantemente. «Mi sto annoiando, non sai giocare, Reggie. E poi parli troppo...» Allungò un sorriso. «Però non ti preoccupare: ho io la soluzione a tutta questa noia.»

Puzzle| Laughing JackDove le storie prendono vita. Scoprilo ora