Capitolo V.

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Ruby non aveva mai particolarmente amato passare del tempo con sua madre alla galleria; non solo per le loro innegabili differenze, o per gli assurdi tentativi di appaiarle che facevano le amiche di sua madre, quanto per la pressione che sentiva addosso ogni volta che entrava in quel posto: un giorno, tutto quello sarebbe stato suo; per quanto lo negasse (a se stessa e agli altri), aveva scelto di studiare arti visive solo e soltanto per la galleria. Non che avesse manifestato altri interessi, nel corso degli anni; ma era veramente sicura che anche quelli non fossero, in qualche modo, pilotati? In ogni caso, era necessario che passasse del tempo con sua madre, nel vano tentativo di convincerla che non c’era niente di sbagliato in lei; per di più quella mattinata, per quanto noiosa, l’avrebbe aiutata a rilassarsi e a liberare la mente, nella speranza di riuscire a scoprire dove fosse l’appartamento di Aiden.

Sospirando, indossò il tailleur grigio che sua nonna le aveva regalato per il suo ultimo compleanno (se proprio doveva andare alla galleria, di certo non aveva intenzione di sorbirsi le ramanzine di sua madre riguardo l’abbigliamento) e scese in fretta al piano inferiore, dopo aver afferrato una borsetta, riempita solo del cellulare e del bigliettino di Aiden.

Seduto al tavolo della cucina, stava suo padre, intento a leggere il giornale. Ruby intuì che difficilmente si sarebbe alzato da quella postazione per accompagnarla. - Dove sono le chiavi della macchina? - chiese.

- Sullo scaffale nero del salone, Margaret, come sempre -.

- Sono tua figlia, papà, non tua moglie - disse Ruby, scocciata.

Il signor Aliéne alzò gli occhi dal giornale e la squadrò dalla testa ai piedi - Dove pensi di andare, signorina? Vestita come tua madre, soprattutto -.

- Volevo darle una mano in galleria…stamattina si è messa a piangere e mi è dispiaciuto -.

- Dopo due ore di doccia era il minimo! Chissà che danno neurologico hai riportato, non mi stupisce che quel dottorino fresco di laurea non se ne sia nemmeno accorto -.

- Papà ero stanca e sporca, volevo lavarmi per bene -.

- In ogni caso, non penso proprio che andrai alla guida di un mezzo qualsiasi -.

- Perché? -.

- Sei reduce da un gravissimo incidente, se ricordi -.

- Ma che c’entra? Pioveva, oggi invece c’è un sole che… -.

- Non pensarci nemmeno, Ruby -.

- Mi accompagni tu in galleria? -.

- Ovviamente no. Ci sono i mezzi pubblici -.

- Vuoi che io prenda l’autobus per andare dalla mamma? -.

- Perché no? La fermata è proprio lì davanti -.

- Ma… -.

- Ma cosa? Non mi risulta che tu voglia far colpo sulle signore della galleria -.

Ruby sbuffò nervosamente, afferrando un biglietto dalla riserva che sua madre teneva su uno scaffale.

- Coraggio - disse il signor Aliéne, guardando l’orologio che stava appeso alla parete della cucina - L’autobus passerà tra pochi minuti -.

Sbuffando ancora, Ruby uscì di corsa, tenendo stretto il biglietto tra le mani.

Quando vide sua figlia varcare la porta d’ingresso della galleria d’arte, la signora Aliéne si sentì pervadere da una grande gioia. Ruby le aveva sempre dato grandi soddisfazioni e, vestita in quel modo, le sembrava davvero la giusta erede della sua attività. Con un grande sorriso stampato in faccia, corse verso di lei e la abbracciò. La figlia ricambiò, accennando un mezzo sorriso.

Il nome della FeniceWhere stories live. Discover now