8. Come un perfetto cliché

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I giorni seguenti passarono relativamente in fretta, il che fu un bene, poiché, con l'addentrarsi dell'autunno, le lezioni mattutine avevano iniziato a prendere una piega decisamente più faticosa e pesante.

Perciò, quel sabato mattina, parve che l'intero castello avesse fatto un sospiro di sollievo nel constatare che, finalmente, il sabato era arrivato e, con esso, la prospettiva di potersi rilassare o passare del tempo con i propri amici.

Tyler aveva sempre avuto uno strano rapporto con l'autunno.

Da una parte, gli piaceva, perché amava le castagne al fuoco, le zucche e, soprattutto, l'Halloween.

D'altra parte, però, alcuni dettagli di questa stagione non gli erano mai andati a genio.

Primo fra tutti, i colori.

Rosso scuro, quasi marrone; giallo, ma non abbastanza acceso come piaceva a lui; arancione, ma un arancione spento, che non ti dice niente.

«Credete che ci sia un incantesimo che cambia il colore alle foglie?» chiese quella mattina, rivolto ai suoi tre amici, mentre, insieme, passeggiavano per il giardino della scuola, ai limiti della Foresta Proibita, avvolti da  gelo non troppo freddo come quello invernale, ma decisamente pungente.

«Che cambi, Tyler» lo corresse Shyla, che camminava con un libro aperto davanti agli occhi, «Comunque no, non esiste. Se avessi letto attentamente il libro Incanto-Cromatico lo sapresti.»

«Dovrebbe esserci, però» constatò il ragazzo, con aria pensosa, «Voglio dire, ce n'è uno che ti riempe la bocca di lumache!»

Michelle ridacchiò, scuotendo il capo.

Poi, arrivati nei pressi di un alto faggio, i quattro decisero di sedersi all'ombra.

«E sentiamo, com'è che le vorresti cambiare?» chiese Ethan, una volta che si furono messi comodi sull'erba ricoperta di rugiada.

«Non so» fece l'altro, «Rosa, azzurre, viola. Pensate a quanto sarebbe bello: un intero prato ricoperto da foglie di questi colori!»

«Certo che ne hai di idee strane, tu» commentò Michelle.

Tyler sorrise, «È un talento innato, da parte di papà.»

Dopo un po', calò un silenzio pacifico tra loro.

Ethan iniziò a fumare distrattamente, perso in chissà quali pensieri; Shyla continuò la sua lettura, sempre più attenta ai dettagli; Michelle posò il capo sul tronco del faggio e socchiuse gli occhi, un'espressione beata in volto; Tyler incrociò le braccia al petto e prese a soffiare indispettito contro una ciocca di capelli verde acqua che si ostinava a ricadergli sugli occhi.

Dopo un po', a rompere il silenzio fu Shyla.

«Questo significa "andò verso la riva del fiume, raccolse dei sassi", giusto?» chiese rivolta ad Ethan, mostrandogli una pagina del libro che stava leggendo.

«Perché leggi in giapponese?» chiese lui, alzando un sopracciglio.

«L'altra notte non riuscivo a dormire, così ho iniziato ad imparare questa lingua» rispose lei, «Mi annoiavo.»

I tre le scoccarono un'occhiata sconvolta, che talvolta non durò tanto: avevano iniziato ad abituarsi.

«Allora, significa questo, dico bene?» insisté la bionda.

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