They took him. ||Quinta parte.

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Per Steven, quello significava che non c'era davvero più via di scampo. Avrebbe dovuto accettarlo il momento in cui aveva avuto le visioni, ma quello, stare lì, era molto più distrittivo delle sole parole. Era stato difficile, specialmente dopo aver rivissuto quel ricordo, ma un piccolo sussurro nel suo cervello sperava che sarebbe andato tutto bene. Loro avevano sempre la soluzione, giusto? Ma no, non quella volta: non ci sarebbe stato nessun salvataggio, nessun lieto fine, e non le avrebbe riviste mai più. Come una risposta ai suoi pensieri, la porta si chiuse dietro di loro molto rumorosamente mentre si sigillava, chiudendolo dentro -nessuna via di scampo.

Gli unici due occupanti del corridoio si fissarono per un momento. Apatite era molto più alta di lui, e quel lungo tratto di spazio vuoto fra loro aumentava la differenza. L'espressione di lei era prevedibilmente vuota, in modo che Steven aveva cominciato ad immaginare fosse la sua espressione quando pensava a qualcosa. Steven non aveva realizzato che i suoi stessi occhi erano diventati abbattuti, contorti in un espressione di dolore, ma non poteva tornare indietro ora. Provò a rilassare i muscoli del viso, un consapevole sforzo volto ad accettare il suo destino.

Poi, ci fu un altro momento in cui si fissarono. Passarono parecchi secondi muti mentre i due completi opposti si studiarono a vicenda, finché la sua alta scorta si voltò improvvisamente e cominciò a camminare.

Nessuno parlò, era diventata un'abitudine fra loro, ma Steven pensò che ci fosse qualcosa di più soffice nella gemma arancione comparata al loro primo incontro.
Magari faceva parte solo di un suo desiderio infantile di avere fiducia in tutti, ma gli sembrò come se lei avesse rallentato la sua marcia, rendendo più facile per lui stare al suo passo. Steven non si azzardò a parlare, ma il suo petto si alleggerì un pochino dalla pressione, non dovendo più praticamente correrle dietro.

Continuarono così per forse venti minuti, avanti e ancora più avanti lungo l'infinito corridoio, sempre muovendosi diritto. Non c'erano angoli, non c'erano curve, non c'erano imperfezioni. Era la tomba dell'assenza, un angolo dell'universo dove non c'era quasi niente. A parte l'auto-illuminazione che donava una luce naturale allo spazio, l'unica cosa rilevante a proposito di quel posto era quanto poco sembrasse reale.

Apatite parlò quando passarono alcuni minuti, i loro passi erano l'unico suono udibile.

"Bianco. Riesco a comprendere, bambino?"

Steven rimase sorpreso dal modo un cui l'aveva chiamato così all'improvviso, e per la domanda... beh, non esattamente passiva, ma nemmeno aggressiva. Il suo passo cominciò a rallentare involontariamente, pensando seriamente alla domanda per un momento. Riuscì a non cadere dietro di lei.

"Penso... di sì?" La sua voce era un po' roca per non aver parlato da così tanto, così si schiarì la gola.

Ritornarono ai loro ragionamenti privati. Era curioso sul motivo per cui le aveva fatto quella domanda, la sua crescente ansia sull'essere portato da Diamante Bianco sorgeva ad ogni passo avanti. Lei non era lì, quando era andato a salvare suo padre?

In realtà, può non essere vero. Gli unici Diamanti che ho visto sono stati Diamante Blu e Diamante Giallo... forse lei era lì, silenziosa, osservando da uno schermo la loro fuga? Aveva visto le Crystal Gem, mentre tradivano il Pianeta Natale, ancora una volta, aveva notato il modo disperato in cui aveva cercato di portare suo padre fuori da quell'orribile zoo?

Steven sentì un brivido corrergli lungo la spina dorsale, e realizzò che aveva completamente cessato di camminare. Si stava stringendo i lati della testa, respirando pesantemente e sentendosi le vertigini. Non riusciva a non ritornare lì, a quei momenti, quando Diamante Blu aveva preso suo padre, l'allarme nella navicella, il panico, il canto addolorato dei due Diamanti per una persona che sua madre aveva ucciso...

It's okay.|| Steven UniverseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora