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Sara aveva rinunciato nel ritrovare quei due strani tipi. Sbuffando si sdraiò a pancia in giù stanca sul suo letto, il volto nascosto nel suo morbido e comodo cuscino, mentre lacrime amare bagnavano la federa.
Rimase in quella posizione per un po' di tempo, finché il suo corpo minuto si abbandonò ad un sonno profondo, dovuto di più alla tristezza e alla frustrazione che alla stanchezza vera e propria.
La sua mente venne trasportata in un luogo mistico, misterioso, immerso nelle profonde e gelide acque del mar Mediterraneo.
Case dalle forme bizzarre, simili a quelle degli antichi greci si stagliavano sulla superficie rocciosa di un'isola sommersa, come anche dei templi Greci ed un campo di addestramento appoggiato dolcemente su una collinetta. Un monte aguzzo sovrastava centralmente la città organizzata tutta attorno a quest'ultimo. Sulla punta vi era un grande trono vuoto con uno schienale a forma di tridente, con una gemma verde acqua incastonata nella punta centrale.

Da lì, pensò Sara, ti sentiresti il padrone del mondo.
In quel momento desiderò tanto stare là, e sentì come se quella fosse la risposta a tutti i suoi dilemmi, come se quella terra fosse casa sua, come se quel trono, in qualche modo le apparteneva.
Tante persone si muovevano fra le strade strette e dai pavimenti in marmo licidissimo.
Nessun pesce però penetrava nella città, nell'isola sommersa, l'isola che tutti vorrebbero visitare, possedere.
In quel preciso istante una voglia immensa di entrare lì si agitò nella sua mente curiosa, pensatrice. Quelle strade così vive, così piene, così lucide, quei palazzi dalle forme perfette, quei templi, quella collina accanto a quel monte, accanto a quel trono, le facevano nascere dei sentimenti quasi di possessione. Ambiva nel sedere a quel seggio, era nella sua indole, l'ambizione. Ambizione che spesso celava alla gente attorno a lei.
La sua più grande ambizione da piccola era di suonare il suo violino all'auditorium di Roma, ma ora era cambiata. Sentiva quasi che la sua vita fosse cambiata in quel preciso istante, come se quelle visioni di un semplice sogno significassero realmente qualcosa. Come se quel posto, in qualche modo le appartenesse.
Ora la sua più grande ambizione era sedere a quel trono. Quel trono in quella magnifica città subacquea.

Improvvisamente un suono la destò dal suo dolce e quieto sonno, riportandola alla triste realtà.
Quando il suo cervello realizzò che era solamente tutti un sogno, la sua espressione, prima candidamente tranquilla, ora rispecchiava altra delusione.
La vista era un po' sfocata, dal momento che si era appena svegliata, ma ritornò normale dopo qualche battito di ciglia.
Notò sua madre e suo padre entrare con una torta al cioccolato nella sua stanza.
La ragazza sorrise ai genitori spegnendo le candeline che le avevano posizionato sul dorso di quest'ultima. Quell'anno le avevano regalato un orologio resistente all'acqua.
Addentò la sua fetta di torta e osservò i suoi incupendosi sempre di più.
Ma cosa gli accadeva.
«Amore, ti dobbiamo parlare di una cosa»prese l'argomento la madre torcendosi la mano nervosa e fissando il pavimento.
Sara annuì, pronta ad ascoltare quelle parole.
«Vedi, hai presente il mito di Atlantide, la città sommersa?»
La ragazza annuì trangugiando l'ultimo pezzetto della fetta di torta che stava mangiando e tagliandone un altro pezzo.
«La città sommersa»commentò Sara:«Ci sono molte teorie su quest'isola. Alcuni pensano che sia Creta, oppure che sia stata solo una cosa inventata. Io sono dell'idea che in realtà Atlantide era...»non fece in tempo a finire la frase che venne interrotta dalla rozza voce di suo padre:«Sara, ti prego, ascoltaci»
La ragazza rimase un po' delusa. Quel mito l'aveva sempre affascinata e ora che ne poteva parlare con qualcuno questi non le davano ascolto.

«Allora»riprese a parlare la fine voce della madre:«Atlantide é realmente esistita, amore»

«Lo sapevooo!»sbottò strillando e saltando felice la ragazza. I suoi occhi brillavano. Brillavano di pura felicità, di puro amore, di puro orgoglio personale. Lei sapeva che Atlantide esisteva. I suoi occhi marroni brillavano come brilla Sirio, la stella più luminosa del cielo.

Le cronache dell'ordine di PoseidoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora