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I caldi raggi solari destarono Sara dal suo dolce e quieto sonno. I suoi occhi assonnati si schiusero ed un timido sorriso si formò sul suo volto dalla carnagione olivastra.
Stropicciò gli occhi nel tentativo di far abituarli alla luce, poi battè le palpebre ripetutamente cercando di mettere a fuoco la stanza in cui si trovava.
Era una camera quadrata dalle pareti di un bianco candore, con solamente il letto su cui Sara aveva passato la notte, e un armadio di legno a due ante.
La ragazza poggiò i suoi piedi riscaldati sul gelido pavimento e si diresse verso l'unica finestra della stanza.
Non ricordava il posto circostante alla stanza, del resto era arrivata lì a notte fonda e ora che si trovava ad osservare guardinga ogni cosa intorno a lei si meravigliò di tanta bellezza.
Il calmo mare Cretese si poggiava sulle coste dell'isola, mentre piccoli alberi di ulivo circondavano una piccola capanna di legno marcio.

Se si acuiva la vista si potevano notare dei gruppi di ragazzi vestiti di azzurro aggirarsi attorno ad un'altra capanna dal legno ancora più marcio della prima.
La vista della ragazza venne interrotta dall'aprirsi scricchiolante della porta dietro di lei.
I due uomini che l'avevano portata in quel piccolo angolo di paradiso si avvicinarono alla minuta Sara.
«Benvenuta alla base terrena di Atlantide»la voce possente di quello che si doveva chiamare George fece rabbrividire Sara. Quell'uomo la inquietava eccome.
«Indossa questi indumenti e fatti trovare di fronte alla prima capanna  fra 15 minuti»continuò George, lasciando la ragazza completamente sola, uscendo insieme al suo silenzioso amico (non che lui sia stato di tante parole).

Appena i due uscirono, la ragazza si passò una mano fra i suoi capelli castani. Emanò un profondo sospiro, poi si spogliò ed indossòi nuovi indumenti.
La camicia di lino celeste le calzava alla perfezione, così come i pantaloni sempre dello stesso colore.
Infilò i suoi piedi all'interno di un paio di sandali bianchi, poi lanciò un ultimo sguardo alla stanza ed uscì da lì.
Era arrivata in quel posto la sera precedente. I due uomini l'avevano portata lì tramite un elicottero di Atlantide, poi si erano fermati perché era troppo tardi.
La ragazza attraversò tutto il corridoio, arrivando poi a dei giardini i quali rassomigliavano tanto ai giardini pensili di Babilonia, o almeno come lei se li immaginava.
Sara scorse un ragazzo dalla carnagione chiara e dai capelli biondi all'attaccatura castani chiarissimi e che andavano sempre via via diventando più chiari si aggirava fra le fronde di quegli alberi che popolavano quel piccolo, ma stupendo giardino.
La ragazza si avvicinò a lui titubante poi lo salutò con un timido "ciao".
Il ragazzo si girò svogliatamente incontrando lo sguardo innocente della ragazza dai capelli castani e dagli occhi color terra di siena bruciata.
Sara pensò di non aver mai visto occhi più belli:erano grigi con qualche pagliuzza argentea e azzurra.
Il ragazzi le sorrise e le voltò le spalle continuando ad ammirare una rara pianta esotica.

«Comunque piacere, io sono Sara»si presentò la ragazza tendendogli la mano.
Il biondo si girò verso di lei stringendogliela e rispondendole con voce ferma:«Matthew, piacere»
Sara gli sorrise timidamente, poi continuò:«Da dove vieni?»

«Londra»rispose seccamente lui, uno sguardo freddo negli occhi.
«E allora come fai a capirmi?»le chiese lei evidentemente incuriosita.
«Perché tu non te ne accorgi, ma noi ora stiamo parlando in Greco Antico. È un'abilità che viene solo a 15 anni, capisci? Per questo persone di nazionalità diversa si capiscono fra loro»spiegò lui fissandola negli occhi.
Sara ci riflettè un attimo. In effetti poteva essere vero, ma non voleva porgli altre domande su questo argomento, così decise di cambiare l'elemento di discussione.
Ma a parlare per primo, con grande sorpresa di Sara, fu proprio il ragazzo dai begli occhi.
«Tu dove abiti?»
«Roma» rispose lei con un tono di voce nostalgico.
«Uh, Roma... io vado sempre al mare lì vicino, ad Anzio non so se la conosci»continuò lui e Sara avrebbe giurato di aver visto un luccichio brillare nei suoi occhi, almeno per un secondo, prima di tornare al suo sguardo freddo e apparentemente privo di sentimenti.

«Sì, la conosco... ci andavo da quando avevo 5 anni fino a quando ne ho compiuti 8»rispose lei sorridendo.
Rimasero entrambi in silenzio per qualche secondo. Un silenzio che stranamente non era imbarazzante, sembrava quasi pieno di parole. Un silenzio loquace.
«Sai, a me sembra di averti già vista, ma non quando eravamo piccoli»
Un evidente rossore si formò sulle guance di Sara che incrociò le dita dietro la sua schiena, lo sguardo fisso sui piedi, palesemente in imbarazzo.

Matthew sorrise. Erano buffe le ragazze in imbarazzo. Si coloravano subito di rosa e lei era ancora più buffa.
«Davvero?»chiese Sara alzando lo sguardo quasi timorosa.
Matthew annuì, poi tornò a fissare il mare di fronte a loro.
Rimasero qualche minuto in silenzio, qualche parola usciva dalle loro bocche, aride di parole. Quella situazione imbarazzava la ragazza, ma non sapeva che nel suo profondo imbarazzava anche il ragazzo dallo sguardo di ghiaccio.
Entrambi volevano dirsi qualcosa, ma era come se ci fosse effettivamente qualcosa che li divideva.
Matthew effettivamente l'aveva già vista, ed in sogno, ma lei non lo poteva sapere.
«E allora dove mi avresti vista?»chiese la ragazza incuriositasi.
Matthew si passò una mano fra i capelli scompigliandoli un po'. Quella domanda lo aveva colto impreparato.
«Beh, ecco... mi sembra di averti già visto, tutto qua»spiegò lui sbrigativo.
Quando qualcuno lo metteva in difficoltà ciò lo innervosiva.

Si avviarono silenziosamente verso il punto di incontro.
La capanna vista da vicino era ancora più lugubre.
Si potevano scorgere anche dei vermetti fuoriuscire da qualche buchetto provocato dai tarli.
Il legno sudicio era macchiato da uno stemma araldico di un uomo a cavallo di un delfino che cavalcavano un'onda.

«Un po' inquietante non credi?»domandò Matthew notando lo sguardo impietrito della ragazza.
«Da vicino lo è ancora di più»sussurrò lei allontanandosi di qualche passo.
«Non temere»la rassicurò lui:«mica ti mangia»
Il ragazzo ridacchiò.
La ragazza alzò gli occhi al cielo, poi un lieve venticello proveniente dal mare si avvicinò ai due. Quest'ultimo aveva portato l'odore del mare.
Sara insipirò quell'aria fresca a pieni polmoni, un sorriso da ebete solcava il suo viso. Amava l'odore del mare.

In quel preciso istante George arrivò assieme al suo compare.
Spiegarono alle due reclute che sarebbero arrivati ad Atlantide tramite la capanna, appena avrebbero messo anche un solo piede sarebbero atterrati nel mare, poi avrebbero trovato un'isoletta sommersa e lì avrebbero chiesto indicazioni per Atlantide. Avrebbero percorso qualche chilometro a nuoto ed infine sarebbero arrivati alla bolla di Atlantide, una grossa bolla d'aria che circondava l'isola.
Questa bolla permetteva agli abitanti di quella città di vivere come se stessero sulla terra ferma.

I due ragazzi entrarono titubanti nella capanna, le mani strette l'una nell'altra come secondo le istruzioni e furono risucchiati da una forte corrente.
La presa fra i due divenne sempre più lenta, finché non vennero spazzati uno in una direziona ed una in un'altra.
Dopo qualche secondo che sembrava.interminabile Sara si ritrovò da sola in mezzo al mare, negli abissi del mar Mediterraneo.
Si guardò lo sguardo, ma non vide nessuno. Era sola, senza nemmeno il ragazzo biondo.
Si rese conto in quel momento che respirava come respirava sulla terra ferma, e dopo ciò cominciò a nuotare lentamente verso nord, o almeno quello che lei pensava fosse il nord.
Percorse chilometri e chilometri fin quando non notò qualcosa o meglio qualcuno in lontananza.
Era una ragazza dai capelli neri come la pece e la pelle scura. Indossava un paio di occhiali rettangolari blu elettrici e come lei nuotava in cerca di una mèta.

Le cronache dell'ordine di PoseidoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora