#3 Il bacio del Re

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(Mia / Mehandra)

«Non vedo un cazzo! No, aspettate… l'ho trovata!», disse la voce del nano, lontana. Fu però interrotta da un tonfo sordo, e a seguire un'orrenda imprecazione. In piedi davanti a Mia, il ciccione vestito da guerriero inarcò la bocca in una smorfia di disgusto.
«Aspetta qui», sussurrò al suo orecchio l'alito caldo del nero. «Torno subito da te. Ehi, voi due! Andiamo a vedere». Nel sciogliere il suo abbraccio, con la mano sfiorò il sedere di Mia. Lo stregone e il guerriero annuirono, e assieme al ladro scomparvero nel corridoio.
Mia guardò l'unico rimasto assieme a lei nella stanza cerimoniale: l'uomo col cappuccio sedeva a gambe incrociate, schiena alla parete. Era ancora assorto sull'inutile copione. Nonostante la distanza, il silenzio irreale di quella sorta di cripta in cui si trovavano le permise di distinguere, o quasi, ogni singola voce.
«Respira. A parer mio, è solo svenuta», disse lo stregone.
«L'ho vista all'ultimo. Puttana, che botta!», rispose il nano.
«Dov'è il suo cellulare?», chiese il ladro.
«Già, Cristo Santo! Il telefono…», di nuovo il nano.
«Smettila con tutte queste parolacce!», minacciò il guerriero.
«Ehi! Easy, amico, ok? Passi la schizzata con la storia della barba, ma tu che ti trasformi in una mammina… cazzo, no.», rispose il nano.
«Una… mammina? Cioè, che vuoi dire?!». Il guerriero sembrava davvero confuso.
Qualcun altro sbuffò, probabilmente il nano. Poi, alle orecchie di Mia giunsero alcuni colpi; come se qualcuno stesse battendo un martello su una lastra di acciaio.
«Bloccato», sospirò il ladro. «Qualcosa ostruisce l'ingresso, dall'altra parte».
Un movimento verso destra attirò l’attenzione di Mia.
«Quan-do-il-re-ri-tor-ne-rà». L’uomo col cappuccio stava cantando. Mia notò che, rispetto a prima, si trovava un po' più vicino a lei.
«Chi-ha-tra-di-to-an-nien-te-rà.»
Oscillava avanti, e indietro. Avanti, e indietro, portandosi sempre più vicino; come se sotto il sedere non avesse il pavimento, bensì una sedia a dondolo con le rotelle.
«Con-un-ba-cio-dor-mi-rà.»
«Smettila», lo pregò Mia. Aiutandosi con le mani, iniziò a strisciare indietro sul pavimento.
«La-sua-spa-da-in-go…»
All'improvviso, l'uomo col cappuccio si bloccò. La sua testa si alzò di scatto, e ciò che Mia vide nel suo sguardo non le piacque per nulla. I suoi occhi erano spiritati, smarriti. Persi in chissà quale vuoto.
«Puttana. Sei una vacca», disse, con la stessa inflessione di "Ciao, come va". Poi, iniziò a sorriderle. «Questo vento non porta nulla di buono», aggiunse. All’improvviso, distolse gli occhi da lei. Guardò lontano, verso l’angolo della stanza. Lo stesso angolo in cui Mia, poco prima, aveva visto la statua. «Viene da là. L'hai notato anche tu, vero?», constatò l’uomo col cappuccio.
«Mi stai spaventando!», gridò Mia.
«Che succede?!», chiese qualcuno dall'altra stanza. Una voce distante. Forse, il ladro.
«Lui vuole scoparti, lo sai», sghignazzò l'uomo col cappuccio. Allungò la sua mano, iniziò ad accarezzarle il polpaccio. La sua pelle era ruvida, sembrava carta vetrata.
«Vaffanculo!». Mia alzò la gamba, colpendolo in piena faccia con la pianta del piede. Derubato dell'equilibrio, l'uomo col cappuccio ruzzolò all'indietro, facendo cadere il copione. Nello stesso istante, qualcosa di molto pesante sì abbatte sulla spalla di Mia, inchiodandola a terra con forza.
«Ti ho vista!», disse una voce.
Mia alzò la testa: il ciccione era lì, torreggiava su di lei; i suoi occhi tremavano, le sue umide pupille riflettevano la debole luce che c’era in quella stanza.
«Io… lui…», singhiozzò Mia, non sapendo bene cosa dire.
Proprio quando la pressione sulla sua spalla iniziava a farsi insopportabile, gli altri tre irruppero nella stanza.
«Mollala, idiota! Che cazzo ti prende?!», gridò il nano.
Il piccoletto schiaffeggiò la mano del gigante, che la ritrasse furtivamente. La sua espressione aveva un che di colpevole, e Mia rivide un bambino a cui i genitori avessero appena sottratto un pacchetto di caramelle rubato.
«Vogliate prestare attenzione a quel signore!», proruppe lo stregone.
Tutti e cinque si girarono verso l’uomo col cappuccio, che adesso stava tossendo in modo convulso. Cercò di alzarsi, aiutandosi con le mani; non ci riuscì, e ricadde a terra in modo ridicolo. Si portò le dita al collo, iniziando a boccheggiare come un pesce fuor d’acqua.
«Sta soffocando!», gridò il nano, lanciandosi su di lui. Portò le braccia sul suo torace, avviò una sorta di rianimazione. A Mia, però, ricordava più un goffo tentativo di assisterlo nello stretching.
«Cazzo, non respira!», gridò di nuovo il piccoletto, girandosi con gli occhi spalancati verso gli altri.
«Amico, quello è andato», concluse il nero.
Dopo alcuni inutili tentativi supplementari, il nano abbandonò la presa, imprecando; L'uomo col cappuccio si afflosciò a terra. «Merda! Merda merda merda merda!».
«Con-un-ba-cio-dor-mi-rà», recitò lo stregone.
Tutti e cinque si girarono verso di lui. «Chiedo perdono», si scusò quello, allargando le braccia. «Intendevo solo… la maledizione di Enkil…». Nessuno sembrava aver capito, così l'uomo indicò nuovamente a terra: il copione era ancora lì, capovolto come un cadavere sul legno del pavimento. «Ignorate dunque la profezia?».

Enkil [ DA REVISIONARE ]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora