Quinto capitolo: il rapimento

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Era appena sorta l’alba dal cielo iniziavano a cadere piccole particelle bianche di neve, Jessica come tutte le mattine si recò a fare la spesa, prima il fruttivendolo, poi il banco della carne quello del pesce e del pane fresco. Tornando a casa si fermò davanti alla biblioteca un libro attiro la sua attenzione.

A un tratto due mani non appartenenti alla stessa persona, l’afferrano per le braccia e gli misero un sacco di juta in testa, era polveroso e odorava di chiuso, lei si dimeno chiamo in soccorso Ombra che fino a quel momento l’era sempre corsa in contro nel momento del pericolo, ma di lei nessuna traccia, i due la presero di peso e la caricarono su una macchina che puzzava di whisky, le legarono mani e piedi per immobilizzarla, lei inizio a dimenarsi e a gridare ma il sacco le soffocava ogni suono emesso delle sue parole. Dopo qualche kilometro fatto, i due stufi dei suoi lamenti “Non avrei voluto farlo ma dobbiamo, si agita troppo potrebbe attirare attenzioni alla frontiera” l’altro uomo annui e si giro verso di lei le afferro le gambe, Jessica inizio a piangere spaventata poi si senti pungere e pian piano il sonno prese il soppravvento, cercò di resistere ma non ci riuscì.
Al suo risveglio era ancora in macchina chissà quanto aveva dormito? E dove si trovava adesso? Aveva la bocca impastata e le gambe indolenzite, la corda era troppo stretta e le aveva tenute nella stessa posizione troppo a lungo, trovo un buco nel sacco e cerco si sbirciare al di fuori di esso, niente da fare i due avevano dei passamontagna e per evitare di farsi capire ulteriormente parlavano un’altra lingua, l’unica cosa che riusciva a capire era che si rivolgevano a lei chiamandola Vibekka, -mai io non sono Vibekka, hanno sbagliato persona- penso, iniziando a dimenarsi di nuovo come un mustang appena catturato, gridava “lasciatemi andare, io non sono chi crediate, io sono Jessica, mi chiamo Jessica lasciatemi!” ma i suoi lamenti non servirono a nulla, dal sacco usciva un sibilo stridulo e basta, non ottenne nessuna risposta solo un pugno in faccia che la tramortì, ma riuscì a sentire ugualmente qualcosa “Prost, comandantul a spus câ nu l-am rânit scemo, il padrone ha detto di non fargli male” “era singura cale de a reduce la tâcere pe ea! Era l'unica maniera per zittirla” “nu! A fost suficient sâ-i dea o altâ inject,ie no! Potevi fargli un'altra iniezione”, l’uomo si giro e di nuovo senti un’ennesima puntura sulla gamba ma intontita com’era non si mosse. -cercava di tener gli occhi aperti- ma niente troppo potente, crollo di nuovo nel mondo dei sogni.
Quando furono arrivati, i due presero la ragazza tirandola fuori dalla macchina, ma avendo le gambe intorpidite si accascio a terra, le fu tolto il sacco impolverato dalla testa, ci volle qualche secondo per mettere a fuoco, troppa luce, quando ci riuscì, era circondata da alberi, tutti pini per esattezza al centro cera un prato in piano, molto curato e in lontananza, ma neanche troppa un piccolo chalet molto curato e accogliente in legno scuro, con finestre piccole e rettangolari molto grazioso e una piccola veranda.
Pian piano le gambe avevano ripreso la circolazione del sangue e Jessica si era tirata in piedi, si avvicinarono e sul dondolo bianco vide una figura maschile conosciuta, con in braccio una piccola micetta bianca, ancora un po’ e sarebbe riuscita a mettere completamente a fuoco il suo agguziono, anche se quelle spalle le aveva gia viste e gli ricordavano qualcuno.
Erano arrivati ai gradini della veranda quando gli fu abbastanza vicino, riconobbe il suo odore “Vladmjr, cosa ci fai tu qui? Perche sono qui?” le mani e le gambe gli erano appena state liberate quando, gli si scaglio contro non appena senti i due uomini dirgli “padrone” prendendo, a pugni il suo petto con le lacrime agli occhi “perché? Perche mi hanno fatto questo? Dove siamo?” lo imbotti di domande, ma lui rispose con un abbraccio “stai tranquilla adesso, sei al sicuro te, come lo e chi ami, so che ora mi odi ma e l'unico modo per proteggerli, sei a casa mia in Romania” udendo quelle parole scoppio a piangere più forte e si lascio cadere sulle ginocchia “sono cosi lontano, perche continui a dire per il loro bene e perche Ombra non mi ha protetto?!” lui prosegui a spiegare tutto ciò che era accaduto “non ti ha protetta perche sapeva già cosa ti stava succedendo prima e dopo che tu arrivassi qui, io e Vanika e lei ci siamo messi d’accordo alla tua insaputa e quella di Erwin solo per proteggervi devi dimenticare il passato ora e vivere una nuova vita da oggi ti chiamerai Vibekka i documenti sono gia fatti, ricorda e per il tuo bene, ci sarà mia madre che ti insegnerà l’arte della magia giorno per giorno e io ti terrò d'occhio durante la tua trasformazione in vampiro!” Jessica con aria incredula “io cosa!? E come? Da chi avrei preso?” “Vibekka, amica mia, la tua mamma era una strega e tuo padre un vampiro ma nessuno poteva dirtelo fino al momento in cui i tuoi denti avessero iniziato il completamento della tua trasformazione, Ombra ci ha detto della domanda che gli hai fatto e per questo che ora sei qui, il tuo dolore vuol dire che inizi ad avere bisogno di sangue e essendo una cosa che non puoi frenare abbiamo dovuto allontanarti da Erwin prima che potessi ucciderlo, succhiandogli il sangue che gli scorre in corpo. Come gia detto mia madre ti aiuterà con la magia, “mamma” chiamo Vladmjr, ed io ti aiuterò a soddisfare le richieste del tuo corpo evitando che qualcuno d’importante per te ci rimetta la pelle” al suo arrivo “Vladmjr, e lei?” “ti presento mia madre Cornelia, mamma questa e Vibekka, la ragazza di cui ti ho parlato per molto tempo, insegnale i tuoi saperi falla diventare degna del suo nome”.

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