Capitolo 2: Pioggia Noir

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Il baccano non era solito in quel posto. Il chiacchiericcio, il caos delle automobili e il fiume di persone accorse da tutto il paese apparteneva più a una grande città che a Missoula, una tra le più piccole città del Montana. Eppure, il "processo dell'anno" aveva causato un notevole richiamo per i giornalisti o semplici curiosi in quella cittadina di montagna. Tutti volevano assistere al caso che aveva tenuto col fiato sospeso l'intera nazione.

«Piano! Faccia piano!» supplicò sottovoce Marienne. «Non vede a cosa mi hanno costretto quelli lì?»

«Si, l'ho notato signora...» disse Markus indicando i grandi occhiali da sole e il foulard che coprivano quasi interamente il viso della donna.

«Sono state settimane davvero stressanti e non vorrei che quelle sanguisughe di giornalisti mi riconoscano e mi tormentino anche qui.»

Marienne si portò la tazza di cioccolata alla bocca, come a trarre una sorte di conforto da quel liquido fumante. Dopo un lungo sospiro, cominciò con il piccolo discorso che aveva preparato diversi giorni prima.

«Sarò breve, detective. L'ho chiamata perché...»

«Non più, signora...» la fermò Markus, «Anche se 40 anni di servizio non si cancellano con il pre-pensionamento, ormai non sono più un detective... non ufficialmente, almeno.»

«È proprio per questo che l'ho chiamata, detective Fisher.» incalzò la donna. «Ho bisogno di una persona estranea a questa indagine. Una con la mente aperta e dal sangue freddo come lei, che possa far luce su tutto questo.»

«"Far luce sulla situazione"?! Signora, mi perdoni, ma suo figlio è stato condannato come pluriomicida al braccio della morte» Markus alzò la voce, «In un processo così complesso, da diventare un caso mediatico nazionale! "La situazione", come la chiama lei, è già stata risolta!»

«Lo so. Lo so perfettamente cosa dicono sia successo...» L'ultima frase rivoltale con quel tono l'aveva profondamente scossa. Il ricordo di quei giorni così pieni di stress e continue pressioni, provocarono la comparsa di una lacrima, al di sotto degli occhiali, che solcò il viso della donna. Sì fermò per un istante e poi, asciugandosi il viso con la mano e facendosi coraggio, continuò. «Proprio per questo motivo ho pensato a lei. Chi meglio del famoso detective Fisher può gestire un caso così complesso?»

«Sono un semplice pensionato, ormai, signora.»

«E quel tizio allora?» chiese Marienne abbassandosi gli occhiali da sole, «Grazie alle prove che lei aveva trovato, è riuscito a far scarcerare quell'uomo da San Quintino!» lo fissò dritto negli occhi. Markus, che stava finendo il suo caffè, si fermò e alzò lo sguardo incontrando gli occhi di lei. Quella profondo sguardo di disperazione lo aveva toccato nel profondo. «Sì è vero, ma erano altre circostanze, altri tempi...» l'ex detective soffermò lo sguardo sulla pioggia che picchiettava al vetro della finestra. «Per caso ha nuove prove rilevanti a far riaprire il caso?»

«No, purtroppo no. Speravo, che... se queste prove esistono solo lei, detective Fisher, può trovarle.»

«Non lo so, signora. In questo genere di circostanze, le prove o saltano fuori durante il processo o vengono insabbiate per bene e, in entrambi i casi, non voglio averci a che fare, non più.» concluse l'uomo, come a voler mettere la parola "Fine" sulla questione.

«Sa detective Fisher, quando poco fa l'ho vista scendere da quella macchina» disse Marienne, riferendosi alla Dodge Charger del '68 ferma nel parcheggio della tavola calda, «Ho subito capito che lei era la persona giusta per aiutarmi. Una persona che non si ferma alle apparenze, ma che va nel cuore dei fatti... per trovare la verità!»

«Signora, forse un tempo, ma adesso... la prego, non insista.»

Marienne si blocco all'istante dal pronunciare altre parole, frenata dal rifiuto perentorio dell'uomo. «Le chiedo di scusarmi per averle fatto perdere tempo. Evidentemente mi sono sbagliata sul suo conto.» disse, alzandosi poi dal tavolo e dirigendosi verso l'uscita.

Fece per girare la maniglia ma, poco prima di oltrepassare la soglia, la porta del locale stranamente si bloccò: la mano di Markus la teneva ferma, impedendole di aprire la porta del tutto. Inevitabilmente, la scena attirò l'attenzione di tutto il locale.

«Ok, non posso prometterle niente signora, ma le garantisco che penserò seriamente alla sua richiesta. Per adesso, non posso fare altro.» disse Markus con voce rassicurante. A quella prima notizia che le ridava qualcosa in cui sperare, dopo un così lungo periodo buio per lei, sul viso provato di Marienne spuntò un sorriso e, per l'irrefrenabile gratitudine, prese le mani di Markus e gli sussurrò: «Grazie infinite. Lei è la sola speranza che mi rimane. Salvi mio figlio, le sarò eternamente grata!»

«Ok. Ora dovrei proprio andare, però...» e con un veloce gesto, Markus si liberò dalla delicata stretta delle mani della donna. «Questa cittadina è molto bella, ma adesso dovrei proprio mettermi in viaggio. Sa Helena non è molto vicina da qui.» disse il detective, infilandosi il Borsalino da cui non si separava mai.

«D'accordo, detective Fisher. Aspetterò una sua chiamata al più presto.» rispose Marienne tornando al suo posto nella tavola calda.

Markus, sentendosi un po' ingenuo ad aver abboccato ad un'esca così banale della donna, aprì la porta del locale sorridendo. Poco prima di uscire in quella notte fredda e umida, però, alzò il colletto del suo lungo cappotto e si sistemò il cappello, in modo che lo riparasse dalla fitta pioggia. 

«Odio il dannato autunno.» bofonchiò uscendo dalla porta.

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