Ipnosi

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Quelle fiamme... quelle lingue di fuoco che stavano consumando la stanza, e tra poco avrebbero divorato lentamente il tuo corpo; e la pazzia che aveva già consumato il tuo spirito e ti aveva trasformato in un mostro.

Stava andando tutto a fuoco.

Sentivi il sangue scivolarti dalle dita, il suo odore penetrante entrarti dalle narici e il calore della fiamma sulla tua pelle.
La casa stava andando a fuoco.

Il tuo respiro si fece pesante e gemesti di dolore nel vedere quei brevi flash, nel vedere quello che sembrava un normale corridoio e la salma di una donna posta sul pavimento.
E mentre i flash si presentavano sempre più frequentemente, sentisti la voce dello psichiatra parlare ancora: «Sto facendo il più possibile. Ma non è mai così facile entrare nella testa delle persone, capire che cosa le affligge così tanto da non farle andare avanti.» Incominciò. «E non è semplice capire che cosa le spinge a commettere le azioni più folli di questa Terra.» E poi sorrise. «Ma forse tutti siamo folli, no? Forse le persone "normali" sono quelle che alla fine sono più assurde di quelle "pazze". E lei, cosa mi dice? Lei si definisce una persona... "normale"?»
Si alzò dalla sedia della propria scrivania e continuò a fissarti. «Ma infondo, che cos'è la normalità? Che significato ha in un mondo in cui ognuno di noi è diverso, ha idee e modi di fare che lo contraddistinguono e ne creano il carattere, la propria identità? Che ne fanno un "tipo"?
Un modello che può essere sì imitato, ma esisterà solo quello, di autentico?
Che senso ha, quindi? Glielo chiedo a lei, signore, che lo definiscono "folle".»

Ogni cosa stava bruciando come carta, il fumo ti faceva lacrimare gli occhi e ti faceva tossire; chiudesti gli occhi portandoti la mano alla bocca e riuscisti soltanto ad aprire le palpebre un'ultima volta, solo per vedere una scritta posta sul soffitto, dove poco prima c'era quel circo messo sottosopra: vuoi tornare indietro?

«Sì... sì. Voglio tornare indietro!»
Anche solo ingoiare il nodo alla gola ti faceva male; ciononostante, quasi per miracolo, riuscisti a pronunciare quella semplice frase.

E tutto d'un tratto il tempo sembrò fermarsi un'altra volta, mentre sentivi quel fastidioso "bip" fischiarti nelle orecchie opponendosi al rumore delle fiamme e le tue ginocchia caddero in avanti prive di forze, poi il tuo corpo. Ed eri quasi certo d'essere svenuto.

. . .

Sapevi che la tua mente ti giocava brutti scherzi; e sapevi perfettamente che era andata a farsi fottere molto tempo prima.
Sapevi inoltre che tutto ciò che avevi visto non poteva essere reale: sarebbe sembrata una stupida favoletta horror creatasi da chissà quale mente malata, che non aveva nessun connesso logico con la realtà.
Ma nonostante tutto, sapevi anche che aveva ereditato qualcosa da quest'ultima e aveva dunque un fondo di verità. Era... difficile, da spiegare.

«Quindi questo è tutto quello che ha visto?»
Non riusciva più a guardare quegli occhi ferragni con lo stesso sguardo di prima; quel sorriso che si forzava di allungare quando cercava di infondergli tranquillità.
Adesso quasi lo odiava.

Annuì. Annuiva sempre.
I suoi occhi erano fissi su un punto vuoto della sua visuale, le pupille dilatate e quelle iridi marroni così comuni.
Sentì all'improvviso una piccola risata uscire dalle labbra dell'uomo. Ed era strano, perché non lo aveva mai sentito ridere; ciò fu così "sorprendente" che gli fece istintivamente alzare il capo.
«È davvero curioso.» Commentò, gli occhi fissi di punto in bianco sul suo taccuino. «Sa, alcuni dicono che non è possibile capire sino infondo la mente umana. Io credo che in questo caso ci possa venire in aiuto l'ipnosi, di cui io sono un grande sostenitore: ecco perché l'ho voluta sottoporre a questo... sonno artificiale, ricavando diversi tratti della sua personalità.»
«Non vedo come possano esserle serviti così tanto. Ricordo solo... dolore. E bruciore. E tanta, tanta confusione. Sembrava di essere in un incubo eterno.»
«Questo perché l'ho svegliata io.» Spiegò. «Ha iniziato ad agitarsi e sono stato costretto ad interrompere la seduta.» Poi aggiunse: «Da quello che mi è valso di capire, uno dei soggetti prevalenti è stato un pagliaccio.»
Il paziente sgranò gli occhi. «Era... era molto strano, infantile. Ma alla fine non sembrava così idiota...»
«È il pagliaccio che le ho mostrato la settimana scorsa: le avevo chiesto che cosa provasse guardando quella foto. Molto discreto il fatto che la sua mente l'abbia proiettato nel suo "incubo eterno".»
«Quel pagliaccio...»
Ricordava ancora perfettamente i tratti che lo caratterizzavano, quasi quasi se lo immaginava lì impalato a fissarlo con le sue perforanti pupille di colore dell'alabastro, e poi avrebbe sorriso per beffarsi di te.
Nonostante le differenze, avevi notato che c'erano dei caratteri simili che coincidevano sia con il dottore sia con Jack: forse era lo sguardo di ghiaccio, o forse quelle labbra che ogni tanto sbocciavano in un sorriso. O forse... qualcosa di più profondo, che non veniva necessariamente dall'aspetto esteriore.

E adesso, poteva quasi toccare quel maledetto pagliaccio accanto al dottore che semplicemente sorrideva.

Lo vedeva, sì. Riusciva a vederlo.
Vedeva cose che gli altri non vedevano, perché gli altri erano ciechi e guardavano le cose come se fossero una cinepresa che inquadrava un'unica scena, ripredendo solo quello che passava davanti ad essa, non prestando attenzione a quello che c'era attorno; e i ciechi lo chiamavano "pazzo", "schizofrenico".

«Vorrei capire una cosa, però.» Disse all'improvviso l'uomo. «Rispondendo alla sua domanda sul perché l'ipnotismo mi è servito così tanto, vorrei chiederle se è riuscito a smuoverle la memoria. Ad aiutarla a ricordare qualcosa, a combattere l'amnesia.»

Ciao! Allora, ho riflettuto un po' sul fatto di scrivere un'altra storia su Laughing Jack e valutando il fatto che adesso mi stanno un po' rompendo le balle con la scuola, ho deciso di lasciar perdere l'idea.
Anche perché non voglio scrivere una storia per poi aggiornarla magari una volta ogni morte di papa, quindi penso che sia meglio così. Magari in futuro, verso Natale, farò una piccola storia sul clown dal cono gelato oppure su un'altra creepypasta: e se a qualcuno interessa, può anche consigliarmi quale personaggio fare e vedrò cosa mi verrà in mente.
Comunque... grazie a tutte le persone che stanno leggendo questa storia! Mi fa sempre piacere che i miei racconti, seppur un po' strani, vengano letti da qualcun altro che non sia io.
Grazie mille, davvero.

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