Morto o vivo, Odisseo torna.

E vedo quindi il suo ricordo presentarsi davanti ai miei occhi e li fa appannare, puntualmente.

Ero una candida fanciulla e lui un giovane uomo: lo aspettavo ogni sera e mi pareva non arrivasse mai. Però, quando il sole sfiorava l'orizzonte, eccolo comparire con un mazzolino di fiori, o un ninnolo proveniente da un'isola lontana, o un profumo, o, semplicemente, un bacio. Lo amavo follemente, e lui tornava sempre.

Sposati, partiva per i suoi impegni reali abbastanza spesso, a volte viaggiava per intere settimane. Mi lasciava con una promessa sussurata all'orecchio: tornerò presto. Così, in attesa, passavo il tempo guardando la spuma del mare continuare a battere, caparbia, sugli scogli; scrutavo le navi aspettano quella regia e mi angosciavo durante le tempeste mandate dal padre Zeus. Era seguito da marinai esperti, ma avevo terrore di non vederlo mai più: sarebbe potuto affondare insieme alla sua imbarcazione. Lo amavo profondamente, e lui tornava sempre.

Con la nascita di Telemaco, le attese divvenero meno silenziose. Quando era ancora un neonato, era tutto uno strillare, poppare e piangere, perciò il mio tempo passava abbastanza veloce. Odisseo era un padre premuroso e mi aiutava come poteva nella cura di quel fagottino lacrimoso. Appena nostro figlio iniziò a camminare, tuttavia, lo portò con sé nelle battute di caccia nelle selve ombrose di Itaca. Stavo perciò alcune ore in angoscia: così piccolo, già esposto a tanti pericoli - le belve, le frecce, i cavalli indisciplinati, i temporali improvvisi! Li amavo teneramente, e loro tornavano sempre.

Quando Odisseo partì per la guerra mi sentii crollare. Era una situazione improvvisa, quasi inspiegabile, ma così il Fato avevo previsto e dovetti accettarlo. Aspettai, mi impegnavo con ricami e tessitura. Aspettai, comandavo le ancelle per sfogare la mia impazienza. Aspettai, Telemaco cresceva e mi chiedeva dove era il suo papà e perché non lo portava più a inseguire le lepri. Aspettai, Argo che non scodinzolava più da anni mentre aspettava il suo padrone. Aspettai, fui corteggiata da prestanti Proci. Migliaia di emozioni si mescolavano in me, ma alla fine ne prevalse una. Odio, odio e basta. Odio per ogni volta che mi aveva rinchiusa in un castello di sconforto, ripensamenti e solitudine. Odisseo: colui che è odiato. Il suo nome significa proprio questo.Lo odiavo, e alla fine lui tornò.

Noi, vecchi coniugi, cominciammo a litigare spesso per piccole faccende di vita domestica dopo il suo νόστος. Ogni tanto smettevo di parlargli per qualche ora, o pochi giorni, arrabbiata perché, ancora una volta, aveva nominato il nome della lurida Calliope. Allora lui usciva a farsi un giro da solo, e io speravo non tornasse mai, da quanto non lo sopportavo, quel vecchio infedele, fatto ormai solo di ricordi e non più giovane. Non lo amavo più, ma, con delle scuse abbastanza sincere sottobraccio e un fiore tra le dita, lui tornava sempre.

Cremato dopo la morte, reso cenere in un'anfora, la reggia è ora silenziosa, come non è mai stata. I miei occhi, coronati da solchi, spesso si posano sulle onde che si infrangono sulla spiaggia presso la reggia. Mi perdo nel vago oceano di pensieri, invoco gli dei perché portino un po' di conforto alla schiacciante vittoria della vecchiaia. Passo ore intere a osservare il cielo fondersi con l'acqua, ed ecco che il bianco della spuma diventa la sua capigliatura di vecchio, la melodia marina il suo borbottio insensato e le vele di qualche nave, lontana, quelle che ho fervidamente atteso molti anni fa. Odisseo compare nel mare tumultuoso, nelle stanze della reggia riccamente spoglie, tra le fronde di un ulivo mosso dalla brezza, nel sorriso vivo di Telemaco. L'ho amato tanto, e torna sempre.

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