Hope's pov
Appoggio il the bollente sul tavolo della cucina e mi lascio cadere sulla sedia accanto a mia madre. Soffio sul bordo della tazza, aspettando che il vapore fuoriuscente dal the cessi. Le dita intorpidite dal freddo invernale avvolgono la tazza, lasciandosi riscaldare dal tepore da essa emanato. Sorseggio un po' della bevanda calda mentre, con la coda dell'occhio, sorprendo mia madre a fissarmi con un'espressione preoccupata.
"È successo qualcosa?" chiedo cogliendola alla sprovvista.
La vedo aprir bocca ma, molto probabilmente, non riesce a trovare le parole giuste per dirmi quello che deve dire.
"C'è una cosa che devi sapere.-" sussurra, quasi avesse paura di una mia possibile reazione. "-Tu non sei mia figlia."
Rimango a bocca aperta. Non è possibile. Cerco di dire qualcosa, ma le parole mi rimangono chiuse in gola.
"Sei stata adottata." riprende, mentre io sono sul punto di piangere.
È terribile trattenere le lacrime: gli occhi faticano a stare aperti, la gola brucia e la testa continua a ripetere: 'Non qui.' Proprio per questo motivo, moltissime volte, sono scoppiata a piangere in pubblico venendo così etichettata come una ragazza troppo sensibile. Mi scappa una lacrima. Cade sulla mia guancia rigandomi il volto, e mi ricorda una foglia autunnale. Una foglia che cade perché non può più vivere, perché ha smesso di essere importante perdendo ogni suo singolo significato. Immediatamente mi torna in mente quel famoso enigma dell'albero che muore nella foresta, che cade senza far rumore perchè non c'è nessuno disposto a sentirlo. E solo ora mi accorgo di essere terribilmente sola.
Due mesi dopo.
Mi trovo seduta sul sedile dell'aereo diretto per New Orleans. È proprio in quella città che si trova tutta la mia famiglia, la mia vera e unica famiglia. Sarah (mia madre adottiva) si è messa d'accordo con mio zio Elijah per aiutarmi a conoscere ogni singolo componente della mia nuova famiglia. Sono su questo aereo, con un libro sulle ginocchia e gli auricolari nelle orecchie, perché ho deciso di lasciarmi alle spalle la vecchia vita di New York ed incominciarne una nuova. Voglio conoscere tutti i miei familiari, comprendere il motivo per il quale mi hanno abbandonata ed iniziare insieme a loro una nuova vita. Sono un po' spaventata per tutti i possibili cambiamenti che potrò subire, anche se non voglio perdere l'opportunità di incontrare i miei genitori biologici. Sarah non è contraria a questa mia decisione, nonostante abbia ammesso che sentirà pesantemente la mia mancanza. Non sono arrabbiata con lei perché, sinceramente, non ne ho motivo: non mi ha mai fatto mancare nulla e mi ha regalato una vita coi fiocchi. Non penso potrò mai ripagare tutto ciò che ha fatto per me. Ha sempre cercato di garantirmi il meglio. Le sono debitrice e lo sarò a vita.
(...)
L'aereo è atterrato e subito il senso di ansia e vomito si fa sentire. Tra pochissime ore vedrò la mia vera famiglia e credo che tra un momento e l'altro potrei seriamente svenire. E se non dovessi piacergli? Non potrei mai vivere in casa loro e sentirmi a mio agio con un peso del genere. Mentre milioni di domande mi perseguitano, afferro velocemente il bagaglio a mano e mi avvio verso l'interno dell'aereoporto. Non appena scorgo la plastica rossa che ricopre la mia valigia, mi muovo vicino al nastro trasportatore e mi faccio aiutare da un signore robusto per acchiapparla. Nel momento in cui ho la possibilità di impugnare il manico ruvido della valigia, mi incammino verso l'uscita dell'aeroporto. Tiro fuori dalla tasca dei pantaloni il cellulare e, dopo aver inserito il codice per lo sblocco, mi decido a chiamare un taxi. La macchina del taxista si ferma proprio vicino a me dopo un paio di minuti. Apro la portiera dell'auto con forza e mi butto sul sedile di pelle nera. Fornisco al taxista le indicazioni esatte per effettuare il giusto percorso ed arrivare puntuale a casa della mia nuova famiglia. Durante tutto il tragitto decido di ascoltare un po' di musica, principalmente canzoni dei 5sos e degli Imagine Dragons. Mi concentro su ogni singolo edificio che posso vedere dal finestrino, e rimango sempre più meravigliata dalla bellezza di questa città.
(...)
Ad un certo punto il taxi si ferma davanti ad una grandissima villa dai colori del bianco e dell'argento. Resto affascinata dalla maestosità di quella casa, ma un colpo di tosse mi risveglia dal mio stato di trance. È il guidatore dell'auto che aspetta impazientemente di essere pagato. Gli lancio frettolosamente un paio di banconote e mi catapulto, senza neanche salutarlo, fuori dal taxi. Mi bastano pochi passi per entrare nella villa e conoscere la mia vera famiglia.
Sento che sto letteralmente per vomitare.
Trattengo il fiato.
Questo è l'inizio di un nuovo mondo.
Una nuova vita.
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Spazio autriceCiao a tutti!
Questo è il primo capitolo di una nuova serie. Premetto che non sono per niente brava a scrivere, e spero di poter migliorare mano a mano che completo la storia. Mi scuso per eventuali errori grammaticali, vi prometto che cercherò di stare attenta anche a quelli. I primi due capitoli di questa storia li avevo già pubblicati ma, sfortunatamente, mi si sono cancellati e non sono più riuscita a recuperarli. Spero che non succeda più una cosa del genere perché è stato letteralmente un trauma ahaha. Vi invito a lasciare un commento se trovate qualcosa di sbagliato e niente, vi ringrazio per essere passati sulla mia storia!-Carlotta :)