Capitolo 15

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Erik

I miei occhi si schiudono al suono dei battiti di un cuore. Mi crogiolo assonnato all'interno della mia camera immersa nel buio, quando un potente odore di sangue mi schiaffeggia le narici e mi fa balzare in piedi per uscire dalla stanza.

"Che ci fai tu qui?" domando con tono duro alla donna che sto tenendo bloccata contro la parete del corridoio.

"Mi hai chiesto tu di rimanere, ricordi?" replica sgranando gli occhi e scricchiolando sul muro.

Cauto scivolo con lo sguardo sulla sua persona e i due segni sul collo mi riportano subito alla mente quello che è accaduto la notte precedente.

"Scusa", mi mortifico lasciandola andare, prima di passare una mano tra i miei capelli ribelli, "sono stato svegliato da questo odore e..." mi interrompo per un breve istante "alcuni istinti sono indomabili nel dormiveglia."

"Capisco" dice abbassando lo sguardo "ti assicuro che avrei voluto farmi una doccia, ma non ho trovato asciugamani, quindi sono rimasta in questo stato" ammette arrossendo leggermente "avrei potuto andare a casa mia, ma non sono ancora nel pieno delle forze" rivela sottovoce.

"Perdonami, non ci ho pensato stamattina, ho veramente dimenticato le buone maniere", ammetto dispiaciuto, "sono in camera mia" spiego invitandola a seguirmi.

"Come fai a vederci con questo buio?" domanda con un po' di invidia.

Sorrido guardandola da sopra una spalla "Accendi pure la luce."

"Grazie!" sussurra per poi seguitare, "E questa la chiameresti luce? Sembra che hai la pelle rossa."

"Meglio, almeno così siamo uguali" ironizzo passandole due asciugamani.

"Già, identici" replica stando allo scherzo, mentre i suoi occhi si posano per un breve istante sul mio torace privo di protezione.

Si muove per andare in bagno, ma sulla soglia si volta a guardarmi di nuovo "Non è che per caso hai la chiave della camera di Stefan?" domanda timidamente.

"No", rispondo dispiaciuto, "potrei entrare lo stesso, ma non sarebbe corretto."

"Vorrà dire che indosserò di nuovo questa robaccia" asserisce con falsa ironia.

"Per favore, no", replico potandomi due dita al naso, "tutto questo buon sangue uccide i miei sensi."

"Esagerato!"

Con passi sicuri mi avvicino all'armadio e, prendendo una mia camicia, gliela porgo dicendo "Indossa questa, è pulita e abbastanza grande."

"Grazie, non so come avrei fatto senza di te" sussurra per l'ennesima volta e, piroettando su se stessa, svanisce nel luminoso corridoio.

Nell'attesa ne approfitto per indossare una maglietta e un paio di jeans, rimanere con solo i boxer addosso non è il massimo dell'educazione.

Con lo stomaco stuzzicato da quel profumino vado in cucina e, con profonde sorsate acquieto la mia sete.

Anche se a differenza dei vampiri non godiamo nell'uccidere le persone, non vuol dire che non possiamo bramare il sangue, è inutile, abbiamo bisogno di nutrirci e quello umano è in assoluto una prelibatezza.

Mi siedo sul divano per osservare il cielo stellato in attesa del suo ritorno e nel mentre, la mia mente cerca una soluzione al problema mondiale: il Barone.

Lo sconforto viene interrotto da un suono delicato.

Sento i suoi piedi nudi muoversi leggeri sul pelo d'orso bianco, per poi attraversare il freddo marmo prima di raggiungermi.

"Entra" la invito senza guardarla.

Ho capito che si è fermata sulla soglia con un particolare timore.

La vedo attraversare timidamente la stanza, la mia camicia viola le arriva a metà coscia e le è larga, sembra così fragile in questo momento.

Si ferma davanti alla finestra a fissare il cielo o il mare, non so dirlo, ha di nuovo eretto la barriera.

"Ti senti meglio?" domando per alleggerire il silenzio della stanza.

"Sì, grazie" risponde voltandosi e sostenendosi con le braccia al davanzale retrostante, mentre i suoi occhi mi guardano con un'espressione spenta.

Il gorgoglio del suo stomaco arriva magicamente a salvarla dai miei quesiti.

"Sei riuscita a mangiare qualcosa oggi?" chiedo alzandomi.

"Sì, ho mangiano uno yogurt", risponde sorridendomi, "e un pacchetto di cracker."

"Sei a dieta oppure non hanno lasciato niente?" le chiedo perplesso.

"La seconda", risponde sedendosi dov'ero seduto io, "ma non ti preoccupare, per questa notte sopravvivrò."

Con una naturalezza che non mi aspettavo, incrocia le gambe sulla seduta come se fosse la statuetta di Buddha e, usando l'ampiezza della camicia, si copre.

"Domani mattina andrò a fare un po' di spesa, non posso stare rinchiusa qua dentro per sempre", con una punta d'ironia aggiunge, "e non posso neanche approfittare così della tregua, finirai per uccidermi tu, se restassi qui ancora a lungo."

"È possibile" concordo sedendomi accanto a lei "ma adesso se vuoi posso andarti a comprare qualcosa, domani è domenica, non so quanti supermercati troverai aperti."

"Si vede che sei uno spirito della notte" scherza muovendosi rapidamente e, posizionandosi sulle ginocchia mi guarda dritto negli occhi "esistono i centri commerciali, quelli sono sempre aperti."

"Conosco i centri commerciali" protesto ruotando di novanta gradi verso di lei.

La mia coscia piega il ginocchio ad angolo sulla seduta, mentre appoggio con disinvoltura il gomito allo schienale e spiego con un finto broncio: "Sarò anche vecchio, ma ho internet." "Oddio!" esclama portandosi una mano alla bocca "sei proprio ridicolo quando ti fingi offeso."

"Tu invece lo sei sempre" ribatto senza rabbia, anzi, direi leggermente divertito.

"Come te la cavi con le storie?" chiede spostandosi ancora sulla seduta, mentre anche il suo braccio si adagia sullo schienale facendo però da sostegno alla sua testolina bagnata.

"Non sono io lo scrittore" replico serio, un piccolo particolare mi ha gettato nel malumore.

"Scusa, non volevo infastidirti" si affretta a dire realmente dispiaciuta, mentre si rimette a sedere composta, ma anche questo suo tentativo non fa che peggiorare il mio umore.

"Senti, visto che non hai bisogno di me, vado a farmi un giro" dico balzando in piedi come se avessi preso una scossa.

"Non volevo fare niente contro di te" dice seguendomi fino al portone.

"Non è colpa tua, non puoi farne a meno" spiego e con violenza mi richiudo la porta alle spalle.

I miei passi sono rapidi, direi furiosi in questo momento, ma non posso tornare da lei a spiegare il motivo della mia reazione, non posso e non voglio. Ho bisogno di uscire da qui e di perdermi per le strade di questa città che odora di mare, lasciando che la brezza fresca della sera e il rumore delle poche macchine in giro mi aiutino a non pensare.

Amica notte, veglia sui miei pensieri e rendili migliori! Mormoro nella mia mente, intanto che mi addentro nel cuore cittadino.

*Mio spazietto*
Povero Erik, chissà dove sta andando? O_o
Alla prossima!

Curse's Blood - Vol. 2Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora