Erano all'incirca le 19. Era buio e pioveva a dirotto. Lian era bagnata fradicia. Le gocce gelide sembravano penetrare nel cappotto rigido. Si maledisse per aver lasciato l'ombrello in albergo. Si maledisse per essersene andata. I capelli le si erano incollati al viso e il vento aveva reso inutile anche l'uso del cappuccio. Pioveva così tanto che non vedeva un palmo dal proprio naso. Lian si strinse la sciarpa intorno al collo, cercando di affrontare quella vera e propria bufera. Era in una piccola cittadina inglese sul mare del Nord nel mezzo di una tempesta. Di sera, per giunta. Accidenti al mestiere! Lian lavorava come inviata di una rivista, che trattava la storia e l'archeologia. Era andata a Cherdale, al confine con la Scozia, con un collega dove avevavano prenotato un ottimo hotel. La meta predestinata era però un altra: Avonport, una piccola cittadina a circa due ore di strada. Lì erano stati scoperti strani insediamenti celtici/vichinghi e lei doveva scrivere un articolo. Peccato che il solo albergo disponibile nella zona fosse a Cherdale. Lian era arrivata da meno di un giorno e ne aveva già abbastanza. Aveva litigato col suo collega Kevin Mackale, (che altri non era che il suo ex-fidanzato, anche se lui non l'aveva riconosciuta). Kevin passava la giornata ad oziare e ad andare dietro alla prima donna sexy che passava, mentre Lian doveva lavorare. Era lo stesso motivo per cui si erano lasciati. Così Lian, adirata e desiderosa di andarsene da quel maledetto paese, era partita da sola con un taxi per Avonport circa cinque ore prima. Purtroppo non aveva considerato il fatto che ci sarebbe stato traffico e che appena arrivata, non avrebbe trovato nessuno disposto a condurla sul sito archeologico. Tutta colpa della tempesta stagionale, avevano detto gli abitanti mentre chiudevano i negozi e rientravano a casa. Lei non gli aveva creduto, ma ora era costretta a dare loro ragione. Era un temporale in piena regola. Il vento era così forte e pungente da spingerla indietro. Per non parlare poi della pioggia, che la colpiva con violenza inaudita. Non c'era nessuno, a parte qualche rara auto che passava a tutta velocità. Lian era nel centro del paese, ma al porto la situazione era ancora peggio. Il bello é che non c'era né un tendone né un loggiato sotto il quale ripararsi. Il cellulare era scarico. Lian stava cercando una cabina telefonica per chiamare Kevin, ma a quanto pare in quel cazzo di paese nessuno aveva pensato di mettercela. Lian scorse come per miracolo una cabina telefonica. Si mise a correre, per quanto il marciapiede scivoloso glielo potesse permettere. Accidenti all'autunno! Entrò nella cabina mal illuminata. Si strofinò le mani sui pantaloni neri aderenti alle gambe. Tremando estrasse dalla borsetta chiusa dei centesimi, li infilò nella macchinetta e si portò la cornetta all'orecchio componendo il numero di Kevin. Rispose la segreteria telefonica. Lian ringhiò di rabbia e compose il numero dell'hotel. Le rispose l'uomo della reception, che li aveva accolti. - Buonasera. Hotel Royal Cherdale. Mi dica.- - Sono la cliente di questa mattina e sono rimasta bloccata ad Avonport. C'é un qualche trasporto per...- - Mi spiace, ma qui tutti i servizi sono fermi, signorina.- - La tempesta é pure lì?- domandò Lian non nascondendo una nota di rabbia nella voce. - Sì, signorina.- - Senta,...- Lian si portò le dita alle tempie, chiudendo gli occhi- Può chiamarmi il signor Mackale?- - Sono mortificato. Ma il signor Mackale é uscito qualche minuto con una graziosa signorina, non ha lasciato il suo numero...- Lian sbatté la cornetta con tutta la forza, che aveva. - Stronzo, puttanello, cretino, cazzone!- urlò tirando un pugno alla macchinetta. C'era una fitta sul metallo lucido. Le dita di Lian pulsavano, ma non le importava. Il dolore le permetteva di tenere a freno la rabbia. Nonostante le speranze di ricongiungersi con lui, Kevin era rimasto il solito donnaiolo e menefreghista di sempre. Anzi ora per colpa sua, ci rimetteva pure il suo lavoro. Ma non gliel'avrebbe fatta passare liscia! Nossignore! Lo avrebbe detto alla dirigente e...
Lian si sentì invadere dalla frustazione. Era bloccata in un paesino sperduto. Senza alloggio o riparo. L'immagine di Kevin, che si faceva l'incantevole signorina sul suo letto, le provocò una pugnalata al cuore. Credeva di averlo dimenticato e invece... incosciamente era stata tradita sia da lui che da sé stessa. Dopottutto, lui non sapeva che la collega appena assunta era proprio la sua Lianne. La ragazza che tredici anni prima gli aveva ceduto anche la sua verginità. La ragazza innamorata pazzamente di lui. La ragazza che aveva scaricato dopo tre mesi, tradendola con una delle sue più care amiche. La ragazza a cui aveva detto ti amo e di cui non conosceva nemmeno il cognome. E lei stupida a seguirlo. Lui non l'aveva riconosciuta. Forse perché si scordava facilmente delle sue amanti o perché lei non era più una timida ragazza. Lian uscì dalla cabina telefonica. Doveva andarsene IMMEDIATAMENTE. Riprese la sua marcia. Aveva trent'anni sapeva cavarsela da sola. Improvvisamente arrivò un'auto nera. La macchina prese a rallentare, come se la stesse seguendo. Il cuore di Lian iniziò a battere all'impazzata. L'auto si accostò sul ciglio della strada, poco più avanti di lei. Le parole nel suo cervello erano tre: MALINTENZIONATO. RAPITORE. ASSASSINO. Aumentò il passo, ma il finestrino della macchina si abbassò. E Lian guardando il conducente rimase senza parole. Cazzo, che figo. Il volto era presubilmente perfetto. Magnetici occhi scuri e labbra perfette. Aveva i capelli biondi un po' più lunghi in corrispondenza delle spalle e la barba curata. Aveva un che di Chris Hemsworth. (Attore che ha interpretato il Cacciatore in "Biancaneve e il Cacciatore"). - Tutto ok? Hai bisogno di un passaggio?- Anche la voce calda e profonda era... Basta! L'uomo, di circa trentuno anni massimo 34, la fissava. - No, grazie.- Lian si costrinse a restare calma. - Scusa, ma non mi sembra un'ottima idea restare sotto la pioggia.- lui pareva divertito. - Certo, ma di solito non accetto passaggi dagli sconosciuti.- Era anche una sfigata, ingenua ma non aveva perso la sua dignità. Lian guardò gelida lo sconosciuto. Se aveva detto di no, perchè non se ne andava? Prima di essere stuprata o portata via, si sarebbe fatta ammazzare. E non sarebbe stato semplice. - Beh, se vuoi rimanere qui fuori tutta la notte e domani fai pure.- - Cosa?- le difese di Lian crollarono. - La tempesta durerà diverso tempo. Almeno due giorni.- Merda. Lian si morse il labbro, poi mise una mano sullo sportello e lo aprì. - E va bene.- disse lei sedendosi meccanicamente sul sedile davanti. Si maledisse. Non potevo andare di dietro? Lui richiuse il finestrino e rimise in moto l'auto. Troppo tardi. Lian osservava il conducente con timore misto ad interesse. Indossava solo una maglietta a maniche corte e dei pantaloni. La figura alta e muscolosa faceva pensare a molte cose... - Non sono un killer, stai tranquilla.- ripetè lui con le mani strette al volante. L'auto era piuttosto grande e lussuosa. Perchè poi le dava del tu? - Come posso fidarmi del primo che passa?- Lian si accorse che erano abbastanza vicini. - Se avessi voluto ora saresti già morta.- Un brivido corse lungo la schiena di Lian. - Comunque, io sono Thor.- disse lui guardando dritto davanti a sè. - Stai scherzando, spero.- Lui le gettò un'occhiata interrogativa. - Sul serio ti chiami Thor?- Lian rise. - Si tratta di un nome come tanti e tu "signorina preferisco passare la notte fuori"?- - Lian...Lian Fairwales.- disse lei maledicendosi per aver detto il cognome. - Lian... nome davvero niente male.- rispose Thor sorridendo. Lian si sentì rinascere.
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Valkyr
FantasyLORO HANNO DISTRUTTO LA MIA VITA. MA IO ME LA RIPRENDERÒ LOTTANDO. Ice Fairwales ha 18 anni ed é una semidea. Figlia di Thor, ha dovuto imparare a difendersi dalle creature che cercano di ucciderla. Ma la sua vita é destinata a cambiare: sua madre...