12. Una zia speciale.

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12. One special aunt.


Rimasi immobile, volevo dire qualcosa, volevo parlarle, ma nulla usciva dalla mia bocca. Cercavo le frasi adatte, ma non ne trovavo, quasi come se si fossero volatilizzate all'improvviso. Indietreggiai, spaventato dalla mia totale incapacità di esprimere ciò che avevo dento. Provavo lo stesso, ma qualcosa in me stava cercando di bloccarmi, come una barriera invisibile.
La mia mente mi diceva che era sbagliato e non aveva torto: non appartenevamo alla stessa specie, sebbene dotati di caratteristiche molto simili. Poi entravano in gioco le regole del mio mondo: non era permesso instaurare un legame d'amore con un'altra specie che non fosse la nostra per motivi di sicurezza. Infine vi era la mia famiglia: cosa avrebbero pensato tutti se avessero saputo la verità? Non si poteva tenere nascosta questa cosa per sempre e di sicuro prima o poi sarebbe venuta alla luce.
Era incredibile constatare quanto fosse grande la mole di problemi che una relazione simile avrebbe portato e altrettanto ironico il fatto che ci stessi pensando solo al momento.
Certo, la mia parte razionale aveva cercato di avvertirmi prima, ma non vedendo possibilità di essere ricambiato, avevo preferito abbandonarmi per poco ai sentimenti e far finta che la cosa fosse fattibile.
Ma ora tutto il sogno era finito, era la realtà e non era uno scherzo decidere di buttare tutto all'aria per inseguire il cuore.

Incredibile quanto sia difficile parlare, ora. È tutto così vero che potrebbe finire per ucciderci...

Lei smise di fissarmi e si riappoggiò alla porta di legno, mettendo la mano sul pomello della maniglia, lo sguardo basso e le guance arrossite:
"Ok, ho capito... meglio che mi tolga di torno allora" disse piano, girando la maniglia, fraintendendo le mie intenzioni. Davvero credeva che avrei avuto il coraggio di rifiutarla in modo così vigliacco?
La bloccai prima che potesse muovere un passo, avvolgendole un viticcio intorno alla vita e stringendola a me.
"Non andare..." fu tutto quello che le riuscii a dire, sussurrandole nell'orecchio. Lei rimase ferma qualche secondo, fissandomi con un'espressione stupita, e poi mi cinse con le sue braccia, ricambiando l'abbraccio.
Lasciai che il suo calore mi avvolgesse, inebriandomi del suo profumo e della sua morbidezza, mentre il mio cuore gioiva felice. Decisi di mettere da parte tutte le preoccupazioni e problemi di varia natura, godendo del contatto tra i nostri corpi.
Lei si allontanò, prendendo il mio viso tra le mani, e mi sorrise. Posi i miei arti sulle sue spalle, traboccante di gioia, e decisi che, almeno per il momento, non avrei pensato alle conseguenze delle mie azioni, facendomi guidare dalla pura passione e dal flusso delle mie emozioni.
La avvicinai a me, aprendo la bocca, finché le nostre labbra non si sfiorarono. Potei sentire tutto il suo calore e la sua dolcezza accarezzarmi per una frazione di secondo, mancava così poco, ero così vicino che potevo sentire il suo fiato caldo sul viso...

Sbam!

Aliaga scattò all'indietro, spaventata dall'improvvisa apparizione nella stanza di un intruso, e io l'emulai. Ci ritrovammo entrambi attaccati alla superfice di due muri paralleli, scrutando l'essere che aveva distrutto e fatto a pezzi il mio primo passo verso un agrodolce baratro diretto all'inferno.
Uno slender in un lungo cappotto, jeans e stivali, giaceva a terra, mentre il suo cappello, svolazzando ancora in aria, finì per posarsi lentamente sulla sua testa. Colto da un'ira improvvisa, lo circondai con i viticci neri e lo sollevai da terra.
Quell'imbecille non aveva ascoltato una parola di ciò che avevo detto e probabilmente aveva origliato tutta la conversazione. Perché per una volta non può fare come dico?! Lo ucciderebbe forse?!

Eh, ma che ti aspettavi da lui? Che se ne stesse tutto buon in un angolo? Non è nel suo stile.

Prima di andarmene, mi girai verso la rossa, rivolgendole uno sguardo sconsolato:
"Ci vediamo vicino alle cascate a nord, verso mezzanotte, ma non posso assicurarti che potrò venire oggi... la zia darà sicuramente problemi"
"Aspetterò" disse lei seriamente, incrociando le braccia sul petto e mordendosi il labbro. Rimasi ipnotizzato da quel gesto involontario, sentendo il caldo diffondersi dentro di me.
Mi ricomposi e mi teletrasportai fuori, questa volta il mio fratello minore non l'avrebbe passata liscia.

Tempo dopo...

"N-non credi di... aver esagerato... soltanto un pochino?" mi chiese Offender mentre un rivolo di sangue gli attraversò le labbra e, attratto dall'implacabile gravità, finì al suolo, sporcando qualche filo d'erba.
"Slender avvisato, mezzo salvato. Se mi avessi ascoltato, non ti sarebbe accaduto nulla e poi, che fratello maggiore sarei, se non facessi rispettare la mia autorità?" fissai Offender con rassegnazione, non avrebbe mai fatto come chiedevo, era insito nel suo sangue venirmi contro.
"Brutto idota... vuoi uccidermi?" un colpo di tosse dovuto al suo eccessivo amore per le sigarette lo colse senza preavviso e i rami gli provocarono una considerevole quantità di pena.
"Non fare tanto il melodrammatico, non morirai mica per così poco" girai i tacchi e mi incamminai verso la via di casa.
"Ehi, ehi! Non vorrai mica lasciarmi qui?!" gridò allarmato, cercando di liberarsi dal groviglio di rami in cui l'avevo conficcato. Gli risposi alzando la mia mano destra con nonchalance e continuai per la mia strada senza mai voltarmi indietro.
"Fa comunque male, imbecille! Tirami fuori da qui!!" sentii le sue grida affievolirsi man a mano che procedevo. C'era un trucco, che tutti gli slender conoscono, che se usato non ci permette di teletrasportarci via da un luogo e neutralizza questa nostra capacità, era la prima volta che lo usavo e devo dire che ne era valsa la pena. Ammetto che punire Offender mi aveva dato molta soddisfazione, anni di angherie e soprusi erano stati completamente ripagati in quel preciso istante. Arrivai alla mansione a testa alta, sentendomi sollevato da un peso, felice per aver scoperto che non ero il solo a trovarsi in una situazione scottante. Il momento in cui le nostre labbra si erano sfiorate mi ritornò in mente, facendomi diventare rosso come un peperone. Mancava così poco.

Accidenti ad Offender!

Tirai un calcio ad una pietra, irritato.

Crash!

"Ahhhhh!" gridò una voce femminile dall'interno della casa, mentre un pezzo di vetro della finestra si ruppe a causa dell'impatto con l'oggetto contundente. Mi precipitai dentro, cercando di fare finta di non essere il colpevole dell'accaduto, dirigendomi in salotto, il luogo da cui era provenuto quel grido che ricordava tanto il verso di una gallina strozzata.
Faticai a trattenere le risate per la scena che mi ritrovai davanti: la zia, colpita dal sasso, era riversa sul divano con un'espressione da attrice del dramma, Splendor le stava sventolando davanti un fazzoletto di pizzo, cercando di rassicurare la zia, e Trender era in piedi in un angolo, girato verso il muro, con la mano sulla bocca, il suo corpo attraversato da irrefrenabili spasmi dovuti alla situazione alquanto buffa che si era andata a creare a causa del mio calcio.
"Mi vogliono assassinare, buaahhh!! Assassinio! Assassinio!! Vogliono strappare i miei averi dal mio freddo cadavere!! Buahhh!!" gridò isterica la zia, lacrimando come una fontana aperta e sbattendo la mano a destra e sinistra drammaticamente.
"Z-zia, calmati per favore. Non c'è nessun pericolo qui..." disse Splendor, sudando freddo mentre sventolava il pezzo di stoffa, cercando di evitare le manate della zia.
Trender si piegò in due nell'angolo e, non riuscendo più a controllarsi, prese un cuscino dalla poltrona e se lo mise in faccia per soffocare le sue risate spastiche:
"Mffff!!" rise Trender, nascondendo la sua faccia.
"No, no!! Sono qui!! Quei bastardi sono qui!! Mi ammazzeranno, sgozzeranno, squarteranno e apriranno come una cassapanca!!" le sue grida divennero ancora più convulse, agitandosi con furia e versando ancora più lacrime, bagnando il povero tappeto innocente che mi ero degnato di ripulire da poco. Il povero Splendor non riuscì più a evitare i colpi della zia, finendo per essere schiaffeggiato in malo modo e, accortosi della mia presenza, mi supplicò con i lacrimoni agli occhi di salvarlo dalla furia della parente.
Trender iniziò a rotolarsi sul pavimento, non riuscendo proprio a ricomporsi e rendendo il tutto più ridicolo.
Diviso tra il desiderio di spanciarmi dalle risate e quello di rimanere scioccato da tutta quell'insensata follia, optai per la prima, finendo così per sedermi sul divano e ficcarmi un cuscino in faccia, emulando Trender.

All'ora di cena...

Mi recai in camera di Splendor, per vedere in che stato era ridotto dopo essersi preso una marea di schiaffoni in piena faccia da parte della nostra adorabile zia. Attraversai il corridoio, notando che c'era davvero bisogno di fare un po' di pulizie e magari quando la zia avesse tolto le tende avrei provveduto a questa mia mancanza. Arrivato alla sua porta, bussai tre volte per segnalare che ero io.
"Vieni Slender, la porta è aperta" disse Splendor con un tono monotono. Varcai la soglia, richiudendo la porta dietro di me per non incappare in ospiti indesiderati. Il mio fratellino aveva tutta la faccia gonfia e un'aura depressa lo circondava, provai una pena immensa per lui. Avere a che fare con la zia era sempre un inferno in terra.
"Ti ho portato del ghiaccio..." gli posai il sacchetto sulla guancia più gonfia, sperando che lo aiutasse ad alleviare il gonfiore, "va meglio così?" gli chiesi poi con premura. Lui affermò con la testa, mentre un gocciolone gli uscì dall'occhio. Lo abbracciai, cercando di consolarlo. La sua stanza era così diversa senza tutti i colori e le decorazioni allegre che di solito erano un must per Splendor, la presenza della zia l'aveva costretto a nascondere tutto, e sembrava quasi triste adesso.
"Quando finirà questa tortura, fratellone?" mi chiese disperato, abbracciandomi.
"Tra una settimana..." risposi sconsolato, immaginando già ciò che ci aspettava.
"Non è passato nemmeno un giorno e già sono ridotto in questo stato pietoso, salvami da quella pazza psicotica!" scoppiò a piangere Splendor, mettendosi le mani sulla testa. Lo consolai come potei e ci preparammo per scendere per la cena.
Appena arrivati nella sala, trovammo Trender e la zia che ci aspettavano. Lui non aveva un bell'aspetto, probabilmente la zia aveva iniziato la conversazione con uno dei suoi lunghissimi discorsi sulle sue battute di caccia e su quanti poveri esseri viventi aveva sterminato dall'ultima volta che l'avevamo vista. Il suo volto aveva assunto una colorazione verdastra, segno che stava per buttare fuori l'anima.
"E quindi l'ho preso e gli ho strappato il cuore... oh, Slender, Splendor, finalmente siete arrivati! Non sapete che vi siete persi, stavo raccontando a Trender di come ho ucciso una delle mie nuove prede, dovremmo andare qualche volta a caccia insieme!" disse lei tutta entusiasta, mentre la faccia di Trender esprimeva un estremo stato di malessere.
Ci sedemmo ai nostri rispettivi posti, la cena cucinata dalla zia era già stata servita e l'unica cosa preoccupante era la portata centrale che era ancora coperta.
"No grazie, zia adorata, preferisco cacciare in solitaria" dissi senza accettare repliche, serio, mentre la zia giunse le mani sul tavolo con sguardo dubbioso.
"Se è ciò che vuoi, voi maschi siete sempre così individualisti! Così orgogliosi! E così sia allora!" dichiarò con fare drammatico, facendomi aggrottare i muscoli facciali.
"Bene..." pronunciai scandendo le sillabe con cura, "cosa c'è come portata principale?" chiesi sospettoso, aspettandomi di ritrovarmi chissà che orrore davanti agli occhi.
La zia si illuminò, stava aspettando quella domanda da ciò che riuscii a capire e non era una buona cosa.
"Era ora che qualcuno me lo chiedesse, è una delle mie prede migliori, l'ho cacciata questo pomeriggio stesso!" la zia si apprestò a scoprire il piatto.
Cercai di frenare la terribile sensazione opprimente che mi invase la bocca dello stomaco, fissando con orrore quella povera bestia che aveva avuto la sfortuna di ritrovarsi vicina alla zia mentre stava cacciando e, riconosciutala, misi la mano davanti alla bocca, trattenendo un conato di vomito.
Trender si precipitò in bagno, non riuscendo più a trattenersi, e Splendor, dopo essere rimasto immobile per qualche secondo, svenne, rigido come una tavola di legno.
"Non è stupenda?" chiese tutta contenta, mentre cercavo di mantenere il controllo.
Su quel piatto c'era, cucinato a dovere e con contorno di patate, il povero unicorno Joniwan, una nostra vecchia conoscenza.

Povera bestia...

°°°°

Pochi minuti prima di mezzanotte...




Non avevo mangiato quasi niente, come averi potuto dopotutto? Quell'arpia aveva ucciso un nostro vecchio amico che aveva condiviso con noi un piccolo pezzo della sua vita. Probabilmente voleva farci visita ed era incappato in lei, che fato crudele!
In compenso la zia stava benissimo e se l'era mangiato tutto, fino all'ultimo boccone e con gusto. Fu dolorosissimo guardala divorare il nostro compagno la cui funzione ora era quella di riempire lo stomaco ad un essere tanto maligno. Splendor svenne multiple volte, ma per fortuna riuscii a convincere la zia a lasciarlo riposare in camera sua, non riuscivo a vederlo soffrire così, con quella faccia sconsolata, quasi sull'orlo di una crisi di pianto. Trender riuscì a mangiare solo un po' di insalata, che poi finì nella tazza del cesso per l'ennesima volta, portandolo alla saggia decisione di fare digiuno ascetico per "dimagrire".
Ora eravamo rimasti soli, io e la zia, e la cosa non mi piaceva affatto. Stava ancora blaterando cose sulle sue abilità che non mi interessavano affatto, portando la mia mente a viaggiare e ad immaginare una situazione più piacevole. I miei pensieri finirono per concentrarsi sulla figura di una donna:

"Slender, io credo di essermi presa una cotta per te..."

Arrossii, rimembrando con piacere le sue parole e la sua bocca così vicina che potevo quasi assaporarne la dolcezza, sarebbe bastato poco per cancellare la distanza che ci separava. Poi mi ritornò in mente l'entrata fuori programma di mio fratello, facendomi così incrociare le braccia per la stizza. Ma c'era qualcosa che in tutto quel trambusto sentivo di aver dimenticato. Fissai l'orologio a pendolo.

Doon!

I rintocchi segnarono la mezzanotte esatta, il mio sguardo si focalizzò sulle lancette, credendo di stare per ricordare qualcosa. Mi congelai:

"Aspetterò"

Le sue parole rimbombarono nel mio cervello, rimproverandomi aspramente della mia dimenticanza.


°°°°

Le disavventure di uno Slender frainteso.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora