Ruby riaprì gli occhi pochi minuti dopo, svegliata dal rumoroso suono dei clacson. Si sentiva riposata, come se avesse fatto un lungo sonno, ma, a giudicare dall’altezza del sole, non doveva essere passato molto tempo da quando aveva lasciato la casa di Aiden. Alzando appena il busto e massaggiandosi con delicatezza le tempie, si rese conto che non ricordava esattamente di essere uscita con le sue gambe da quel posto. No, doveva essere stato lui a portarla lì; con un brivido di terrore, abbassò lo sguardo verso il punto in cui supponeva che Aiden le avesse conficcato il coltello (a dirla tutta, Ruby si chiedeva ancora il motivo di un simile gesto; in fondo lei non gli aveva fatto nulla di male!); la giovane fu decisamente sorpresa nel constatare l’assenza di cicatrici e sangue. Aveva forse immaginato tutto?
Lentamente si scostò dal muretto al quale era appoggiata e cercò di ripulirsi alla meno peggio, poi si avvicinò alla strada a pochi passi da lei e, con sua stessa sorpresa, si ritrovò a pensare che, nonostante gli avvenimenti non esattamente piacevoli di quella mattina e della sera precedente, si sentiva sollevata: non era sola. Qualunque cosa lei fosse (la spiegazione di Aiden non era stata esattamente esaustiva), con certezza lo era anche lui. E quello era un bene, o almeno così credeva.
Non c’erano molte macchine in giro per le strade di Beeston, a quell’ora. Per fortuna, pensò la ragazza. Chissà cos’avrebbe detto sua madre, se qualcuno l’avesse riconosciuta e fosse andato a parlarle in galleria.
D’un tratto, Ruby sentì il rumore di un clacson e si voltò. Una macchina nera si fermò accanto a lei e la portiera dal lato del passeggero si aprì. La ragazza guardò dentro e, riconosciuto suo fratello Daniel, salì a bordo, ridacchiando appena nel notare i ricci scomposti di suo ragazzo.
- Buongiorno ciurma! - fece suo fratello, con voce leggermente acuta.
- Sei impazzito? - chiese Ruby, ancora ridacchiando.
- T-tu lo eri ieri - balbettò lui.
- Ti prego, non voglio sapere cosa è successo alla festa - fece lei, arrossendo, certa che si riferisse alla sera precedente.
- Eri molto ubriaca, e quel tizio sembrava avere un certo ascendente su di te -.
Ruby accennò un mezzo sorriso: non si sbagliava.
- Vuoi che guidi io? - chiese, poi, al fratello.
- Io sono più bravo - fece Daniel, alzando le spalle.
- Ma sei anche ubriaco -.
- Io sono più bravo - ripeté Daniel, coprendosi gli occhi con una mano.
- Smettila, sei impazzito?! -.
- Io sono più bravo - gridò ancora il ragazzo.
In quel momento, Ruby sentì il forte impulso di prendere suo fratello a calci fino a farlo sanguinare, poi scosse la testa ed inspirò profondamente, cercando di calmarsi: perché mai aveva pensato di fare una cosa del genere? Chiuse appena gli occhi: forse dormire un po’ le avrebbe fatto bene.
Per qualche attimo, continuò a percepire segni della luce, poi, d’un tratto, tutto divenne nero. Stava forse morendo di nuovo? Terrorizzata, aprì gli occhi di scatto ed emise un piccolo grido. Daniel frenò di scatto.
- Tu sei tutta scema, ma io sono più bravo - disse lui, riprendendo, come se nulla fosse successo, la marcia.
Quelli di suo fratello non erano altro che i deliri di un ubriaco, ma Ruby si sorprese a pensare che, forse, aveva ragione: stava diventando veramente tutta scema. Doveva trovare Aiden, doveva parlargli, capire cos’era diventata, perché e quali conseguenze tutto questo avrebbe portato. Forse lui l’avrebbe uccisa di nuovo, ma cosa importava? Tanto non poteva morire, o così le sembrava.
Una volta arrivati a casa, DAnielparcheggiò sul prato in diagonale, calpestando tutti i fiori che la signora Aliéne aveva passato l’estate a far crescere. Ruby scese in fretta dall’auto: doveva arrivare il prima possibile nella sua stanza per fare una doccia. Aprì la porta di casa in fretta e, correndo, si diresse al piano di sopra, gridando - Devo fare la doccia! -. Arrivata nella sua stanza, si tolse il vestito attillato e lo gettò nel cesto dei panni sporchi. Guardandosi allo specchio, con indosso solo la biancheria intima, notò che nel reggiseno era infilato uno strano bigliettino. ”Che idiota” pensò, immaginando che fosse di Aiden; in fretta lo aprì.
“L’ho già detto e lo ripeto, mi dispiace diceva non posso spiegare, per ora” diceva il bigliettino “Impara a controllare le tue emozioni (come avrai notato, sono diverse da prima e possono creare problemi), poi cercami e ti spiegherò tutto. P.S. ricorda che le persone normali muoiono”.
Ruby corrugò la fronte: come faceva a cercarlo, se non sapeva nemmeno dove abitava? Lui l’aveva uccisa pur di non farglielo scoprire. Quel che più di tutto la turbava era il “P.S.”: le faceva capire che lei, anzi, che loro non erano umani. Si sentiva un mostro.
Di fretta, gettò la biancheria intima nel cesto dei panni sporchi e corse verso la doccia.
Ruby non si era ancora lavata via il balsamo per capelli, quando sentì qualcuno bussare insistentemente alla porta del bagno.
- Tesoro, per favore potresti uscire dalla doccia? L’acqua è un bene in via di estinzione, sai? - sentì gridare dalla voce gracchiante di sua madre.
Ruby chiuse l’acqua, sconcertata: cosa diavolo blaterava?
- Sono entrata solo da un paio di minuti! - gridò in tutta risposta
- Da un paio d’ore, vorrai dire! Esci, prima di consumare tutta l’acqua del paese! -.
La ragazza cacciò il naso fuori dalla doccia e cercò di guardare l’orologio appeso alla parete del bagno, per quanto possibile, visto il vapore sprigionato dall’acqua calda. Erano le nove e mezza.
Trasalì, poi si sciacquò in fretta i capelli e, afferrato l’accappatoio, usci dalla doccia.
- Si può sapere cosa ti succede, bambina mia? - chiese la signora Aliéne, non appena la figlia aprì la porta del bagno.
- Io…mi sono distratta - balbettò Ruby.
Con gli occhi scuri appena velati di lacrime, la donna abbracciò la ragazza. - E’ incredibile quanto sei cresciuta, bambina mia… - le sussurrò, mentre la accarezzava.
- Io devo…asciugarmi i capelli - disse Ruby, fuggendo dall’abbraccio.
Rapidamente si chiuse in camera sua e si fermò ad osservare la sua immagine riflessa: i capelli castani con qualche sfumatura ramata, le lentiggini sparse appena sulle guance, gli occhi chiari così simili all’acqua, il viso leggermente ovale, con gli zigomi sporgenti, persino la voglia di latte accanto alla clavicola di sinistra era ancora lì. Fisicamente era la stessa di sempre. E allora perché si sentiva così strana? Le era veramente sembrato di stare sotto la doccia solo per una manciata di minuti…eppure erano passate ore. Chiuse gli occhi ed inspirò profondamente, ripensando alla sera in cui suo fratello era andato a prenderla all’ospedale: anche lì era stata certa che fossero passati pochi minuti al massimo, e forse (cosa molto probabile, se si consideravano le tempistiche generali di Daniel) era passato molto più tempo. Tutta quella situazione era decisamente assurda. Non poteva aspettare di capire da sola: doveva trovare Aiden.
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Il nome della Fenice
RandomRuby Aliéne ha 19 anni, un fidanzato litigioso, un fratello scapestrato e due genitori spesso troppo impegnati per darle attenzioni. Durante un burrascoso ritorno a casa, sotto la pioggia, in motorino, Ruby si scontra con un camion e, ne è certa, pe...