8. Prelevamento forzato

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Il lunedì seguente esco dall'ufficio alle otto di sera, dopo una mattinata in caffetteria e una giornata folle in tribunale e sento la stanchezza invadermi le membra e annebbiarmi il cervello. Per fortuna il centro di assistenza non è molto distante da casa e posso arrivarci a piedi ma, mentre attraverso la porta a vetri, un brivido di paura mi risale fino alla nuca. Appoggiato al cofano della stessa macchina nera della prima volta, Pete, l'autista personale di Vargas, mi sta aspettando e sono certa che sia una cosa negativa.
«Signorina Villalba, ho bisogno che mi segua.» dice con il solito tono piatto.
«Perché?» ansimo con la vocetta che mi esce ridicolmente stridula.
«Il signor Vargas vuole vederla.»
«Io non voglio vedere lui. Mai più, per inciso.»
«Signorina, ci siamo già passati, lei ed io. La porterò alla Bailarina e lei lo sa. Quindi, se gentilmente vuole seguirmi...»
Guardo con desiderio il marciapiede che si stende davanti a me e che mi porterebbe a casa ma Pete scuote la testa in segno di avviso e sospiro, ritenendo inutile qualunque tipo di discussione. Annuisco e mi accomodo sul sedile posteriore, tormentandomi per tutto il viaggio fino al locale. Mezz'ora dopo sono seduta su una sedia davanti alla sua scrivania e sto quasi soffocando a causa del nauseabondo odore del sigaro che sta fumando, del tutto incurante delle buone maniere. Regge in mano un bicchiere di quello che deve essere un liquore costoso e mi studia con espressione incuriosita.
«Soave Villalba. Chi l'avrebbe detto che ci saremmo rivisti così presto.» biascica con aria spocchiosa.
«Io di certo no.» lo rimbecco storcendo il naso. «Ma a quanto pare il suo volere ha deciso diversamente.»
«Il mio volere?» sorride e mostra i denti ingialliti dal fumo e da altri stravizi. «Oh no no no, tesoro... sei fuori strada. Se fosse dipeso dal mio volere, quella sera avresti avuto una bella ripassatina che ti avrebbe scoraggiato anche solo dal passare con l'autobus vicino a questo posto. E di sicuro, se fosse dipeso da me, il tuo sedere non starebbe su una delle mie sedie. Per quanto, debba ammetterlo, sia notevolmente attraente.»
Faccio una smorfia di disgusto a quelle parole e scuoto il capo in segno di biasimo ma lui ride di nuovo. «Sei un bel bocconcino, di certo... quei lunghi capelli neri e la carnagione dorata... fanno un bell'effetto uniti a quegli occhioni grandi e verdi. Saresti splendida sul mio palco, mentre avvolgi le gambe attorno ai pali. Bel corpo. Forse un po' bassa, ma non si può avere tutto, no?»
«Mi ha fatta portare qui per provinarmi come spogliarellista?» sibilo acida. «Perché in questo caso, mi spiace informarla che non sono interessata.»
Mi guarda con palese divertimento, poi scuote la testa. «Per quanto mi piacerebbe vedere il tuo culetto nudo agitarsi davanti a me... no, temo che non sia questo il motivo. Non sono le indicazioni che ho ricevuto.»
«Di cosa sta parlando?» chiedo confusa e scocciata da quei giochetti.
«Devi andare in un posto, signorina Villalba. La tua presenza è stata richiesta al Gran Meliá per stasera, ore ventidue.»
«Cosa?» chiedo perplessa e davvero non seguo il suo ragionamento.
«Cosa sei, sorda? Ventidue. Gran Meliá. Stasera. Dovrai essere lì, e cerca di essere in tiro.»
«Io non vado da nessuna parte! Chi accidenti si crede di essere? Lei e tutta questa gente arrogante di cui si circonda!»
«Bla bla bla... adesso partiamo con la solita solfa femminista e indipendentista da cui già sai che uscirai sconfitta. Non ti sto mica chiedendo di andare a prostituirti.»
«Mi pare che sia esattamente ciò che ha chiesto di fare ad Anita prima di licenziarla.»
Un lampo di rabbia gli attraversa lo sguardo e stringe convulsamente le labbra sottili. «Bada molto bene a come ti rivolgi a me, signorina. La protezione inaspettata di cui godi non ti garantirà l'incolumità per sempre. Prima o poi si stancherà del nuovo giocattolino.»
«Protezione inaspettata?» ripeto scioccata. «A cosa si riferisce? Chi è che dovrebbe stancarsi del nuovo giocattolo? Può per favore spiegarmi di cos'accidenti stiamo parlando?!»
«Oh, Dio del cielo...» sbuffa strofinandosi gli occhi. «Sei così dannatamente fastidiosa con queste domande e questo continuo parlare... non credo durerai a lungo. Manca solo un'ora e mezza al tuo appuntamento, tesoro. Va' a farti bella, le ragazze ti aiuteranno a prepararti nei camerini. Dovrebbe esserci anche qualcosa da mettere addosso che sostituisca quegli abiti scadenti che indossi.»
«Io non...»
«Vai!» urla interrompendomi e terrorizzandomi. «Sparisci! Non ne posso più di te e della tua voce fastidiosa.»
Mi affretto ad alzarmi e a scappare fuori dall'ufficio, venendo intercettata dal solito bodyguard che mi conduce nei camerini di scena delle spogliarelliste che si buttano su di me come api sul miele.
Mi chiedo disperatamente cosa stia succedendo e in che razza di pasticcio mi sono cacciata per riavere indietro quei dannati ottomila bolivar.

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