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Matthew rigirò tra le sue lunghe e magri dita il suo fischietto che usava quando aveva fatto il bagnino quell'anno. C'era una ragazza troppo buffa che ogni volta che lo vedeva diventava come un peperone e correva via.

Altre invece gli si mettevano sotto alla torretta di controllo e cercavano in tutti i modi di attirare la sua attenzione.
Non era brutto e lo sapeva. Ma non era mai stato fidanzato. Un po' per il suo caratteraccio, un po' perché una ragazza lo doveva colpire, non importava se era brutta, chiara o scura, l'importante era che lo facesse sentire sempre bene e che fosse simpatica e intelligente.

Sospirò al ricordo di quell'estate movimentata.
Il mare era sempre burrascoso e a lui toccava soccorrere sempre qualche bambino.
I genitori erano i proprietari dello stabilimento dove lavorava ad Anzio, ma lui durante l'anno viveva a Londra.

Appoggiò il suo fischietto sul comodino e si alzò dal letto.
Si diresse a passi lenti e silenziosi verso il bagno.
Osservò la sua immagine riflessa allo specchio: i capelli biondi all'attacatura castani chiarissimi e che andavano via via diventando sempre più chiari, erano scompigliati, gli occhi grigi con qualche pagliuzza argentea e azzurrina erano piuttosto stanchi.
La pelle pallida mostrava delle leggere occhiaie.

Si sciacquò il volto e si pettinò i capelli formando il suo solito ciuffo che andava molto di moda.
«Auguri Matthew...»sussurrò lui a sé stesso.
15 anni finalmente.
Uscì dal bagno e si vestì, pronto per una monotona e ovviamente noiosa giornata di scuola.

Il cielo autunnale di Londra quel giorno era stranamente sereno, azzurrissimo, senza una nuvola. Aggrottó la fronte. Era una cosa piuttosto strana quella.
Ad ogni passo che faceva poteva notare tutti i Londinesi guardare esterrefatti quel fenomeno naturale a loro quasi ignoto.

La scuola si trovava a pochi passi da casa sua, circa due minuti, ma di solito Matthew li faceva sempre a corsa perché una pioggia incessante lo costringeva sempre a dover correre, oppure era in ritardo perché sua sorella gli aveva occupato il bagno.
E lei ci stava minimo mezz'ora.

Quel giorno invece poteva rallentare un po' il passo, quindi si mise ad osservare con più attenzione le strade del suo quartiere che essendo abituato a vedere sempre frettolosamente, gli nascondevano sempre qualcosa.
Quel giorno infatti si accorse di tanti particolari che in quegli anni gli erano sfuggiti.
In effetti se sei abituato a vedere sempre le stesse cose, pensò lui, e pensi di conoscerle a perfezione, va a finire che ti sfugge sempre qualcosa perchè non ti soffermi ad osservare troppo qualcosa che vedi ogni giorno, quindi qualche particolare te lo perdi sempre.

Una senzazione di smarrimento si creò nella testa confusa di Matthew. Non riconosceva più quei luoghi d'infanzia. O meglio non si capacitava del fatto di non essersi mai accorto di certe cose. Si sentiva come un pesce fuor d'acqua come se quel posto non gli appartenesse, come se in quegli anni si fosse solo illuso di sentirsi parte integrante di Londra. Come se in quegli anni si fosse illuso di non vedere certi particolari.

La giornata scolastica passò come al solito: lui seduto al banco a leggere dei manga con Luke, il nerd della classe con qualche ragazza che gli girava intorno come api attirate dal polline.

Appena varcò la soglia di casa si gettò stanco sul divano.
La sua mente venne portata in un luogo a lui sconosciuto, fanstastico. Era una città nell'acqua, formata da tante case, ma non erano palazzi o cottage o villini a schiera, erano delle case come quelle degli antichi greci, e c'erano dei templi ed un campo d'addestramento dove c'erano tanti ragazzi della sua età.
Poi improvvisamente la visione si spostò su una ragazza dagli occhi marroni ed i capelli castani e la carnagione olivastra (a suo parere carina) cercare insistentemente qualcosa o qualcuno fuori dalla finestra.
Poi la visione passò su due uomini, uno palestrato ed uno con qualche chilo di troppo osservarlo con sguardo vigile e ammonitore. Gli occhi verdi dei due tizi lo continuavano a fissare sempre più severamente. Entrambi erano vestiti con una maglietta a maniche corte e dei pantaloncini azzurri. Non aveva mai visto nessuno dei tre e nemmeno la città subacquea.
Poi tutto cominciò a roteare mostrandogli volti a lui sconosciuti, un vortice di immagini che gli fece venire il voltastomaco e del mal di testa.
Poi una voce nella sua testa gli consigliò di affacciarsi.

Il ragazzo si svegliò di soprassalto, la fronte imperlata di sudore, la maglia zuppa. Si asciugò un pochino, poi sorrise al pensiero che era tutto un sogno.
Ma in realtà lui sentì che in realtà era tutto vero.
Ma cosa poteva essere vero? Una città subacquea, una ragazza immaginaria e due tipi strani che lo guardavano storto?
Nahh, non poteva affatto essere vero.

Decise però di sfidare la sorte, così tanto per assicurarsi che quei tipi strani non fossero sotto casa sua.

Si avvicinò baldanzoso alla finestra, e con un sorriso beffardo si affacciò.
Sobbalzò a ciò che vide.
No, non poteva essere vero.
Non ci potevano veramente essere quei due vestiti in abbigliamento estivo azzurro e dagli occhi verdi.
Stropicciò gli occhi per assicurarsi che non fosse una visione. E infatti era così. Loro stavano ancora lì, in attesta di qualcosa o qualcuno.
Cercavano qualcuno, questo era palese.
Matthew in cuor suo sperò che non cercassero proprio lui.
E provò ad escogitare uno dei suoi piani che di solito non funzionavano mai, per cacciare quei due buzzurri da là sotto.

Le cronache dell'ordine di PoseidoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora