In attesa

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Stava impazzendo.
Era in stazione da un po' e stava tremando.
Non sapeva se sedersi, non sapeva se andare avanti e indietro, non sapeva se fare un giro per i negozi, non sapeva se entrare in quel discount e derubarlo  (fame da ansia, tranquilli); così rimase lí in piedi a tremare, un po' sperduta.
No, infatti, non stava tremando dal freddo.
Le aveva detto che sarebbe arrivato dieci minuti prima e lei era ancora in stazione ad aspettarlo.
La volta prima era venuto lui, pigliando il treno.
Allora quella volta, per giustizia, diciamo così, era voluta venire a sua volta.
Era da un mese che non lo vedeva e aveva già paura di come potesse agire, non sapeva il motivo.
Le salí il terrore che non venisse e la lasciasse da sola, ma si tranquillizzó dicendosi che non avrebbe avuto senso e che non l'avrebbe mai fatto.
C'erano tanti ragazzi che passavano e ogni volta che ne vedeva uno che avesse una minima somiglianza, sussultava.
Doveva calmarsi.
Respiró profondamente.
Andò finalmente a sedersi.
Al telefono non aveva più risposto ai messaggi, quindi poteva supporre che fosse per strada.
"Ush, che ansia".
Poi, improvvisamente, sentí una mano sulla spalla e prese un colpo.
Si giró.
- Scusi, mi sa indicare il binario 13?
Aveva la tentazione di sbattere la testa contro un muro.
"Un umile passante chiede a me, straniera probabilmente come lui, di indicargli...".
Lo ripudió velocemente, scusandosi e rispondendo che non lo sapeva.
Un minuto dopo si tranquillizzó.
No, non aveva fatto nulla di strano, semplicemente si era sentita abbracciare da dietro.
Che bella sensazione provava.
- Ciao - le sorrise.
- Ciao - ricambiò lei. -Ti sei fatto attendere!
Si passò una mano fra i capelli, imbarazzato.
Allora gli sorrise. Lui la prese per mano e uscirono dalla stazione.
Forse quel posto non era così male...


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