Capitolo 14

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Asia

Non mi è mai pesato salire queste scale come in questo momento. Nonostante la stanchezza non ho voglia di andare a casa mia, mi è difficile ammetterlo, ma ho paura di restare da sola.

Stremata, raccolgo le ultime forze per bussare alla porta. È troppo tardi per suonare il campanello.

L'angoscia mi assale quando capisco che non viene ad aprirmi nessuno, ma non posso andarmene, perché di sicuro presto torneranno.

Girandomi di centoottanta gradi mi appoggio alla parete e, dolorante, mi lascio scivolare fino a sedermi sul freddo pianerottolo.

Le braccia insanguinate si stringono intorno alle ginocchia scricchiolanti, la liquida caduta ha spezzettato le mie ossa e adesso, tremano senza freno. Stancamente appoggio la fronte su di esse e, a occhi chiusi, aspetto il loro rientro.

"Cosa ci fai qui?" la voce tonante di Erik mi riconduce alla realtà.

Faticando, non poco, sollevo lentamente la testa fino a guardarlo negli occhi "Ho bisogno di aiuto" ammetto e volontariamente lascio che scruti la mente.

Gli vedo corrugare la fronte mentre apre velocemente la porta "Ti fanno tanto male?" domanda sollevandomi da terra e mi adagia sul divano.

"Cosa è successo?" chiede scomparendo oltre la porta.

"Un massacro" rispondo rabbrividendo "un vero e proprio massacro."

Lo vedo rientrare con la cassetta delle medicine "Devo disinfettare" mi informa iniziando a detergere le braccia.

"Cosa significa, era lui?" chiede, poi, al mio pensiero.

"Credo fosse il Barone" spiego con voce rotta, solo il realizzarlo mi mette paura.

"Hai affrontato il Barone?" chiede stringendomi sulle ferite.

"Ahia!" protesto muovendo il braccio.

"Scusa" si mortifica pentito "non volevo farti male."

"Lo so" borbotto piano "e comunque non l'ho affrontato."

Chiudo gli occhi per recuperare la voce "È venuto al pub dove lavoro da due giorni... non era solo... dovevi vederli, erano mostri spietati senza cuore, non solo hanno ucciso quelle persone dissanguandole, ma li hanno anche martirizzati" mi copro le palpebre come se servisse per allontanare quelle immagini "li ho visti mentre squarciavano i loro addomi facendone uscire le interiora e strappare via le braccia come se fossero delle bambole di pezza, è stato orribile..."

Lacrime sentite iniziano a colarmi dagli occhi "Nessuno dovrebbe sopravvivere a una simile tragedia" ammetto singhiozzando.

"Chi era quello con lui?"

"Uno di loro" rispondo continuando a singhiozzare "lo ha chiamato Dedalo."

"È stato lui a farti questo?" domanda continuando la medicazione.

"No, è stato il Barone" spiego aprendo gli occhi "stava per uccidermi" dico, pensando ai suoi denti nella mia gola.

I suoi occhi si spostano dal mio viso al mio collo. Il suo indice inizia a scorrere freddo sulla mia pelle fino a fermarsi in prossimità dei due buchi "Come hai fatto a sfuggirgli?" chiede tornando a guardarmi negli occhi.

"Mi sono trasformata in acqua" rivelo piano "così sono riuscita a scappare."

"Puoi trasformarti negli elementi?" chiede sorpreso.

"Non esagerare" lo ammonisco sottovoce "solo in acqua, ma è doloroso" spiego chiudendo gli occhi "adesso mi sento come se fossi stata investita da un camion."

Sorride in modo composto e m'informa "Nessun mortale è mai riuscito a sfuggirgli, sei stata una sua sconfitta, ti cercherà in capo al mondo."

"Allora non posso restare" dico alzandomi "non posso portarlo da Martina, non è ancora pronta."

"Resta seduta, supergirl" sorride rimettendomi a sedere "Martina e Stefan sono a Parigi per il fine settimana, puoi restare qui, così se venisse a prenderti non sarai da sola."

"Devi proprio odiarlo tanto per offrirmi un rifugio" replico con tristezza.

"Abbastanza" ammette "adesso cerca di riposare, sei esausta" consiglia aiutandomi a stendermi.

"Seguirò il consiglio" dico vedendolo andare via.

Nonostante la stanchezza non riesco a dormire, le immagini del locale affollano la mia mente con una prepotenza tale che non riesco a non piangere. Impotente davanti alle emozioni mi alzo e vado alla finestra.

Il mare brilla di una miriade di stelle è un quarto di Luna governa questa triste notte.

Passi leggeri come il filo del vento conducono un visitatore alle mie spalle. Sento il profumo rassicurante di pino e rugiada e subito distendo i muscoli tesi.

"Dovresti cercare di riposare" mi consiglia Erik fermandosi ad un passo da me.

"Non ci riesco" rivelo continuando a giocare con le dita "ma ti giuro che lo vorrei."

"Capisco che questa esperienza ti abbia sconvolta, ma non puoi riviverla ogni istante, devi riposare per poterlo affrontare di nuovo."

"L'idea di affrontarlo ancora è improponibile" dichiaro scoppiando di nuovo in lacrime "io non sono te o Martina, io sono una persona normale."

Scossa dai singhiozzi del pianto non mi rendo conto che mi ha preso per le spalle e mi ha rigirato tra le sue braccia "Guardami Asia" ordina perentorio.

Socchiudo leggermente gli occhi e lo vedo attraverso il velo del pianto.

"Non sei normale, tu sei speciale come noi" tenta di consolarmi, ma più è gentile e più le mie forze vengono meno.

"Io sono solo un agglomerato di nozioni, nessuna formula magica che pronuncio fa parte di me" spiego tremandogli tra le mani.

"Tu sei la magia" insiste con dolcezza e, inaspettatamente, mi stringe in un confortevole abbraccio.

Non so per quanto tempo mi ha tenuto stretta a sé, so solo che allo spuntare del sole, lui è già andato via.

I muscoli si sono rilassati durante l'abbraccio, ma adesso è ancora più impellente il bisogno di lavarmi e togliere l'odore acre del sangue che mi ricopre. Dando credito al bisogno più che al dolore, inizio a cercare degli asciugamani puliti.

Curse's Blood - Vol. 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora