03. 'Comunque sono Ryan'.

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'Oh I want something just like -' spensi la sveglia sul cellulare con un gesto secco. 

"This" sussurrai tra me e me, come facevo ogni mattina prima di alzarmi, salutare mia madre, chiamare mio padre per augurargli una buona giornata e poi studiare.
Peccato che non avrei fatto nulla di tutto ciò, perché non c'era più niente di normale.
Mi sedetti a gambe incrociate al centro del letto ed osservai, mentre mi facevo una coda di cavallo alta, le mura di quella camera che mi avrebbe ospitata per i prossimi giorni, o mesi. Erano chiare, sul beige, mentre il pavimento era in legno. Alla mia sinistra si trovava un armadio a muro nel quale avevo messo i miei vestiti e al suo fianco un piccolo bagno. Anche se il letto non era a due piazze come quello di casa mia ma bensì ad una sola piazza, era decisamente più morbido del mio ed aveva un contenitore sotto con dentro alcune coperte. Mi piaceva quella camera, era abbastanza ampia e semplice proprio come piaceva a me, mi faceva sentire a mio agio.
Portai le ginocchia al petto e sospirai pensando al fatto che per quanto bella fosse, quella non era camera mia. Ero via da solo un giorno, eppure già mi mancava. Di mia madre nessuna traccia, non mi aveva chiamata, non mi aveva mandato un messaggio, non mi aveva nemmeno menzionato indirettamente in una sua storia su Instagram o su whatsapp. Evidentemente voleva dimenticarmi, proprio come aveva fatto mio padre prima di lei.
"Quanto sei drammatica, Afrodite" sbottai di punto in bianco sbuffando e facendo svolazzare una ciocca di capelli che non avevo chiuso nella coda di cavallo. Feci per alzarmi per andare a preparare qualcosa da mangiare, ma un forte senso di voltastomaco si fece più forte della fame e fui costretta ad andare in bagno a vomitare.
"Kate, sto per farti compagnia nel club di chi soffre di iperemesi gravidica" sbottai pulendomi le labbra. Mi guardai allo specchio.
Ero pallida, bianca e con le occhiaie, segno di una notte passata a girarmi e rigirarmi tra le coperte. Anche se ero sola fisicamente, i miei pensieri mi avevano fatto compagnia. Pensieri di momenti che volevo dimenticare, con quella che era mia madre e che mi aveva letteralmente mandata via di casa solo perché ero incinta. Certo, rimanere incinta a diciotto anni non era poi così bello, ma essere sbattuta fuori dalla propria casa era decisamente e nettamente peggio.
Dopo essermi lavata il viso ed aver pettinato i capelli, tornai in camera ed aprii le finestre per far prendere aria alla stanza. Nel frattempo, scesi in cucina e controllai l'orario sull'orologio appeso al muro: erano appena le sei e mezza ed io avevo solo mezz'ora per preparare la colazione a Pattie e a Justin. Sapevo che Pattie usciva per le sette e mezza perché aveva ben mezz'ora di strada per andare a lavoro, ma non sapevo Justin cosa avrebbe fatto e a che ora si sarebbe svegliato. Così mi dedicai principalmente alla colazione per Pattie.
Bacon croccante su un letto di pane tostato e burro e un spremuta di arance fresche, e con fresche intendo dire appena prese dal frigo. Apparecchiai la tavola e posizionai le fette di pane e il bacon in un piatto proprio nel momento in cui si aprì la porta.
"Afrodite, tesoro, sei già sveglia?" mi chiese dolcemente Pattie entrando in cucina.
"Sì, da un po'. Ti ho preparato la colazione, spero di ricordare ancora bene i tuoi gusti" le dissi velocemente scostando la sedia dal tavolo.
"Afrodite, sei ospite in questa casa, sai che non dovevi" mi ammonì Pattie abbracciandomi.
"Dovevo. È il minimo che io possa fare per sdebitarmi. E poi mi piace svegliarmi presto la mattina.. lo sai, devo chiamare papà alle sette e mezza per augurargli un buona giornata" mi sedetti al suo fianco e la vidi addentare goffamente una fetta di pane spalmata di burro.
"Come tosti tu le fette di pane, non le tosta nessuno" sbottò con la bocca piena. Le sorrisi. "Pensi di dirgli di te?"
"Penso di doverci pensare ancora un po' altrimenti penso che possa prendere il primo aereo e venire qui per rompere le gambe al ragazzo con cui sono stata e a me"
"Io invece penso che tu pensi un po' troppo" alzai gli occhi al cielo e sorrisi. In effetti aveva ragione. "Devi ancora accettare tutto questo, è meglio che tu ti prenda un po' di tempo per decidere come dirglielo. Sarà dura e prima o poi dovrai affrontare anche questo, ma io ti sono vicina e non ti lascio da sola" Pattie mi poggiò una mano sul viso, mi trasmise il calore che solo una mano materna poteva trasmettere. Chiusi gli occhi e accarezzai le sue dita con le mie, dopodiché sorrisi.
"Pattie, non so come sdebitarmi.. Sei fin troppo buona con me" sospirai e abbassai poi lo sguardo.
"Non devi sdebitarti, lo faccio con piacere. Lo sai che ti ho sempre voluta bene e che te ne voglio ancora, piccolina" dopo avermi dedicato un sorriso e avermi strizzato una guancia, continuò a mangiare. "Tu non mangi nulla?"
"No, per adesso non ho molta fame, penso che mangerò qualcosa dopo. Justin cosa preferisce mangiare la mattina?"
"Oh, lui adora i pancake al cioccolato con panna e fragole. A differenza mia che amo il salato, lui preferisce il dolce. Solitamente si sveglia per le otto perché alle nove comincia il suo turno di lavoro al negozio di musica"
"Lavora in un negozio di musica?"
"Sì, da quando si è trasferito qui. Oggi dovrebbe finire alle sei di lavorare. Dà anche delle lezioni private ad alcuni ragazzi, sa suonare ben quattro strumenti ma penso che avrete tempo per parlarne" Pattie si alzò e posizionò all'interno della lavastoviglie le stoviglie sporche.
"Sì, penso di sì.." mormorai, ricordando la sera prima.

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