Sorry.

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Chapter 2.
Canzone per il capitolo: blame john Newman.

Adoro il silenzio che c'è nei corridoi, niente fracasso niente considerazioni niente di niente.
Ho sempre adorato la solitudine, il pensiero che nessuno potesse considerarmi, perché a dirla tutta preferirei non essere considerato minimamente piuttosto che esser pensato in maniera sbagliata.
Mi incammino verso il mio armadietto che stranamente ho ricordato quale fosse per poter prendere i libri che mi sarebbero serviti per l'ora successiva.
Lo chiudo e noto che alla mia destra, in fondo al corridoio c'è una porta gigantesca, credo sia l'entrata della palestra.
Ecco, un'altra cosa che detesto, educazione fisica non è mai stata il mio forte, non perché non mi piacesse l'idea di dover praticare uno sport, ma per il semplice motivo che fare figure di merda è il mio hobby, e credo ne valga per tanti.
L'idea di dover correre o lanciare una palla davanti a tanta gente che mi fissa è il mio terrore.
Preferirei mille volte fare un'ora di italiano o biologia piuttosto che anche solo 5 minuti di educazione fisica.
Guardo l'ora e noto che sono in ritardo così decido di affrettare il passo.
Salgo la prima rampa di scale e stavolta inizio a correre, mi guardo intorno cercando di capire in quale direzione si trova la mia classe quando improvvisamente vado a sbattere contro qualcosa, o meglio, contro qualcuno.
I miei libri volano insieme ai suoi, compreso il suo telefono.
Si accovaccia insieme a me per prendere i libri appena caduti.
"Scusa" è tutto quello che riesco a dire.
Lo guardo, e noto che mi fissa. Sembra arrabbiato.
I suoi occhi sono verdi, e ammetto che a primo impatto non li reggo, ha le labbra umide e la camicia abbastanza scollata.
Noto che ha i capelli castani un po bagnati col gel e la carnagione chiara.
Emana un odore di vaniglia e muschio bianco.
Non dice nulla, e la situazione mi rende nervoso, il fatto che si sentano soltanto i nostri respiri mi mette in imbarazzo, quanto vorrei dicesse qualcosa.
Prende il suo telefono e si accerta che nulla sia rotto, non faccio altro che fare pessime figure.
Finisco di raccogliere i suoi libri e noto che parlano tutti di matematica, glieli porgo.
"Questi sono tuoi, scusami" ripeto, con l'intento di rompere questo silenzio.
"Cerca di stare più attento la prossima volta".
La sua voce è calda e profonda.
"è solo che ne avevo approfittato per poter prendere alcuni libri per le ore successive" gli dico con gli occhi rivolti verso il basso.
"Dovresti averli già tutti in classe alla prima ora". Mi dice in tono severo, e guardandomi in faccia.
Gli rivolgo uno sguardo pieno di scuse e abbasso nuovamente lo sguardo. Sento di arrossire.
Mi alzo e lui fa altrettanto dopo di che lo vedo sparire nel corridoio, mentre io ancora intento a pensare alla figura di merda appena fatta.
Chissà a quale classe apparterrà.
Rientro in classe e vedo che il professore è già lì.
Mi scusi, ero in segreteria a chiedere l'orario.
"Tu dovresti essere il nuovo arrivato?"
Ma perché me lo chiedono tutti, non dovrebbero esserne già al corrente?
Si. è tutto quello che dico.
Dopo essermi ripresentato, mi spiega che lui è l'insegnante di Filosofia, il professor Wilson, e che odia i ritardi, perciò mi toccherà esser puntuale durante le sue lezioni.
Ci assegna una mappa concettuale da dover imparare per la settimana prossima e da questo noto che con lui non sarà facile.
Devo ammettere che anche quest'ora passa in fretta.
Nell'ora di spacco decido di mangiarmi una mela, quando improvvisamente sento qualcuno avvicinarsi al mio banco.
Un ragazzo alto e coi capelli biondi mi porge la mano.
"Ciao, piacere di conoscerti, mi chiamo Alexander".
Piacere mio. Dico a bocca piena.
"è così sei il nuovo arrivato, come mai hai deciso di iscriverti proprio in questa scuola?"
Mia madre ha cambiato svariate volte lavoro quest'estate, tanto che siamo stati costretti a cambiare casa un mese si e un mese no, e per questo, la lienen mi sembrava quella più vicina casa, gli spiego.
"Cavolo, dev'essere stato stressante".
Non immagini quanto.
"Qui conosci qualcuno?"
No, è da fine agosto che sono a lengerich perciò mi trovo completamente solo. Riparto da zero ogni tanto, ma stavolta credo sia terminato qui.
"e sarebbe a dire?"
Che non dovrei prendere più i miei scatoloni e cambiare nuovamente città.
Ti va di sederti? Gli dico.
"volentieri".
Sembra davvero un bravo ragazzo.
Gli offro la mela e mi parla di sé.
Dice che anche lui ha 17 anni, che inizialmente non sapeva nemmeno lui inserirsi nella classe e che adesso ha davvero un mucchio di amici.
Che è appena uscito da una storia importante e che ha 11 fratelli e una sorella e che si trovano tutti in Romania.
Di certo la sua vita dovrà essere molto più interessante della mia. Qualsiasi lo è.
Mi chiede di fargli copiare l'orario.
Sbuffa. "Dopo abbiamo matematica? Scherziamo?"
Non ti piace?
"detesto la matematica, l'anno scorso con la vecchia insegnante abbozzavo qualcosa, quest'anno invece ho saputo che c'è un nuovo professore, mi auguro che mi imbocchi anche lui la matematica come faceva la Morris, altrimenti mi sa che quest'anno il debito in matematica è assicurato".
Mentre parla mi ritorna in mente l'incontro di prima con quel ragazzo, è inevitabile non pensare ad una cosa del genere visto che, come al solito io rovino qualsiasi cosa.
"Ci sei?" mi dice Alex.
Si scusami, Alex permetti...vado un secondo al bagno.
La cosa positiva di quest'aula è che abbiamo il bagno di fronte.
Mi bagno un poco il viso con l'acqua fredda.
Come primo giorno sembra già tutto così pesante.

I put a spell on you.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora